A volte succede che quando meno te lo aspetti succede una cosa bella , inaspettata e che ti cambia la vita , arriva l’amore .
L’amore è il motore che fa girare tutto il mondo ed è la prima cosa che ti fa venire il sorriso , laddove c’è mancanza di amore manca proprio un pezzo, tutto è incompleto.
L’amore ti cambia , ti migliora , ti completa , ti fa capire tante cose e non ti tradisce mai l’amore vero .
A volte le favole si avverano e la persona giusta bussa alla tua porta e tutto il brutto che c’era prima scompare e tu diventi una persona nuova.
A volte la vita ti fa un regalo e tu lo devi cogliere senza avere paura perché potresti perdere la cosa più bella che ti poteva capitare .
A volte bisogna chiudere gli occhi e gustarsi la vita tutta d’un fiato.
Il nostro redattore ha iniziato il cammino in Portogallo, ed giornalmente ci racconta i km che percorre e le emozioni che prova.
PrimoGiorno: siamo a ovest, e come a Santiago, le prime luci dell’alba spuntano intorno alle 8.00. I sentieri del Fisherman Trail non permettono una partenza con il buio, perciò dopo un’ottima colazione, mio fratello Silvio e io ci incamminiamo sul percorso ben segnalato.
Sole alternato a nuvole, giacca a vento alternata a pile leggero. Il vento la fa da padrona nelle prime ore, poi ci lascia tranquilli. È un trekking spettacolare e unico.
Alloggiamo al Selina hostel, consigliatissimo, vicino all’imbarco per il passaggio all’altra riva del fiume Mira, se vi portate un costume c’è la possibilità di immergersi in una vasca con acqua a 37 gradi.
Se volete mangiare pesce andate al Fateixa oppure al Tasca do celso, carne e pesce.
A domani per la tappa Vila Nova de Milfontes- Almograve.
Desiderare, sperare, progettare e battere territori sconosciuti: unica terapia per la paura dell'avvenire: ecco una riflessione del nostro Caporedattore.
“Alla ricerca della felicità” è il famoso film con Will Smith. Profondo, ben costruito, a tratti geniale, sicuramente emozionante. Alla ricerca della felicità, però, non è solo un film. Per molti è una missione, un obiettivo che, almeno nelle intenzioni, è perseguito da tutti
Cos’è la felicità? La parola è talmente semplice da essere estremamente ricca di significato. La felicità è uno stato di emozioni positive e potenti, da farci dimenticare ogni pensiero negativo, ogni preoccupazione e darci una forza che fino a quel momento, forse, credevamo inesistente. La felicità è quando ripensi al passato con entusiasmo e non con rammarico, è quando le tue scelte, anche se fallimentari, ti hanno portato in seguito al successo.
La domanda, però, è: la felicità è un momento o un periodo? Un secondo o una vita? Per qualcuno è un secondo che valga una vita, per altri una vita da vivere a pieno. Il tempo stesso è fatto di piccoli attimi, inesorabilmente veloci e fugaci, continui. Allora è l’attimo che fugge ad avere più valore di un intero tempo che è passato, perché in quell’attimo e nella soddisfazione di esso è racchiusa la verità che vale la pena essere vissuta, perché nella soddisfazione di un attimo non si desidera altro che il perdurare di quella sensazione di potenza e pienezza.
Un bacio, un abbraccio, una carezza, il sorriso di un bambino, lo scarto di un regalo, la vittoria al tiro alla fune, due cuori vicini che si amano. Questi non sono attimi di felicità? Piccole mete raggiunte passo dopo passo? Felicità non è forse anche quell’immenso lucente attimo di una pausa della propria mente, quando gli occhi sono chiusi, gli odori sono profondi, le orecchie sono tese e in piena armonia senti il brivido e il sussurro del vento? E lì capisci che l’attimo è stato vissuto, che in tanto tempo sprecato, c’è stato un momento in cui con certezza hai potuto affermare: ho vissuto.
Allora, cosa deve esserci in una vita piena e felice? La realizzazione di tutti i sogni? Se tutti i sogni sono realizzati, però, non si sogna più e cos’è la vita senza sogni? Allora, forse è la realizzazione della maggior parte di questi sogni, quelli più importanti? E cosa resta dopo se non piccoli effimeri desideri di avidità? Una volta raggiunto il massimo come ci si può accontentare del minimo?
Forse è l’amore? L’amore per cosa? O per chi? Una ragazza? Una donna? La madre? La famiglia? Gli amici? Il lavoro? Amore di sé? Potrebbe avere un senso, se ami te stesso evidentemente sei felice. E allora felicità vuol dire amare se stessi? E come si può amare ciò che è imperfetto e incompleto? Il mito della mela di Platone non si basa proprio sulla ricerca di completezza? Sulla ricerca di quella persona che ti cambi la vita? Allora cos’è l’amore? Chi bisogna amare e perché per essere felici?
Felicità, ma l’uomo può essere felice? Penso che si chiami “ricerca della felicità” per un motivo ben preciso: è uno stato per qualcuno prossimo al compimento per altri perenne e parallelo alla vita evidentemente non vissuta.
E allora la felicità è un mito o una meta? lo credo che esistano delle persone che si possano definire felici, per cui la felicità non è un mito. Penso, però, che le persone felici siano quelle che non hanno fatto della ricerca della felicità il loro obiettivo, la loro meta, ma abbiano semplicemente colto l’attimo, i piccoli momenti di gioia vissuti con serenità. Poi, semplicemente ripensando al passato e ai bei ricordi, si sono rese conto di aver vissuto bene e felicemente.
Tutta la redazione di RPFashion & GlamourNews augura un buon Anno nuovo ai nostri lettori, con la speranza che il 2023 sia veramente un anno migliore.
“ Non so se anche voi provate la stessa sensazione, ma a me il Capodanno fa sempre un po’ impressione, perché è allo stesso tempo la fine e l’inizio di un ciclo. È difficile lasciarsi qualcosa alle spalle: è un’azione che prevede un salto nel buio, un tuffo a occhi chiusi verso nuove esperienze, che potranno rivelarsi positive o negative. È un’occasione per ricominciare da zero o per continuare quel che abbiamo iniziato e vale la pena portare avanti. È un modo – scrive il Caporedattore Jacopo Scafaro – per stabilire nuovi obiettivi o per rivalutare quelli vecchi, cercando di capire se ci stanno portando proprio dove vogliamo arrivare. È anche una sfida con noi stessi, il momento giusto per metterci in discussione e capire cosa ci piace di noi e cosa vogliamo cambiare. A tutti auguri per un anno spettacolare”.
Roberta Pelizer, Direttore Editoriale del nostro giornale ci dice: “Eccoci qui, alla fine di questo lungo e complicato 2022, come sempre accade il 31 dicembre tiriamo sempre le somme di quello che è successo nei 365 giorni appena trascorsi, alla famiglia, il lavoro, i soldi, gli amici, alle occasioni perse e a quelle colte. Per ognuno di noi c’è qualcosa che non vorremmo più ritrovare mentre per altri la speranza è che resti tutto così com’è, siamo tanti e tutti diversi ma l’augurio che ci accomuna tutti e’ quello che sia più bello per tutti sotto tutti i punti di vista. Abbiamo lottato contro una pandemia che ci ha colpiti tutti per vari motivi, ad alcuni ha causato danni ingenti ad altri un po’ meno ma questo non ci deve abbattere, ma rafforzare. Il mio augurio è quello di poterci affacciare al 2023 con la forza e la speranza, la grinta e la giusta cattiveria per realizzare i nostri desideri e sogni.”
“La vita umana è bella e va vissuta in pienezza anche quando è debole ed avvolta dal mistero della sofferenza” diceva Papa Benedetto XVI. Buona vita e buon anno e tutti.
Quante volte hai avuto occasione di dirlo o di sentirlo dire? Tante, ne sono sicuro.
Ogni grande festività porta con se profumi, colori e sapori che ci riportano alle tradizioni. Le tradizioni infatti rendono speciali le festività. Alcune perché da anni rendono divertenti giornate come il Natale, altre perché vengono tramandate da generazione a generazione.
C’è chi cena durante la notte della veglia natalizia, chi pranza con la famiglia il giorno di natale a casa o nel solito ristorante, chi gioca a tombola o alle carte, chi balla e chi canta. Le tradizioni ci fanno sentire parte del nostro branco, la nostra famiglia. Ognuno di noi ne ha una, anche tu ne hai una.
Noi di RPFashion & Glamour News ogni anno dedichiamo tramite il Direttore Editoriale ed il Caporedettore gli auguri a tutti coloro che durante l’anno ci leggono, seguono e supportano.
Il Natale è la festività che porta sempre tante emozioni, la famiglia si riunisce, le tavole si bandiscono, i bambini fanno le ore piccole per aspettare Babbo Natale ed aprire i regali. Per quest’anno il regalo più bello che ci possiamo fare è quello di essere tutti sereni ed in salute, di poter stare in compagnia delle persone che amiamo. La fine dell’anno determina immancabilmente il fatto di tirare le somme inerenti ai dodici mesi appena trascorsi e la promessa di mantenere i buoni propositi per l’anno che verrà. Il mio augurio per tutti noi – scrive Roberta Pelizer – che tutto ciò appena descritto accada, ad ognuno di voi.
Ed ancora: “Il Santo Natale è la storia di un bimbo appena nato che salva il mondo, redimendolo. A pensarci bene è un immenso e straordinario segnale di speranza di cui non sempre ci accorgiamo, ma che forse, in questi tempi, cogliamo meglio – racconta Jacopo Scafaro -. E come tanti pastori, essendo da 2022 anni passato il tempo dell’evento, ci accontentiamo di ammirare i prodigi di cui è stato capace e di come gli uomini, grazie a Lui, siano migliorati, consapevoli che ancora ci darà tanta forza nel superare le nostre povere situazioni. Sono, ancora una volta, i Suoi auguri alla nostra umana limitatezza. Che fare se non ricambiarseli e guardare con fiducia al nuovo anno del Signore?
Auguri di Buon Natale da parte di RPFashion & Glamour News.
Per la rubrica racconti e poesie, il nostro redattore ci racconta di un incontro…
Quale maschio, latino e non, una volta nella vita non ha sognato di conoscere una fotomodella di fama? Tutti noi ci siamo chiesti: ma queste donne, nella vita reale, esistono davvero e se sì, dove sono?
In un villaggio dello shopping, quale l’outlet di Serravalle, per esempio, dove a me è capitato di incontrarne una.
Ero in coda davanti al baracchino delle crepes, un triciclo tutto colorato e addobbato con gigantografie di nutella spalmata su grosse fette di pane. Nel suo minuscolo spazio, due ragazze, le cui gote rosse facevano ben intendere il caldo immagazzinato in quelpiccolo spazio, cucinavano una crepe dietro l’altra su cui spalmavano, senza alcuna riserva, palettate di crema di cioccolato, a cui aggiungevano nuvole di zucchero polverizzato.
Lei era davanti a me, mi superava in altezza almeno di quindici centimetri, per sentirmi meno piccolo guardai subito le sue scarpe, tacco dodici, il mio orgoglio si riprese qualche punto.” alla fine mi supera solo di qualche centimetro”, pensai.
Con finta noncuranza feci prima un passo di lato e, con malcelata indifferenza, mi piazzai a lato della ragazza, creando così una doppia fila. Incominciai a studiarla, lasciando per ultimo l’esplorazione del viso.
I tacchi dodici mostravano una riga longitudinale di piccoli zirconi di un colore verdastro che abbellivano la semplicità della forma, su di essi appoggiava una tomaia lineare di pelle da cui partivano quattro laccetti che formavano un piccolo fiocco sormontato da uno zircone, sempre di colore vede, della grandezza di un’oliva.
I piedi, di tipo egizio, formavano un tutt’uno con i sandali, le dita, con la perfetta progressione di altezza, mi fecero venire in mente una scala musicale discendente. Dalle caviglie, a cui un braccialetto d’oro, con la scritta “Love” donava un pizzico di civetteria, si elevavano, come uno sbuffo di geiger, gambe affusolate, ma al contempo con una tonicità eccitante che si evidenziava quando la ragazza cambiava postura, la muscolatura infatti guizzava progressivamente e maliziosamente fin sotto le ginocchia.
Proprio sopra quest’ultima il bordo di seta di un abito a sottoveste, di un intenso azzurro fiordaliso, limitava la vista al resto del corpo. L’abito fasciava in modo sensuale il deretano che mostrava la sua forma di cuore rovesciato e la leggerezza della seta lasciava intravedere, in modo discreto, l’intimo alla brasiliana. Il lato B era una continuazione della forma a cucchiaio, al limite della lordosi, del basso schiena, Il vestito si appoggiava su un dorso diritto, tonico con i muscoli dorsali che si opponevano perfettamente alla grandezza dei seni, una terza calcolai, di forma sferica, simmetrici.
L’insieme, non so perché, mi richiamò l’immagine di una perfetta chiave di violino, rivestita di seta.
Proprio nel momento in cui mi apprestavo a guardarla in viso si girò e, con voce armoniosa, e carezzevole, mi disse:
– Le crepes sono molto buone, queste ragazze sono bravissime, sono qui da due giorni per la sfilata annuale e le ho assaggiate quasi tutte, mi manca solo quella al GrandMarnier.
Così dicendo si avvicinò al bancone perché era arrivato il suo turno. La osservai mentre conversava amichevolmente con le ragazze del triciclo, aveva un viso a diamante con gli zigomi prominenti che mettevano in risalto il naso a taglio diritto, gli occhi erano grandi e mi confermarono l’idea, che a prima vista mi ero fatta di lei, di una ragazza con un’apertura mentale incredibile.
La bocca con labbra ad arco di Cupìdo, carnose, quasi sicuramente aiutate da qualche iniezione di botulino, conferivano sensualità e sollecitavano piacevoli sensazioni.
Anche i lobi delle orecchie, in parte nascosti da folti e lunghi capelli lisci e spessi, di un castano scuro con qualche mesches più chiara che regalavano loro più luce, erano adornati da orecchini con la scritta “Love” che continuava il messaggio d’amore del braccialetto alla caviglia e di quelli che adornavano i polsi, quest’ultimi accompagnavano mani lunghe e affusolate, da pianista, abbellite da unghie lunghe, a mandorla, color cipria.
Completava la parure una sottile collana in oro, anch’essa unita dalla scritta “Love” che ingentiliva un collo lungo, da cigno, ma non “Modiglianesco”, quella giusta lunghezza che seduce gli uomini.
Due spalline sottili appoggiate su spalle di color ambrato, permettevano al vestito di distribuirsi perfettamente sul corpo abbronzato.
Si allontanò con grazia, con la sua apparente fragilità fisica e, mentre con sensualità e attenzione avvicinava alla bocca la crepe, si girò e mi strizzò pudicamente l’occhio.
Con la bocca aperta e gli occhi spalancati, come lo stupore tipico degli animali, mi avvicinai al triciclo per ordinare la mia crepe. Le ragazze mi accolsero con un sorriso malizioso e posso immaginare i loro commenti divertiti quando mi allontanai con il mio dolce in mano che, non so perché, quel giorno non aveva alcun sapore.
La nostra redattrice ci racconta Alessandria e gli alessandrini, dal punto di vista di uno “straniero”.
Il vocabolario Devoto-Oli definisce così la cerniera lampo: una chiusura per abiti o borse, costituita da due serie di denti che si incastrano alternativamente mediante un cursore.
Chi per la prima volta vede la città di Alessandria, una metropoli chiusa fra due fiumi, elabora nella sua mente l’immagine di una cerniera lampo, dove il Tanaro e la Bormida rappresentano i due binari dentati.
Il cursore è l’Alessandrino, che secondo l’ospite che occupa la sua città, decide se chiudere o aprire la suafortezza, perché l’ospite per l’alessandrino, sia esso di colore, del sud o semplicemente di un’altra città, anche se della vicina provincia, è considerato uno straniero occupante.
Sarà l’influenza del clima: la nebbia che avvolge la città come a proteggerla dai pericoli che arrivano dall’esterno, il freddo che, quando intenso, limita i rapporti con il prossimo per la forzata permanenza in casa, fanno sì che l’Alessandrino chiude il suo animo allo straniero, guardandolo con cortese diffidenza.
Difficilmente si apre, neppure un consolidato rapporto di amicizia riesce a smuovere il suo muro di difesa: le confidenze, gli affetti profondi, la fiducia rimangono nell’ambito delle mura domestiche. Accetta però di buon grado le attenzioni del prossimo e le apprezza, ma onde evitare sconfinamenti affettivi, prontamente ricambia con doni materiali, difficilmente con sentimenti.
In termini di generosità, se sollecitato risponde, l’importante è che la richiesta non invada la sua sfera familiare e personale, altrimenti la cerniera è pronta a richiudersi.
E’ rispettoso delle regole, difficilmente chiede, ma pretende ciò che gli spetta.
Il cursore della cerniera, fermo al blocco sino a qualche anno fa, negli anni è sceso di qualche gradino, forse influenzato dalle abitudini, dalle attitudini e dai comportamenti degli ospiti che negli anni hanno occupato la sua città, spesso integrandosi radicalmente eciò ha contribuito a sminuire la sua tipica diffidenza.
La speranza è che gli ospiti che occuperanno la città negli anni a venire, non abbiano più la ridotta immagine di una cerniera lampo, ma vedano gli àlvei del Tanaro e della Bormida come due braccia che stringono affettuosamente la città, per proteggere e amare tutti i suoi abitanti.
Sto riflettendo sul significato dei Momenti Speciali che si verificano nella vita di ognuno di noi.
E mi chiedo perché alcuni momenti li consideriamo Speciali e altri no? Si è portati a credere che il Momento Speciale debba essere necessariamente Straordinario, Super.
Effettivamente quando vivi un esperienza intensa, una forte emozione, un sentimento inaspettato, quando vivi quegli attimi in cui l’adrenalina è alle stelle e tutto intorno vibra e vibra ad alte frequenze, credi che quella sia la Vita… l’Essenza della Vita, e guardi a quell’evento come ad una splendida ‘Eccezione’. Quando questi ‘momenti speciali’ però passano, finiscono, ti sembra che senza di essi la vita non sia più così straordinaria.
La senti banale, quotidiana, abitudinaria e ahimè lasci spazio alla pigrizia e alla noia. Credo che nel viaggio della vita, i momenti speciali siano quel ‘bastone’ che ti sorregge quando la strada si fa più impegnativa, quella panchina che ti dà riposo quando le tue gambe sono stanche, quell’acqua fresca che ti disseta quando il cammino porta arsura, quell’albero che ti offre ombra o riparo quando il sole scotta o la pioggia scende copiosa. Il segreto per permettere all’energia pulsante del ‘momento speciale’ di nutrire e dare sempre nuovo vigore alla tua vita è RICONOSCERE consapevolmente quel ‘MOMENTO’ e custodirlo dentro di te come uno dei doni più preziosi. Il ‘battito del cuore’ quando incontri ed entri in empatia con una persona particolare, la ‘passione’ che respiri mentre fai l’amore, gli sguardi si incontrano e con la dolce carezza dell’abbandono il tuo corpo si offre all’altro nell’accoglienza reciproca, la ‘gioia intensa’ che ti pervade quando inaspettatamente chi ti conosce bene passandoti accanto si ferma e ti abbraccia, quella ‘intensa sensazione di non essere solo’ quando stringi forte un amico e condividi tra le lacrime una notizia fantastica.
Questi momenti sono i nostri Momenti Speciali. Ma ci sono anche momenti che potrebbero sembrare più semplici come: la manina tesa di un bimbo a cercare la tua protezione o il suo sguardo brillante mentre ti mostra orgoglioso un suo gioco, il sorriso di uno sconosciuto solo per avergli usato una cortesia, avere dedicato un po’ del tuo tempo ad una persona cara e percepire la felicità che hai portato nella sua giornata, il ridere a crepapelle per dieci minuti al telefono con un’amico o amica solo perché ci si concede il privilegio di raccontare sane e splendide stupidaggini.
Tutti i momenti speciali anche quelli più semplici se riconosciuti e vissuti profondamente nell’attimo stesso del loro verificarsi, apportano nuovo e intenso vigore al vivere quotidiano. La loro energia pulsa all’interno di ognuno di noi e pulsa all’esterno di noi in una danza continua. Il segreto dunque per vivere un esistenza ricca di ‘Momenti Speciali’ è di “ Esserci” in questi momenti, essere presenti al 100%. Sentirli dentro, fondersi con essi, diventare brevemente essi. Perché quando ti senti ‘dentro’ qualcosa, questa diventa parte di te portandoti una conoscenza straordinaria.
Il nostro impegno credo, è di sapere ‘vivere consapevolmente’ anche il momento più semplice e scoprirvi in esso il suo ‘lato speciale’. Wow quanti momenti speciali scopriremmo se solo dedicassimo più attenzione agli eventi. Se solo il nostro sguardo fosse più ampio, uno sguardo cosmico direi. Poiché vedere la ‘luce’ nell’evento è percepire la Bellezza di ogni Atto. Ci sono persone che stanno arricchendo la nostra vita di Momenti Speciali, con la loro vicinanza, con i loro sguardi, con i loro messaggi, con un semplice: ‘Ciao, hai riposato stanotte?’ o con un ‘Buonagiornata’, ‘Buonanotte tesoro’, ‘Ti stringo forte’, ‘Sono con te’. A loro dovrebbe andare il nostro grazie più sincero per ogni momento speciale che ci sanno donare. Perché i veri momenti speciali non necessariamente sono quelli “ straordinariamente grandiosi” ma sono quelli che in un breve e preciso momento rendono STRAORDINARIA la vita.
Il nostro caporedattore ci propone un introspettiva sull’emozioni interiori di ognuno di noi.
Come è strano il cuore di un uomo, così avviluppato in una matassa di emozioni confuse, difficile da districare, da sciogliere. Fatto di tanti microscopici nodi complessi, come quelli che si formano ai fili delle collane, impossibili, senza soluzione apparente, che al massimo ti puoi rigirare tra le dita.
Mi sfugge un sorriso che avrei voluto contenere.
Verso dell’altro caffè nella tazza e contemplo il paesaggio fuori dalla finestra. I raggi del sole si fanno largo tra le piante piantate in giardino. Provo a distrarmi, guardo verso il parcheggio. Vedo il giardiniere di fronte a casa che abbevera le piante.
Chissà se questa mattina riceverà il suo compenso e riuscirà a calmare le ansie di sua moglie, afflitta dalle spese che sembrano moltiplicarsi. Chissà se al posto delle cesoie, si immaginava una ventiquattro ore, se in tempi più leggeri, sognava una vita migliore, una casa più grande, un cane, un‘auto sportiva, invece queste siepi son tutto ciò che ha.
Non riesco a fare a meno di pensarci. Rido un po’ di mo stesso.
Non dovrei affatto pensarci.
Bevo il mio caffè, mi ustiono il labbro inferiore.
Sento il vapore che sgorga dalla tazza e mi accarezza il viso, un’alitata calda, come quella che precede un bacio.
Sorrido.
L’odore del caffè invade la stanza. Da questa mattina, un pensiero mi tormenta e come un’emicrania rimbomba nella mente. Penso che, in fondo, sarebbe più semplice se potessi scambiare, come il doppione di una figurina, il mio cuore con quello di altri.
Non sono mai stato un tipo di molte pretese, mi accontenterei di un cuore qualunque, purché diverso dal mio. Se potessi scegliere, di certo vorrei un cuore libero, gioioso, spensierato, leggero. Un cuore piumato. Di quelli che se ci piove addosso, scivola tutto. Di quel modello che, se cade, danza sospeso nell’aria per un po’, si fa ammirare ed atterra con maestria. Di quel modello che non si spezza mai.
Sorseggio il caffè, è un po’ amaro – come i pensieri che mi infestano e sento appiccicati addosso – ma si è freddato abbastanza da poterlo bere senza ustionarmi. Avverto in lontananza il gracchiare di uno stormo di cornacchie, ricorda un coro di risate. Forse vogliono prendersi gioco di me, dei miei pensieri e del mio destino.
Invidio le loro risate. Indosserei il loro cuore.
Mando giù tutto d’un sorso e poso la tazza nel lavello. La laverò più tardi. O magari dopo pranzo, insieme alle altre stoviglie.
Insieme alla mia coscienza.
Mi guardo intorno alla ricerca di un diversivo. La cornice in argento sulla credenza intarsiata mi cattura. Risplende nell’ombra della stanza. Le due figure immortalate sorridono, lo faranno per sempre.
Sembrano divertirsi. Sembrano complici. In quello scatto, lo saranno per sempre.
Come sono strani i legami, quel groviglio di intrecci e nodi che si instaura tra la gente, quella matassa che imprigiona il cuore. Uno scarabocchio che sembra disegnato da un bambino impertinente, che mischia e attorciglia colori differenti, per puro divertimento.
Come è strano il cuore di un uomo. E’ il risultato di un pasticcio, un disegno indecifrabile, una rete vischiosa di fili colorati a cui si appiccicano, come insetti, volti, sorrisi e sguardi, e non c’è verso di liberarli. Guardo la fotografia e sorrido. Ho il cuore che è una trappola. Sono un bracconiere, un cacciatore, pronto a piazzare l’esca, bramoso di catturare la preda di turno.
Le cornacchie gracchiano con più intensità.
Si illumina lo schermo. Parole.
Così piene. Così vuote.
Come è strano il cuore di un uomo quando è abituato alle parole, quando è assuefatto e non ci crede più. Quando le ama alla follia e ne teme il significato.
Ripenso al potere delle parole che imbroglia i nodi al cuore.
Ai sensi di colpa.
Alla paura.
All’inadeguatezza.
All’insensatezza di essere e alla voglia di essere parte.
Alla verità.
Alla menzogna.
Alla confusione che si manifesta in un’ondata di frasi dette per non pensare.
All’incertezza.
Alla certezza dell’incerto.
Alla fragilità.
Parole. Cura di tutti i mali.
A volte messe a tacere, a volte nascoste negli anfratti più remoti del cuore, al di là dei nodi che si son formati per caso, oltre quelli che tentiamo di creare.
A volte dette per liberarsi.
Dette così.
Poi mi accorgo di quanto siano simili ad un’ematoma. Ad una malattia.
Allora respiro.
Sarà diverso d’ora in poi, mi ripeto.
Sarò diverso.
Una cornacchia sbatte le ali e si posa sul davanzale della finestra. Mi guarda negli occhi. Gracchia, la sua risata è fastidiosa.
Come è strano questo mio cuore. Meglio non pensarci, che a farlo troppo si rischia di impazzire. Lavo via dalla tazzina le macchie incrostate.
Vorrei far lo stesso con la mia consapevolezza della mancanza.
Il nostro caporedattore ci racconta, in modo nostalgico le sensazione che lascia l’estate in ognuno di noi.
Nell’ultima sera della propria estate il rintocco delle lancette scandisce i battiti del cuore e ogni secondo, come per magia, prende forma e colore, vestendosi delle più belle emozioni. Così nell’ultima sera della propria estate, il tempo è un padrone tiranno. L’orologio che fino ad allora si era indossato come accessorio da sfoggiare, in quell’ultima notte davvero per sé, ricorda agli animi liberi che la vita scorre in fretta e nulla può impedirglielo. Allora si cerca conforto nel blu della notte, si contempla il cielo, con la speranza, che non si riaccenda più.
Nell’ultima sera della propria estate l’aria è dolciastra. Di tanto in tanto una folata di nostalgia solletica i nasi ed il prurito fa lacrimare un po’. Le perle liquide di malinconia bagnano i dorsi di qualche valigia, che non ingannerà l’addetto ai controlli e di certo finirà in stiva all’aereo, perché troppo pesante.
L’ultima sera della propria estate i bagagli sembrano essersi ristretti, anche se la quantità degli indumenti non è cambiata. Ma il viaggiatore sa che l’ultima notte della propria estate ci si porta dietro il ricordo di serate umide, musica e sorrisi, e che le borse traboccano dell’aria di salsedine, rimasta incollata ai costumi, e di volti, quelli di sempre ed altri nuovi. E magari è complice il peso di qualche vasetto di troppo, nascosto con cura dalle mani nodose di una nonna gentile, di una mamma premurosa che ha il cuore più stretto, in quella sera che sa di saluti.
L’ultima sera della propria estate rappresenta la sola chance che si ha per vivere il momento come solo e irripetibile. Come sola occasione per cercare, per cercare di ripararsi dentro, per non pensare, per seguire l’istinto, per esaudire il desiderio espresso la notte delle stelle, che però l’ultima notte d’estate sembrano non voler cadere, come a suggerire “adesso sta a te, fautore del tuo destino”.
L’ultima sera della propria estate si organizzano incontri. I caffè non sono mai abbastanza e le granite, i coni gelato, le fette d’anguria e qualche thè ghiacciato al limone fanno da contorno e riempiono l tavolino del bar per ritardare i saluti, ancora di un po’. Quell’ultima e memorabile sera, non si è mai sazi, lo stomaco, ormai allenato chiede di più, e cosi anche il cuore, affamato di sguardi e sorrisi. Ed è proprio nell’ultima sera d’estate che avverti il rammarico di non averne avuti abbastanza, di volerne ancora.
L’ultima sera d’estate si gettano le chiavi della propria anima in fondo al mare. E da quel momento ha inizio lo sciabordio che accompagnerà l’umore del viaggiatore nelle ore di ritorno a casa.
Ma in fondo, l’ultima notte della propria estate, è la prima di una nuova stagione. E’ la primavera dell’uomo che sa osare e che dalle ceneri di un inverno freddo e pungente, ogni giorno fiorirà.