di Alessandro Tasso
Il nostro redattore ci propone una sua personale pensiero sull'esclusione da Wimbledon degli atleti Russi e Bielorussi
Da grande appassionato di sport, fin da piccolo, ho sempre atteso con trepidazione e speranza il periodo primaverile, ricco di tornei, ma soprattutto dello slam per eccellenza nella vita di un fanatico di tennis, Wimbledon.

Per anni ho ammirato attaccato al televisore questo grande spettacolo, in gioventù osservando i dvd di Sampras, McEnroe, Agassi, fino ad arrivare alla piena maturità con Djokovic in primo piano, ma anche i vari Federer, Nadal, Tsonga e Monfils.
Ricordo con particolare emozione la cavalcata fino alla finale nello storico campo centrale di Marin Cilic, in quel periodo settimo nel ranking Atp, con un inusuale crollo emotivo da parte del croato sul 4 a 0 per l’avversario, con già due set di vantaggio, durante il terzo. L’opponemte di giornata tale Roger Federer, pluridecorato campione che quel giorno andava alla ricerca del decimo titolo su terreno inglese, che lo avrebbe reso ancor di più solo sull’isola delle leggende. Nel momento di maggior emotività l’elvetico si avvicina a Marin, cercando per quanto possibile di consolarlo, lasciandoci un’immagine secolare di quello che per me è la vera essenza di questo glorioso ed elegante sport. Per ricordare al mondo che siamo tutti esseri umani e la sana competizione deve essere parte integrante del processo di crescita di ogni esperienza umana nello sport e non.
Ho sentito il bisogno di premettere tutto ciò per far capire l’unicità che ha sempre rappresentato e deve continuare a rappresentare il torneo di Wimbledon, un’icona solidale, per tutto e per tutti, sempre.
Le anticipazioni degli scorsi giorni sono diventate realtà: con un comunicato diramato nel pomeriggio del 20 aprile, a una settimana di distanza dalla conferenza stampa di presentazione del torneo, Wimbledon ha confermato ufficialmente la decisione di escludere dal torneo ogni tennista proveniente da Russia e Bielorussia a causa della guerra in Ucraina. Una decisione senza precedenti che farà sicuramente discutere molto: l’edizione 2022 dei Championships non vedrà protagonisti atleti di fama mondiale come Daniil Medvedev, Andrey Rublev, Aryna Sabalenka, Viktoria Azarenka, Aslan Karatsev, Karen Khachanov, Anastasia Pavlyuchenkova, Daria Kasatkina e Ilya Ivashka.
Escludere i tennisti e le tenniste russe deve risultare una punizione, l’ennesima, una sanzione “economica” alla nazione russa e al suo presidente violento e spietato. Poiché i tennisti russi sono tra i più forti al mondo (Medvedev il numero 2) la cosa potrebbe anche avere senso. E però… ci sono un sacco di però. Il primo: tutti i giocatori russi hanno condannato la guerra. Rublev lo ha persino scritto sulle telecamere del torneo di Dubai, dopo la vittoria, con 60 paesi collegati, audience ben superiore alle Nazioni Unite: “Stop the war now, please”. Medvedev si è schierato fin dal primo giorno per la pace. In una delle ultime conferenza stampa (torneo di Miami) ha ripetuto: “Io ho sempre chiesto la pace poi è difficile parlare in pubblico di queste cose. Si rischia sempre di non essere capiti. Quindi ripeto ciò che ho detto fin dal primo giorno: pace”. Poi s’è fatto male e a Wimbledon comunque non sarebbe potuto andare.
Il tutto purtroppo perfettamente architettato per evitare una storica quanto complicata premiazione di un atleta russo da parte del governo inglese, fin da subito attiva componente nella mondiale condanna alla guerra.
Questa situazione così denigratoria ha da subito sollevato cocenti polemiche da parte di tutto il mondo sportivo e non solo.
Immediata la risposta del circuito ATP che ha fermamente condannato la decisione estremamente razzista e denigratoria da parte dell’organizzazione inglese:
“Condanniamo fermamente la riprovevole invasione dell’Ucraina da parte della Russia e siamo dalla parte dei milioni di persone coinvolte nella guerra tuttora in corso.
Il nostro sport è orgoglioso di operare sulla base dei principi di meritocrazia ed equità, e ogni giocatore compete individualmente prendendo parte ai tornei sulla base del suo ranking. Crediamo che la decisione unilaterale presa oggi da Wimbledon e dalla LTA di escludere giocatori da Russia e Bielorussia per tutto lo swing sui tornei in erba sia ingiusto e sia un potenziale precedente pericoloso per il nostro sport. La discriminazione basata sulla nazionalità costituisce inoltre una violazione del nostro accordo con Wimbledon, che statuisce che ogni giocatore entra nel torneo sulla base esclusiva del ranking.”
Insomma una bella presa di posizione nei confronti di una vera e propria “ghettizzazione” sportiva da parte di un governo che, per quanto possa essere attivo nella condanna alla guerra, ha verosimilmente avuto una vertiginosa caduta di stile, in perfetta linea con il pensiero finto perbenista europeo.
In un mondo che sta lentamente procedendo verso un’uguaglianza (se non nell’intimo, per lo meno come facciata)di genere, l’esclusione a priori di questi atleti è un passo indietro troppo grande, a maggior ragione se promossa dal governo inglese, il quale è sempre stato per i più simbolo di rigore e decoro.
Tutto ciò ha messo comunque in luce l’ipocrisia della decisione: se si devono condannare gli atleti di tutte le nazioni che hanno ingaggiato combattimenti nei confronti di altri paesi, allora a far compagnia agli atleti Russi e Bielorussi ci dovrebbero essere anche gli Americani. Lo sport ho sempre pensato debba essere un veicolo di pace, una via di fuga per coloro che hanno lavorato tutta la propria vita per mettersi in gioco,ma ora purtroppo per colpa di decisioni scriteriate di altri, accantoneranno ancora una volta il loro sogno nel cassetto per sorbirsi la proverbiale macchina del fango.
Un errore a mio parere grossolano ed inspiegabile, che non deve assolutamente commettere il premier Draghi vietando ai sopracitati la partecipazione agli Internazionali d’Italia in programma dal 2 maggio.
Dalle ultime indiscrezioni sembrerebbe che gli atleti Russi e Bielorussi siano iscritti regolarmente alla manifestazione, senza però poter partecipare per la propria bandiera, unico compromesso con il quale mi sento di essere d’accordo poiché il discorso per gli atleti di tennis deve assolutamente essere più largo; per alcuni effettivamente va piu per convenienza che per effettivo legame con la nazione rappresentata.
La maggior parte di questi giocatori, soprattuto i top, non risiedono in Russia ma a Montecarlo, in Spagna, Francia, Itralia, località europee dove si possono allenare in pace e in condizioni di comodità e funzionalità di impianti e qualità della vita.
Pensare al caso di Liudmila Sansonova atleta di 25 anni , russa ma cresciuta in Val d’Aosta e allenata nel Lazio.
Per juniores ha giocato con i colori azzurri. Poi, siccome abbiamo una legge per avere la cittadinanza che grida vendetta, Liudmila è “diventata” russa. Che senso avrebbe escludere una così da Wimbledon? Il mondo del tennis è come un circo: una comunità in continuo movimento, per undici mesi all’anno. La nazionalità spesso è un caso.
Proprio per questo è da condannare la finta mossa umana di Wimbledon poiché nella realtà dei fatti è velata di falso e becero perbenismo.
Le vite dei tennisti sono viaggi continui e continue ricerche del posto dove credono di potersi allenare meglio. Sono al tempo stesso apolidi e cittadini del mondo. Che senso ha punirli per qualcosa di cui non hanno alcuna responsabilità?