Ospitiamo una bellissima riflessione oggi per la nostra rubrica pensieri e parole.
Nessuno ti chiede il perchè. Nessuno ti chiede perchè sei sempre scazzato. Nessuno ti chiede perchè ce l’hai spesso col mondo. Nessuno ti chiede perchè te la prendi per le minime cose.
Nessuno ti chiede perchè inizi a fare determinate cose. Nessuno ti chiede un cazzo. Saranno sempre pronti a dirti che sei un immaturo ma non ti guarderanno mai dentro veramente. Nessuno sa cosa provi dentro di te, nemmeno se lo esterni, viviamo in un mondo di egoisti.
Nessuno vede niente, perchè ormai viviamo in una società dove si guardando solo le apparenze o i social. In ogni ambito della vita sanno solo valutarti in modo superficiale e ambiguo tipo come a scuola.
Per la rubrica pensieri e parole, pubblichiamo una riflessione del nostro caporedattore.
Lo scorrere lento, immobile del tempo colmato da gesti e inquietudini che si ripetono: immutati, desolatamente immutati.
Ad ogni nuovo sorgere del sole i miei occhi vagano, in un oceano privo di suoni e di colori, nel desiderio di essere sfiorati da una luce che trascini via quella cecità d’emozioni.
Inaspettato, atteso un magico incontro di sguardi ed è un meraviglioso arcobaleno, un’intensa e avvolgente calda melodia.
I pensieri si animano, travolgono il cuore di vivi battiti.
La mente si lascia rapide da un dolce male che pervade e scuote l’Anima.
Il nostro caporedattore ci regalo un suo personale pensiero del giorno.
Angelo solo, stanco combatte contro un male oscuro.
Ali piegate dal dolore.
Voglia di morire, voglia di vivere. La tenacia per riaprire le ali e cercare di volare, spinto dalla forza della Musica.
Emozioni assopite, respirate dalle note di un pentagramma. Sentimenti persi. Sogni, i sogni della nostra anima risvegliati in medaglia melodia di un pianoforte,ritrovando il coraggio di vivere.
Acque tempestose di un oceano assordante di silenzio calmate dalle soavi note di un dolce violino.
La luce della musica ora è la mia guida per amare, per sognare, per tornare a volare nella melodia della vita.
Per la rubrica pensieri e parole, il nostro caporedattore ci propone un suo pensiero.
Soffi d’anima impercettibili, lievi si rincorrono incessantemente nello scorrere ammaliante della notte, nell’attesa di lasciarsi accogliere da nuova alba.
Soffi d’anima, martellanti si affannano, si chetano mordendo cuore, carezzando la pelle, sollevando emozioni.
Soffi d’anima, respiri innamorati d’amore si adagiano su pensieri di seta a riposare gli affanni.
Analizzando gli scritti degli antichi, dai greci, ai romani, dai grandi filosofi di fine secolo fino all’attuale Papa Francesco, si nota che la speranza assume, agli occhi degli uomini, caratteristiche diverse.
I greci la custodivano nel vaso di Pandora quale panacea per l’umanità, i romani la veneravano come una dea, Spinoza giudicava l’uomo libero solo se si liberava della speranza che impedisce all’uomo di raggiungere la perfezione, per i cristiani la speranza è la promessa della resurrezione, Papa Francesco la definisce “una virtù rischiosa” perché non predefinita ma da guadagnarsi con una vita retta e per Papa Benedetto XVI è “Un dono della Fede”.
Ma per noi comuni mortali, che di filosofia e di dogmi abbiamo nozioni perlopiù scolastiche (almeno per me) cosa rappresenta la speranza?
La Speranza è la vita, diciamo che è l’ultima a morire perché ci aggrappiamo ad essa nei momenti bui, ci dà la forza per superare le difficoltà.
Senza di essa la vita perderebbe lievito, la speranza è la felicità, è stimolo per il futuro. Pip, il protagonista di Dickens in “Grandi Speranze” vive sognando un posto migliore nella società, tutti noi abbiamo dei sogni che vorremmo realizzare ed è grazie alla speranza che riusciamo a superare gli ostacoli che la vita ci oppone.
Essa dunque rappresenta il cuore pulsante della nostra esistenza, dei nostri sogni e quindi del nostro futuro. Guardiamo dunque a quest’ àncora, come la rappresentavano i cristiani, con fiducia, sia la nostra volontà a prevalere sul destino e coltiviamola durante tutta la nostra esistenza, non permettiamo alla vecchiaia,come spesso succede, di rinunciare a questa grande “virtù”.
Secondo Aristotele l’amicizia è una virtù indispensabile all’uomo: nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se possedesse tutti gli altri beni. Gli amici sono necessari nella prosperità come nel bisogno, nella giovinezza come nella vecchiaia, nella vita privata come nella vita pubblica. Gli amici sono il più grande dei beni esterni. L’uomo è portato per natura a vivere con gli altri e a crearsi amici. All’uomo felice non servono amici utili o piacevoli, perchè ha già i beni che da questi potrebbero venire.
E se l’amicizia fosse solo una questione d’affetto? Perché interrogarsi troppo sulla sua natura, su ciò che la rende diversa dalle altre relazioni? E perché pretendere che si tratti di un sentimento complesso? Non è in fondo l’esperienza più semplice, la più immediata, quella che conosciamo sin da bambini? Del resto, quand’anche si trattasse solo di un volersi bene, sarebbe comunque un legame prezioso, irrinunciabile. Un sentimento simile, infatti, riesce ancora ad aprire qualche crepa in quel muro invisibile che troppo spesso ci divide rendendoci indifferenti gli uni agli altri.
L’amicizia così intesa è un sentimento caldo, prezioso per sopravvivere in un mondo freddo, dove le emozioni circolano, ma sono per lo più superficiali, poco articolate, incapaci di fare da ponte tra noi e gli altri.
L’amicizia perfetta è solo quella tra persone buone, simili nella loro virtù. In questo genere di amicizia, ognuno dei due vuole il bene dell’altro. L’uomo virtuoso è anche utile e piacevole, però l’utilità è il piacere non sono il fondamento dell’amicizia. L’amicizia fondata sulla virtù è stabile, permanente, è tuttavia molto più rara degli altri generi di amicizia, perchè gli uomini virtuosi, gli uomini buoni, non sono tanti.
Moltissime possono essere le amicizie fondate sul piacere e sull’utile, poche invece quelle fondate sul bene, perchè pochi uomini sono virtuosi. L’amicizia fondata sul piacere è tipica dei giovani, l’amicizia fondata sull’utile è tipica dei mercanti, l’amicizia fondata sul bene è tipica degli uomini virtuosi. Con poche persone si può trascorrere la vita in comune. L’amore coniugale è possibile per una sola persona, una forte amicizia è possibile solo verso pochi.
Gli amici ci forniscono un forte senso di compagnia, mitigano i sentimenti di solitudine e contribuiscono alla nostra autostima e soddisfazione all’interno delle esperienze quotidiane. La conferma arriva da studi che affermano che percepire un maggiore sostegno da parte degli amici è associato a un maggiore senso di stabilità nella propria vita.
Il grado in cui le persone apprezzano e traggono vantaggio dall’amicizia può variare a seconda delle culture.
In altre parole, diversi fattori potrebbero prevedere quanto le persone apprezzano le amicizie e, a loro volta, i benefici che le persone ottengono dalle amicizie.
Desiderare, sperare, progettare e battere territori sconosciuti: unica terapia per la paura dell'avvenire: ecco una riflessione del nostro Caporedattore.
“Alla ricerca della felicità” è il famoso film con Will Smith. Profondo, ben costruito, a tratti geniale, sicuramente emozionante. Alla ricerca della felicità, però, non è solo un film. Per molti è una missione, un obiettivo che, almeno nelle intenzioni, è perseguito da tutti
Cos’è la felicità? La parola è talmente semplice da essere estremamente ricca di significato. La felicità è uno stato di emozioni positive e potenti, da farci dimenticare ogni pensiero negativo, ogni preoccupazione e darci una forza che fino a quel momento, forse, credevamo inesistente. La felicità è quando ripensi al passato con entusiasmo e non con rammarico, è quando le tue scelte, anche se fallimentari, ti hanno portato in seguito al successo.
La domanda, però, è: la felicità è un momento o un periodo? Un secondo o una vita? Per qualcuno è un secondo che valga una vita, per altri una vita da vivere a pieno. Il tempo stesso è fatto di piccoli attimi, inesorabilmente veloci e fugaci, continui. Allora è l’attimo che fugge ad avere più valore di un intero tempo che è passato, perché in quell’attimo e nella soddisfazione di esso è racchiusa la verità che vale la pena essere vissuta, perché nella soddisfazione di un attimo non si desidera altro che il perdurare di quella sensazione di potenza e pienezza.
Un bacio, un abbraccio, una carezza, il sorriso di un bambino, lo scarto di un regalo, la vittoria al tiro alla fune, due cuori vicini che si amano. Questi non sono attimi di felicità? Piccole mete raggiunte passo dopo passo? Felicità non è forse anche quell’immenso lucente attimo di una pausa della propria mente, quando gli occhi sono chiusi, gli odori sono profondi, le orecchie sono tese e in piena armonia senti il brivido e il sussurro del vento? E lì capisci che l’attimo è stato vissuto, che in tanto tempo sprecato, c’è stato un momento in cui con certezza hai potuto affermare: ho vissuto.
Allora, cosa deve esserci in una vita piena e felice? La realizzazione di tutti i sogni? Se tutti i sogni sono realizzati, però, non si sogna più e cos’è la vita senza sogni? Allora, forse è la realizzazione della maggior parte di questi sogni, quelli più importanti? E cosa resta dopo se non piccoli effimeri desideri di avidità? Una volta raggiunto il massimo come ci si può accontentare del minimo?
Forse è l’amore? L’amore per cosa? O per chi? Una ragazza? Una donna? La madre? La famiglia? Gli amici? Il lavoro? Amore di sé? Potrebbe avere un senso, se ami te stesso evidentemente sei felice. E allora felicità vuol dire amare se stessi? E come si può amare ciò che è imperfetto e incompleto? Il mito della mela di Platone non si basa proprio sulla ricerca di completezza? Sulla ricerca di quella persona che ti cambi la vita? Allora cos’è l’amore? Chi bisogna amare e perché per essere felici?
Felicità, ma l’uomo può essere felice? Penso che si chiami “ricerca della felicità” per un motivo ben preciso: è uno stato per qualcuno prossimo al compimento per altri perenne e parallelo alla vita evidentemente non vissuta.
E allora la felicità è un mito o una meta? lo credo che esistano delle persone che si possano definire felici, per cui la felicità non è un mito. Penso, però, che le persone felici siano quelle che non hanno fatto della ricerca della felicità il loro obiettivo, la loro meta, ma abbiano semplicemente colto l’attimo, i piccoli momenti di gioia vissuti con serenità. Poi, semplicemente ripensando al passato e ai bei ricordi, si sono rese conto di aver vissuto bene e felicemente.
Tutta la redazione di RPFashion & GlamourNews augura un buon Anno nuovo ai nostri lettori, con la speranza che il 2023 sia veramente un anno migliore.
“ Non so se anche voi provate la stessa sensazione, ma a me il Capodanno fa sempre un po’ impressione, perché è allo stesso tempo la fine e l’inizio di un ciclo. È difficile lasciarsi qualcosa alle spalle: è un’azione che prevede un salto nel buio, un tuffo a occhi chiusi verso nuove esperienze, che potranno rivelarsi positive o negative. È un’occasione per ricominciare da zero o per continuare quel che abbiamo iniziato e vale la pena portare avanti. È un modo – scrive il Caporedattore Jacopo Scafaro – per stabilire nuovi obiettivi o per rivalutare quelli vecchi, cercando di capire se ci stanno portando proprio dove vogliamo arrivare. È anche una sfida con noi stessi, il momento giusto per metterci in discussione e capire cosa ci piace di noi e cosa vogliamo cambiare. A tutti auguri per un anno spettacolare”.
Roberta Pelizer, Direttore Editoriale del nostro giornale ci dice: “Eccoci qui, alla fine di questo lungo e complicato 2022, come sempre accade il 31 dicembre tiriamo sempre le somme di quello che è successo nei 365 giorni appena trascorsi, alla famiglia, il lavoro, i soldi, gli amici, alle occasioni perse e a quelle colte. Per ognuno di noi c’è qualcosa che non vorremmo più ritrovare mentre per altri la speranza è che resti tutto così com’è, siamo tanti e tutti diversi ma l’augurio che ci accomuna tutti e’ quello che sia più bello per tutti sotto tutti i punti di vista. Abbiamo lottato contro una pandemia che ci ha colpiti tutti per vari motivi, ad alcuni ha causato danni ingenti ad altri un po’ meno ma questo non ci deve abbattere, ma rafforzare. Il mio augurio è quello di poterci affacciare al 2023 con la forza e la speranza, la grinta e la giusta cattiveria per realizzare i nostri desideri e sogni.”
“La vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza” diceva Papa Benedetto XVI. Buona vita e buon anno e tutti.
Per la rubrica racconti e poesie, il nostro redattore ci racconta di un incontro…
Quale maschio, latino e non, una volta nella vita non ha sognato di conoscere una fotomodella di fama? Tutti noi ci siamo chiesti: ma queste donne, nella vita reale, esistono davvero e se sì, dove sono?
In un villaggio dello shopping, quale l’outlet di Serravalle, per esempio, dove a me è capitato di incontrarne una.
Ero in coda davanti al baracchino delle crepes, un triciclo tutto colorato e addobbato con gigantografie di nutella spalmata su grosse fette di pane. Nel suo minuscolo spazio, due ragazze, le cui gote rosse facevano ben intendere il caldo immagazzinato in quelpiccolo spazio, cucinavano una crepe dietro l’altra su cui spalmavano, senza alcuna riserva, palettate di crema di cioccolato, a cui aggiungevano nuvole di zucchero polverizzato.
Lei era davanti a me, mi superava in altezza almeno di quindici centimetri, per sentirmi meno piccolo guardai subito le sue scarpe, tacco dodici, il mio orgoglio si riprese qualche punto.” alla fine mi supera solo di qualche centimetro”, pensai.
Con finta noncuranza feci prima un passo di lato e, con malcelata indifferenza, mi piazzai a lato della ragazza, creando così una doppia fila. Incominciai a studiarla, lasciando per ultimo l’esplorazione del viso.
I tacchi dodici mostravano una riga longitudinale di piccoli zirconi di un colore verdastro che abbellivano la semplicità della forma, su di essi appoggiava una tomaia lineare di pelle da cui partivano quattro laccetti che formavano un piccolo fiocco sormontato da uno zircone, sempre di colore vede, della grandezza di un’oliva.
I piedi, di tipo egizio, formavano un tutt’uno con i sandali, le dita, con la perfetta progressione di altezza, mi fecero venire in mente una scala musicale discendente. Dalle caviglie, a cui un braccialetto d’oro, con la scritta “Love” donava un pizzico di civetteria, si elevavano, come uno sbuffo di geiger, gambe affusolate, ma al contempo con una tonicità eccitante che si evidenziava quando la ragazza cambiava postura, la muscolatura infatti guizzava progressivamente e maliziosamente fin sotto le ginocchia.
Proprio sopra quest’ultima il bordo di seta di un abito a sottoveste, di un intenso azzurro fiordaliso, limitava la vista al resto del corpo. L’abito fasciava in modo sensuale il deretano che mostrava la sua forma di cuore rovesciato e la leggerezza della seta lasciava intravedere, in modo discreto, l’intimo alla brasiliana. Il lato B era una continuazione della forma a cucchiaio, al limite della lordosi, del basso schiena, Il vestito si appoggiava su un dorso diritto, tonico con i muscoli dorsali che si opponevano perfettamente alla grandezza dei seni, una terza calcolai, di forma sferica, simmetrici.
L’insieme, non so perché, mi richiamò l’immagine di una perfetta chiave di violino, rivestita di seta.
Proprio nel momento in cui mi apprestavo a guardarla in viso si girò e, con voce armoniosa, e carezzevole, mi disse:
– Le crepes sono molto buone, queste ragazze sono bravissime, sono qui da due giorni per la sfilata annuale e le ho assaggiate quasi tutte, mi manca solo quella al GrandMarnier.
Così dicendo si avvicinò al bancone perché era arrivato il suo turno. La osservai mentre conversava amichevolmente con le ragazze del triciclo, aveva un viso a diamante con gli zigomi prominenti che mettevano in risalto il naso a taglio diritto, gli occhi erano grandi e mi confermarono l’idea, che a prima vista mi ero fatta di lei, di una ragazza con un’apertura mentale incredibile.
La bocca con labbra ad arco di Cupìdo, carnose, quasi sicuramente aiutate da qualche iniezione di botulino, conferivano sensualità e sollecitavano piacevoli sensazioni.
Anche i lobi delle orecchie, in parte nascosti da folti e lunghi capelli lisci e spessi, di un castano scuro con qualche mesches più chiara che regalavano loro più luce, erano adornati da orecchini con la scritta “Love” che continuava il messaggio d’amore del braccialetto alla caviglia e di quelli che adornavano i polsi, quest’ultimi accompagnavano mani lunghe e affusolate, da pianista, abbellite da unghie lunghe, a mandorla, color cipria.
Completava la parure una sottile collana in oro, anch’essa unita dalla scritta “Love” che ingentiliva un collo lungo, da cigno, ma non “Modiglianesco”, quella giusta lunghezza che seduce gli uomini.
Due spalline sottili appoggiate su spalle di color ambrato, permettevano al vestito di distribuirsi perfettamente sul corpo abbronzato.
Si allontanò con grazia, con la sua apparente fragilità fisica e, mentre con sensualità e attenzione avvicinava alla bocca la crepe, si girò e mi strizzò pudicamente l’occhio.
Con la bocca aperta e gli occhi spalancati, come lo stupore tipico degli animali, mi avvicinai al triciclo per ordinare la mia crepe. Le ragazze mi accolsero con un sorriso malizioso e posso immaginare i loro commenti divertiti quando mi allontanai con il mio dolce in mano che, non so perché, quel giorno non aveva alcun sapore.