Wimbledon, esclusi gli atleti Russi e Bielorussi: contrari o favorevoli?

di Alessandro Tasso 
Il nostro redattore ci propone una sua personale pensiero sull'esclusione da Wimbledon degli atleti Russi e Bielorussi 

Da grande appassionato di sport, fin da piccolo, ho sempre atteso con trepidazione e speranza il periodo primaverile, ricco di tornei, ma soprattutto dello slam per eccellenza nella vita di un fanatico di tennis, Wimbledon.

Per anni ho ammirato attaccato al televisore questo grande spettacolo, in gioventù osservando i dvd di Sampras, McEnroe, Agassi, fino ad arrivare alla piena maturità con Djokovic in primo piano, ma anche i vari Federer, Nadal, Tsonga e Monfils.

Ricordo con particolare emozione la cavalcata fino alla finale nello storico campo centrale di Marin Cilic,  in quel periodo settimo nel ranking Atp, con un inusuale crollo emotivo da parte del croato sul 4 a 0 per l’avversario, con già due set di vantaggio, durante il terzo. L’opponemte di giornata tale Roger Federer, pluridecorato campione che quel giorno andava alla ricerca del decimo titolo su terreno inglese, che lo avrebbe reso ancor di più solo sull’isola delle leggende. Nel momento di maggior emotività l’elvetico si avvicina a Marin, cercando per quanto possibile di consolarlo, lasciandoci un’immagine secolare di quello che per me è la vera essenza di questo glorioso ed elegante sport. Per ricordare al mondo che siamo tutti esseri umani e la sana competizione deve essere parte integrante del processo di crescita di ogni esperienza umana nello sport e non.

Ho sentito il bisogno di premettere tutto ciò per far capire l’unicità che ha sempre rappresentato e deve continuare a rappresentare il torneo di Wimbledon, un’icona solidale, per tutto e per tutti, sempre.

Le anticipazioni degli scorsi giorni sono diventate realtà: con un comunicato diramato nel pomeriggio del 20 aprile, a una settimana di distanza dalla conferenza stampa di presentazione del torneo, Wimbledon ha confermato ufficialmente la decisione di escludere dal torneo ogni tennista proveniente da Russia e Bielorussia a causa della guerra in Ucraina. Una decisione senza precedenti che farà sicuramente discutere molto: l’edizione 2022 dei Championships non vedrà protagonisti atleti di fama mondiale come Daniil Medvedev, Andrey Rublev, Aryna Sabalenka, Viktoria Azarenka, Aslan Karatsev, Karen Khachanov, Anastasia Pavlyuchenkova, Daria Kasatkina e Ilya Ivashka. 

Escludere i tennisti e le tenniste russe deve risultare una punizione, l’ennesima, una sanzione “economica” alla nazione russa e al suo presidente violento e spietato. Poiché i tennisti russi sono tra i più forti al mondo (Medvedev  il numero 2) la cosa potrebbe anche avere senso. E però… ci sono un sacco di però. Il primo: tutti i giocatori russi hanno condannato la guerra. Rublev lo ha persino scritto sulle telecamere del torneo di Dubai, dopo la vittoria, con 60 paesi collegati, audience ben superiore alle Nazioni Unite: “Stop the war now, please”. Medvedev  si è schierato fin dal primo giorno per la pace. In una delle ultime conferenza stampa (torneo di Miami) ha ripetuto: “Io ho sempre chiesto la pace poi è difficile parlare in pubblico di queste cose. Si rischia sempre di non essere capiti. Quindi ripeto ciò che ho detto fin dal primo giorno: pace”. Poi s’è fatto male e a Wimbledon comunque non sarebbe potuto andare.

Il tutto purtroppo perfettamente architettato per evitare una storica quanto complicata premiazione di un atleta russo da parte del governo inglese, fin da subito attiva componente nella mondiale condanna alla guerra.

Questa situazione così denigratoria ha da subito sollevato cocenti polemiche da parte di tutto il mondo sportivo e non solo. 

Immediata la risposta del circuito ATP che ha fermamente condannato la decisione estremamente razzista e denigratoria da parte dell’organizzazione inglese:

“Condanniamo fermamente la riprovevole invasione dell’Ucraina da parte della Russia e siamo dalla parte dei milioni di persone coinvolte nella guerra tuttora in corso.

Il nostro sport è orgoglioso di operare sulla base dei principi di meritocrazia ed equità, e ogni giocatore compete individualmente prendendo parte ai tornei sulla base del suo ranking. Crediamo che la decisione unilaterale presa oggi da Wimbledon e dalla LTA di escludere giocatori da Russia e Bielorussia per tutto lo swing sui tornei in erba sia ingiusto e sia un potenziale precedente pericoloso per il nostro sport. La discriminazione basata sulla nazionalità costituisce inoltre una violazione del nostro accordo con Wimbledon, che statuisce che ogni giocatore entra nel torneo sulla base esclusiva del ranking.”

Insomma una bella presa di posizione nei confronti di una vera e propria “ghettizzazione” sportiva da parte di un governo che, per quanto possa essere attivo nella condanna alla guerra, ha verosimilmente avuto una vertiginosa caduta di stile, in perfetta linea con il pensiero finto perbenista europeo. 

In un mondo che sta lentamente procedendo verso un’uguaglianza (se non nell’intimo, per lo meno come facciata)di genere, l’esclusione a priori di questi atleti è un passo indietro troppo grande, a maggior ragione se promossa dal governo inglese, il quale è sempre stato per i più simbolo di rigore e decoro. 

Tutto ciò ha messo comunque in luce l’ipocrisia della decisione: se si devono condannare gli atleti di tutte le nazioni che hanno ingaggiato combattimenti nei confronti di altri paesi, allora a far compagnia agli atleti Russi e Bielorussi ci dovrebbero essere anche gli Americani. Lo sport ho sempre pensato debba essere un veicolo di pace, una via di fuga per coloro che hanno lavorato tutta la propria vita per mettersi in gioco,ma ora purtroppo per colpa di decisioni scriteriate di altri, accantoneranno ancora una volta il loro sogno nel cassetto per sorbirsi la proverbiale macchina del fango.

Un errore a mio parere grossolano ed inspiegabile, che non deve assolutamente commettere il premier Draghi vietando ai sopracitati la partecipazione agli Internazionali d’Italia in programma dal 2 maggio. 

Dalle ultime indiscrezioni sembrerebbe che gli atleti Russi e Bielorussi siano iscritti regolarmente alla manifestazione, senza però poter partecipare per la propria bandiera, unico compromesso con il quale mi sento di essere d’accordo poiché il discorso per gli atleti di tennis deve assolutamente essere più largo; per alcuni effettivamente va piu per convenienza che per effettivo legame con la nazione rappresentata.

La maggior parte di questi giocatori, soprattuto i top, non risiedono in Russia ma a Montecarlo, in Spagna, Francia, Itralia, località europee dove si possono allenare in pace e in condizioni di comodità e funzionalità di impianti e qualità della vita.

Pensare al caso di Liudmila Sansonova atleta di 25 anni , russa ma cresciuta in Val d’Aosta e allenata nel Lazio. 

Per juniores ha giocato con i colori azzurri. Poi, siccome abbiamo una legge per avere la cittadinanza che grida vendetta, Liudmila è “diventata” russa. Che senso avrebbe escludere una così da Wimbledon? Il mondo del tennis è come un circo: una comunità in continuo movimento, per undici mesi all’anno. La nazionalità spesso è un caso.

Proprio per questo è da condannare la finta mossa umana di Wimbledon poiché nella realtà dei fatti è velata di falso e becero perbenismo.

Le vite dei tennisti sono viaggi continui e continue ricerche del posto dove credono di potersi allenare meglio. Sono al tempo stesso apolidi e cittadini del mondo. Che senso ha punirli per qualcosa di cui non hanno alcuna responsabilità?

Torino – Spezia: granitici e consapevoli

di Alessandro Tasso
Il nostro redattore ci racconta l’ultimo match di campionato vinto dai granata. 

Siamo ormai giunti alla 34esima giornata della nostra serie A, il quale si è aperto con una solida vittoria da parte del Torino sullo Spezia avversario di questo turno.


Una partita piena di spunti per la stagione a venire, un vero e proprio banco di prova per chi quest’anno per ovvie ragioni anagrafiche e non solo ha giocato meno. Tra le note più liete si distingue Demba Seck, voglioso di dimostrare e centro gravitazionale di moltissime azioni pericolose dalla sponda granata. Un talento ancora grezzo, ma al quale va dato tempo di sbagliare e di plasmarsi poiché alla prima vera e propria avventura da professionista lontano dalla casa base Ferrara.
Sugli scudi anche Sanabria, di riento dopo il periodo vissuto alle spalle di Belotti e soprattutto Sasa Lukic, autore di una grandiosa doppietta che porta il Torino a rimpolpare ulteriormente una classifica già abbastanza buona.


Una boccata di ossigeno il ritorno di Praet dopo l’infortunio, alla caccia di una riconferma che per quanto si dica sembra purtroppo abbastanza lontana. La problematica che lo ha sempre perseguitato nella sua carriera, ovvero gli infortuni, non l’ha lasciato integro nemmeno quest’anno ed il ds Vagnati sta facendo i conti per cercare di abbassare i costi dell’operazione. Molto difficile al momento. In piena linea con la politica aziendale di questi anni che difficilmente cambierà nonostante il calciatore abbia dimostrato con ampio margine di valere i soldi del riscatto. A mio parere è lui il vero giocatore imprescindibile per la manovra offensiva del Torino del futuro.


In attesa di nuovi aggiornamenti ci troviamo in trepidante attesa per assistere al recupero di mercoledì con l’Atalanta, partita che potrebbe essere un esame importante per testare gli incerti del prossimo anno.


Un plauso a Mister Juric, che è finalmente riuscito a ridare dignità ad un popolo che da troppi anni prende solo delle grandi cantonate. Sempre e comunque Forza Toro.

Mondiale addio: la depressione sovietica sportiva dell’Italia calcistica

di Alessandro Tasso
Il nostro redattore ci racconta le emozioni e ci illustra con razionalità e lucidità una della più brutte pagine dell'Italia calcistica. 

Non so bene da dove cominciare.
In una serata così amara è difficile poter trovare qualche spiraglio in un progetto che,  alla conclusione dei fatti, ha palesato l’inadeguatezza di fondo del sistema calcio italiano.
La sconfitta con Macedonia è la quella di tutti noi italiani, di un popolo che si è sempre identificato con il carattere che la propria nazionale calcistica ha sempre contraddistinto. La quale purtroppo anche questa volta ha deluso le aspettative.


La mia analisi, nonostante la forte pressione emotiva dettata dal momento, cerca di volgere ai motivi di tale catastrofe sportiva senza dover necessariamente puntare il dito su qualcuno, sarebbe troppo facile..
Andando con ordine penso che il sistema progettato dalle giovanili sia completamente incoerente e poco redditizio, poiché l’onta esotica decisamente rilevante negli ultimi anni ha portato i dirigenti italiani a cercare talenti al di fuori dei nostri confini, poiché ritenuti più pronti, più competitivi.


Tutto ciò dettato da un’indifferenza generale da parte di un paese arretrato a 360° che non ha ancora capito, facendo un enorme sforzo mentale, che purtroppo la programmazione e la coesione sportiva partono dal basso, dalle piccole cose e non da obbiettivi raggiunti che fanno da facciata ai tanti danni, costruzioni lasciate a metà o non al passo con i tempi che defirei con un termine prettamente architettonico di “stampo sovietico”, accomunati da quelle “depressione” a dir estenuante.
Gli americani privi di epica, hanno sfoderato l’arma segreta chiamata Sport, che ha formato umanamente uomini e donne rivoluzionarie nel loro piccolo, il vero motore dell’orgoglio nazionale che viene schiacciato da tutte quelle cose a dir poco oppressive ed inutili che albergano nella nostra misera quotidianità.


Quindi il sistema sarebbe da ricostruire dalle ceneri di questo disastro, continuando però su alcune particolarità della falsa riga che ha caratterizzato il nostro percorso con il CT Mancini dal giorno del suo incarico, ossia dare lo spazio a quella meritocrazia di fondo che rendere il tutto molto più semplice e coeso.  Quell’impostazione mentale che ha portato la nostra nazionale a stravolgere l’Europa con un gioco a tratti spumeggiante, la quale purtroppo si è persa in queste qualificazioni. Ma si sa con il senno di poi è facile parlare, soprattutto per chi come noi fa questo di mestiere.


In un articolo buttato giù in un particolare momento di difficoltà della mia giovane vita,  scrissi prendendo in uso il sapere di persone più intelligenti ed esperte di me:
“Ricordate non preoccupatevi se non si premia un percorso che ha ottenuto meno di ciò che meritava, l’ingiustizia è molto comune. Ma quando viene premiato come bravo chi non lo è, questo è molto dannoso per tutti”.
Di impressionante attualità, ci pensi chi di dovere.

Genoa – Torino: alla ricerca del bel gioco perduto

di Alessandro Tasso
Il nostro arredatore torno a raccontarci la partita del Torino che la visto sconfitto sul campo del Genoa. 

Sono poche le parole che mi vengono in mente per definire la prestazione di oggi, insufficiente sotto ogni punto di vista da parte di tutti.


In un’annata partita male, che può concludersi peggio, pensavo sarebbe stato riduttivo ed ingiusto criticare una squadra spremuta fino al midollo dal nostro Mister, ma dopo venerdì sera è quasi doveroso.


La partita contro il Genoa è il sunto perfetto della gestione Torino F.c dal 2006 ad oggi: un agglomerato di “giocatori” scesi in campo senza un minimo di orgoglio, incapaci di tirare, anche solo per una volta verso la porta dell’ex di giornata Sirigu.

Varie personalità stipendiate per dare contributo zero se non negativo ad una squadra che si barcamenava a fatica già prima del loro ingresso in squadra.

Una società nella quale siamo ancora aggrappati alla speranza che il Gallo Belotti, capitano e simbolo indiscusso della Cairese, possa accettare di buon grado le proposte faraoniche del Prez, nonostante batta la fiacca da più di due anni, trattando i tifosi che lo hanno idolatrato e mai criticato come stracci, forse meritatamente.

Questo perché il Toro post fallimento è questo, una manica di tifosi nostalgici sempre pronti a criticare chi merita anche se limitato, per dare spazio a gente che con la nostra gloriosa maglia addosso non dovrebbe nemmeno fare la passerella al negozio della Joma.
A forza di critiche siamo riusciti a far rientrare nei titolari gente come Izzo, Zaza,Belotti, Pjaca, lontani parenti dei giocatori che erano, personalità negative a dismisura per le prestazioni della squadra (vi invito a guardare i dati da quando Bellotti ed Izzo hanno preso immeritamente il posto di Sanabria e Djidji).


Infine il capitolo portiere: dopo una prima parte di stagione straordinaria per aspettative Milinkovic-Savic dopo vari errori e pesanti critiche sembra essere stato accantonato in favore del più esperto Berisha. Critiche ingenerose perché arrivano da persone che senza nessun tipo di attenuante, sparano a zero verso un ragazzo che per la prima volta in carriera rivestiva i panni del titolare. Ha commesso alcuni errori, è vero, però essi fanno parte della logistica del gioco, senza di loro il calcio sarebbe uno sport molto più noioso e le partite finirebbero quasi tutte 0 a 0.

Tutti sbagliano, la differenza la fa la gestione dell’errore ed il tempo per ritornare ai propri livelli a Vanja è stato sottratto a furor di popolo in favore di un “portierone” come Berisha secondo la critica piemontese. E come tutte le belle favole, eccoci serviti, frittata di Berisha su cross innocuo e gol (il primo in serie A) del giovane juventino Portanova. A dimostrazione che nessuno è perfetto e tutti i portieri, nessuno escluso, combinano papere ogni stagione, l’importante è sostenerlo affinché migliori per dargli stabilità mentale, non buttarlo ingenerosamente nel baratro delle critiche. Con buona pace dei super esperti che “con un portiere normale saremmo in Europa”…
Finché sarà tempo di campionato ci sara’ sostegno incontrastato, i ragionamenti li faranno tutti a fine stagione dove avremo forse un pollo in meno, ma qualche gallone di dignità e compattezza in più.

Angolo Granata!

di Alessandro Tasso
Inauguriamo oggi una nuova rubrica, curata dal nostro redattore Alessandro Tasso, che ci racconterà ogni settimana con un 
dettagliato articolo, le partite che disputerà il Torino FC. 

Pomeriggio a dir poco soporifero in quel di Bologna per il Toro, che impatta la squadra di Mihajilovic portando a casa un seppur poco importante punto in trasferta.
È l’ennesimo risultato non proprio positivo fuori dall’Olimpico “Grande Torino”, il che palesa la generale difficoltà dei granata nell’adattamento alla partita quando non impone il gioco.


Esordio in campionato per Berisha, che senza infamia né lode non fa rimpiangere il criticato titolare Savic. Buona anche la partita di Ricci, il quale si sta adattando velocemente agli schemi ed all’intensità che Ivan Juric pretende dai suoi interni di centrocampo.
Purtroppo questa squadra come ogni anno sta avendo un’involuzione pre e post derby che ha del clamoroso, buttando alle ortiche non solo una (seppur insperata) qualificazione europea, ma soprattutto mettendosi in una posizione pericolosa con quelle dietro pronte allo sprint degli ultimi metri.

La mia idea è che oltre alla brillantezza manchiamo anche un po’ di fortuna, i clamorosi errori individuali dell’ultimo periodo hanno condizionato ed hanno aperto crepe inaspettate nella psiche di una squadra ancora giovane e di conseguenza molto acerba.
Penso che l’unico modo per uscire dalla “crisi” possa essere una vittoria scaccia pensieri, della quale però purtroppo non si vedono tracce da un po’.
Nel frattempo fiducia al comandante Ivan Juric e testa a San Siro, dove ci aspetta un quasi testa coda da capogiro.

F.V.C.G

Nel segno dei bomber: terza giornata di Serie A.

di Alessandro Tasso. 
Torna l’appuntamento settimanale che ci racconta il campionato di calcio. 

Dopo una settimanq di pausa per le nazionali, il nostro campionato torna con uno scoppiettante terzo turno che preannuncia una stagione equilibrata e ricca di emozioni nelle posizioni di vertice e non solo.


Si parte il sabato alle 15 con un’interessante scontro tra due neopromosse dalle serie B: Empoli e Venezia tornano a riaffrontarsi dopo le due battaglie dello scorso anno nel campionato cadetto.
I tre punti li porta a casa il Venezia con una rete del nuovo acquisto Henry (molto interessante in ottica fantacalcio) e con un cost to cost degno di Weah di David Okereke talentino arrivato dal Club Brugge pronto al definitivo salto di qualità. Non una sorpresa per gli amanti della Serie B e C dove il nigeriano portato in Italia dal Patron Volpi, colui che attraverso organizzazione e scouting di livello ha portato lo Spezia nel massimo campionato.
K.O. inaspettato degli uomini di Andreazzoli dopo la stellare prestazione contro la Juventus.

Proprio i Bianconeri perdono un’altra partita, la seconda consecutiva, sotto il segno di Politano e Koulibaly. La società del patron Andrea Agnelli paga il “progetto” a dir poco scricchiolante degli ultimi anni. Prima grande vittoria per il Napoli di Spalletti.

Grande impresa della Fiorentina di Italiano che con un calcio frizzante e verticale abbatte una nervosa Atalanta, la quale tra le mura amiche proprio non riesce a decollare. Doppietta di un Vlahovic sempre più trascinatore.
Chissà cosa penserà il giornalista di Juventus channel il quale neanche un anno fa si mise a ridere sulla, a suo parere, folle dichiarazione del conduttore di sport Mediaset:”Se fossi nella Juve venderei Ronaldo e prenderei il Serbo”.
Pareggio scoppiettante tra Samp ed Inter che termina sul risultato di 2 a 2. Grande gol del terzino Angello che con una volée degna del miglior McEnroe ferma i meneghini lasciando tanti rimorsi nella testa di Inzaghi e la sua ciurma.

Vince il Genoa in rimonta guidata dal neo-terzino Fares, autore di una doppietta e dall’ormai ritrovato Mattia Destro. La rimonta subita dal 2 a 0 iniziale mette la parola fine all’avventura di Leonardo Semplici sulla panchina dei Sardi. (Scelta a mio parere squallida).
In arrivo una vecchia conoscenza del nostro campionato: Walter Mazzarri.

Un arcigno Udinese sogna grazie ad i 3 punti portati a casa con una rete allo scadere dei 90′ minuti. Prestazione gagliarda ma imprecisa degli uomini di Gotti che però la porta a casa con l’intuizione di Samardzic dalla panchina. Notte fonda per Thiago Motta ed il suo Spezia.

Torna al successo anche il Torino con una schiacciante vittoria merito anche di una Salernitana ancora in pieno cantiere aperto, dopo un’estate passata a cercare di capire come iscriversi senza fare minimamente mercato i risultati non possono che essere questi, almeno all’inizio. Castori e Ribery pronti a trascinare con la loro esperienza i campani alla pronta risalita. Ottime notizie per Juric, ma ancora tantissimo lavoro da fare per l’allenatore ex Verona.

Milan che sogna grazie a Leao e ad un redivivo Ibra che entra e spacca in due una partita dominata in lungo ed in largo dagli uomini si Pioli. Ora il ritorno a casa in Champions, per poi concentrarsi solo sul campionato, nel segno delle conferme e della progettazione da grande squadra. Complimenti a Maldini.

1000esima dolcissima per Mou che vince senza convincere troppo nel pericoloso scontro con un Sassuolo preparato al millimetro. Partita al cardiopalma risolta da una perla di colui del quale tutti si erano dimenticati: Il faraone El Shaarawy pronto a riprendersi la Roma.

Nel Monday night della serie A una partita molto chiusa tra il Bologna di Mihaijlovic ed il Verona, risolta da una staffilata all’angolino di Svanberg.
Sconfitta amara per Di Francesco, che lascia la panchina degli scaligeri dopo sole tre partite. (Scelta anch’essa che non condivido).
Al suo posto Tudor.

Siamo arrivati alla fine del nostro appuntamento settimanale con il grande calcio della Seria A. Un saluto a tutti i lettori.

Bentornata Seria A !!

Il nostro redattore Alessandro Tasso, ci racconterà di settimana in settimana, le giornate del campionato di calcio di Seria A.

Si è appena conclusa la prima giornata di campionato con tante riconferme e qualche gradita sorpresa.

Parte a razzo l’Inter, la nuova conpagine di Simone Inzaghi schianta con 4 reti il Genoa proseguendo sulla falsa riga di ciò che aveva cominciato e concluso Antonio Conte alla guida della beneamata.

Ancora da lavorare per il grifone, Ballardini attenderà rinforzi vitali nelle ultime ore di mercato, dopo le partenze di pilastri della scorsa  quali Destro, Radovanovic, Strootman e Scamacca.

Parte bene l’avventura di Sarri sulla panchina della Lazio lì da dove tutto era cominciato per l’allenatore toscano ossia ad Empoli, sua seconda casa.

Si riconferma l’Atalanta che batte al fotofinish un bel Torino non in grado di capitalizzare al meglio le occasioni avute e punito dalla zampata da rapace del baby Piccoli al minuto 94.

Bene anche il Sassuolo che porta a casa 3 punti contro un ostico Verona alla prima di Dionisi e Di Francesco sulle rispettive panchine. Prima vittoria nella massima serie per l’allenatore ex Empoli.

Pazza rimonta del Bologna che con una doppietta di De silvestri mette la freccia per una vittoria soffertissima davanti ad una quadrata e combattiva Salernitana, al ritorno in serie A dopo tanti, troppi anni di purgatorio per una squadra con quella storia.

Stecca la Juve 2.0 di Max Allegri che si fa rimontare dal due a zero alla Dacia Arena di Udine, decivisi gli errori del portiere Sczesny, sotto accusa dopo una settimana da incubo conclusa con uno sfortunato incidente d’auto.

Il Napoli fatica ma batte il Venezia con una prestazione convincente a tratti condizionata dalla precoce espulsione del nigeriano Osihmen per il quale si prospetta uno stop di due giornate, saltando il big match con la Juventus.

Ok anche l’esordio in campionato della nuova Roma di mou, trascinata dalla doppietta di Veretout e da uno scatenato Abraham che sulla falsa riga di cio’ che accadde con Sneijder circa 11 anni fa, viene buttato nella mischia dal portoghese appena sceso dall’aereo di arrivo a Roma.

Pareggio pieno di emezioni tra lo Spezia del neo allenatore Thiago Motta ed il Cagliari salvato dal solito intramontabile Joao pedro.

Vince infine il Milan con la rete di un frizzante Brahim Diaz pronto a prendere le redini morali e tecniche dei rossoneri (Ibra permettendo). Positivo anche l’esordio dell’atteso Maignan atteso dal difficile compito di far dimenticare al più presto l’amara parentesi Donnarumma.

Sneakers Boy: da Montegranaro al tetto del mondo

rubrica a cura di Alessandro Tasso

La nuova rubrica, ideata dal nostro giovane redattore Alessandro Tasso, ci farà compagnia ogni lunedì e parlerà di sport a 360 gradi..

Nella mia personale visione del mondo, mi hanno sempre affascinato particolari caratteristiche, ormai distanti dai canoni nostrani come l’umiltà, la capacità di adattamento, la resilienza…

Ecco la storia che cercherò di riassumere in poche righe le contiene tutte quante, impersonificate da un elemento a dir poco particolare, il suo nome è Pj Tucker.

Un cagnaccio, grande, grosso e gentile che, considerato non adatto al basket Nba, cerca fortune nel 2011 in Italia, più precisamente a Montegranaro.

Dopo aver girato un po’ per l’Europa, nel 2012 firma a Phoenix, mettendo inizio ufficialmente alla sua avventura nella lega a stelle e strisce.

Nel 2016, accasatosi a Houston, trova l’allenatore con i precetti che gli cambieranno definitivamente la carriera ma anche vita: Mike D’antoni.

Quello scienziato della palla a spicchi che passato anche per Milano, a mio personale parere ha rivoluzionato completamente il modo di intendere basket come lo vediamo oggi. Il lungo processo di epurazione dei lunghi rozzi e duri è sicuramente progredito grazie alle sue squadre.

In questa stagione quando i Bucks lo hanno voluto, perché decisamente congeniale agli schemi di coach Budenholzer, non ci ha pensato nemmeno un secondo ed in un battito di ciglia si è presentato a Milwaukee. Si capisce fin da subito che il connubio tra giocatore e franchigia potrebbe essere vincente.

Pj arrivando da anni di vorrei ma non posso con il Barba a trainare dei Rockets mai realmente decollati, si è messo subito a disposizione mettendo sul tavolo tutti i suoi colpi e la sua grande voglia di vincere per i compagni. Nello schema di Budenholzer, con ovviamente Giannis a trainare ed a monopolizzare quasi del tutto i possessi della squadra, gli è sempre stato chiesto di tirare dagli angoli sugli scarichi.

Ed in difesa? Bhe ovviamente si prende sempre la star della squadra avversaria, cercando di limitare la loro potenza offensiva, cosa che gli riesce meravigliosamente.

Per definizione l’operaio è quel lavoratore subordinato che segue le direttive di un capo.

Senza l’operaio l’azienda non guadagna, senza guadagnare chiude la baracca.

La franchigia a rischio rivoluzione dopo l’ennesima occasione persa alle finals 2019, trova l’ingranaggio mancante nella figura più inaspettata e lavoratrice all’interno della National Basketball Assotation. E sfido chiunque a dire il contrario. È liberando Giannis dai compiti in marcatura che si è potuta sprigionare tutta la potenza del greco offensivamente e questo, soprattutto contro i Nets ed i Suns, è stato di vitale importanza ed a posteriori si è rivelata la mossa vincente.

Nelle due serie finali è stato il cuore pulsante in ogni azione difensiva, un fuoco perpetuo che ardeva sul parquet delle partite più attese dell’anno, un motivo secolare per i tifosi di entrambe le franchigie.

Una volta un uomo discretamente famoso proveniente da una piccola fattoria sperduta all’interno dello stato dell’Indiana disse:” Ho una teoria: se si da il 100% tutto il tempo in qualche modo le cose si risolveranno alla fine”. Il suo nome era Larry Bird uno dei primi 10 giocatori mai esistiti e che fondamentalmente ha cambiato la storia del gioco.

Pj ha seguito alla lettera ogni parola di questa così strabiliante quanto umile frase e si preso la sua rivincita contro le malelingue, contro chi gli diceva che era un semplice giocatore di rotazione per squadre che puntavano ai playoff, contro chi lo dava per finito dopo il disastro di Houston.

La vittoria dello Sneaker Boy (nome affidatogli per la sua particolare attrazione per le scarpe) è la vittoria di tutti, di quelli spesso sottovalutati, ma con lavoro e fatica si sono presi la loro tozza fetta di torta di uno degli anelli più storici e rocamboleschi, per le sorprese avute prima e dopo i playoff, della storia del basket Nba.

Scendendo a compromessi ma mai perdendo l’identità iniziale.

Semplicemente Pj Tucker, un “rozzo” ma intelligente operaio nell’Olimpo dei campioni.

Ball don’t lie.

L’importanza del processo

di Alessandro Tasso
Accogliamo un nuovo intervento di Alessandro Tasso, una riflessione che si rivela uno sfogo vero e proprio.

In queste settimane così sedentarie sulla carta, nella realtà dei fatti sto vivendo il periodo più critico e paranormale della mia vita.
Un qualcosa così lontano dall’immaginario avente nella mia piccola e fin troppo fanciullesca mente ad inizio di questo anno pieno zeppo di sciagure e falsità.
Scrivo questo vero e proprio sfogo di getto dopo un’altra prestazione indecente della magica Cairese, ormai tragicamente simbolo di un “non progresso” in piena caduta libera.
Tutto ciò mi spinge allo sviluppo di un pensiero che balenava nella mia testa già da diverso tempo: l’importanza del processo.

Ho sempre avuto un pensiero talvolta controcorrente, ho sempre pensato che la valutazione personale di un qualcosa debba essere fatta in base a ciò che si merita e non in base a ciò che si ottiene.
Immaginare nel mondo di oggi di dire tutto ciò può sembrare assurdo. Questo discorso può essere espanso a quasi tutto lo scibile umano, ci credo fermamente.
Per me in un mondo come quello di oggi, con gigantesca rilevanza mediatica si dovrebbe essere premiati meritatamente e lecitamente.
Ma talvolta non è così e ci troviamo a commentare situazioni come quelle che stiamo vivendo oggi.
È scandaloso cercare di difendere un’organizzazione statale che sta facendo emergere tutta la fuffa nascosta dai costanti e fuorvianti complimenti ricevuti dalle testate giornalistiche.
Mi fa ribrezzo continuare a giustificare dei danni permanenti in una sanità allo sfascio, gestita al contrario, in un mondo dei balocchi in cui il figlio del figlio per un qualsiasi malanno ha la precedenza rispetto ad una donna malata terminale di 56 anni.

Quella vecchia volpe di mio padre per anni mi ha parlato di personaggi che l’hanno influenzato in maniera netta nella vita, tra i quali uno di quelli che mi ha colpito di più è stato il grande Luis Menotti, allenatore di vita prima che di calcio.
Il “Flaco” capostipite di una vera e propria scuola di pensiero, ogni qual volta possibile citava questa  sorta di massima cartesiana: “la vita è come una giardino su di un angolo di 90°, c’è chi arriva a destinazione pulito facendo il giro più lungo e chi calpestando i fiori.”
Spero si possano aprire le coscienze dei più dubbiosi su argomenti delicati a cui nessuno pensa e chi di dovere possa avere un moto d’orgoglio.

E ricordate non preoccupatevi se non si premia un percorso che ha ottenuto meno di ciò che meritava, l’ingiustizia è molto comune.
Ma quando viene premiato come bravo chi non lo è, questo è molto dannoso per tutti.
Citando il caro Lawrence Ferlinghetti: “Pietà per la nazione i cui uomini sono pecore e i cui pastori sono guide cattive“.
Ci pensino lassù.

Alessandro Tasso: riscoprire i valori della quotidianità

di Alessandro Tasso

Ci sarebbero tante cose che potrei scrivere di questo anno appena trascorso, passato nel segno di disgrazie incommensurabili e non di gioie come speravo.
Ci ritroviamo ogni anno nei meandri della nostra psiche a tirare le somme, cercando uno spiraglio di luce in talvolta buchi neri senza fine.
Ecco probabilmente il proposito da cui partire è proprio questo, vivere nella speranza che l’anno appena trascorso sia solo una piccola ma significativa macchia nell’esistenza delle persone, un qualcosa dal quale attingere forza ogni qualvolta ci sentiamo soli, tristi ed assenti.
Ricominciare a vivere la vita con una brillantezza rinnovata, arma trascendente nel cuore di chi lotta.
Riscoprire i valori della quotidianità e migliorare ovviamente quelle piccole grandi cose che ci frenano.
Il mio più grande proposito per questo 2021 sarà quello di tornare a passare quelle giornate intrise di follia e “tremendismo” che contraddistinguono ogni anima granata.