Mondiale addio: la depressione sovietica sportiva dell’Italia calcistica

di Alessandro Tasso
Il nostro redattore ci racconta le emozioni e ci illustra con razionalità e lucidità una della più brutte pagine dell'Italia calcistica. 

Non so bene da dove cominciare.
In una serata così amara è difficile poter trovare qualche spiraglio in un progetto che,  alla conclusione dei fatti, ha palesato l’inadeguatezza di fondo del sistema calcio italiano.
La sconfitta con Macedonia è la quella di tutti noi italiani, di un popolo che si è sempre identificato con il carattere che la propria nazionale calcistica ha sempre contraddistinto. La quale purtroppo anche questa volta ha deluso le aspettative.


La mia analisi, nonostante la forte pressione emotiva dettata dal momento, cerca di volgere ai motivi di tale catastrofe sportiva senza dover necessariamente puntare il dito su qualcuno, sarebbe troppo facile..
Andando con ordine penso che il sistema progettato dalle giovanili sia completamente incoerente e poco redditizio, poiché l’onta esotica decisamente rilevante negli ultimi anni ha portato i dirigenti italiani a cercare talenti al di fuori dei nostri confini, poiché ritenuti più pronti, più competitivi.


Tutto ciò dettato da un’indifferenza generale da parte di un paese arretrato a 360° che non ha ancora capito, facendo un enorme sforzo mentale, che purtroppo la programmazione e la coesione sportiva partono dal basso, dalle piccole cose e non da obbiettivi raggiunti che fanno da facciata ai tanti danni, costruzioni lasciate a metà o non al passo con i tempi che defirei con un termine prettamente architettonico di “stampo sovietico”, accomunati da quelle “depressione” a dir estenuante.
Gli americani privi di epica, hanno sfoderato l’arma segreta chiamata Sport, che ha formato umanamente uomini e donne rivoluzionarie nel loro piccolo, il vero motore dell’orgoglio nazionale che viene schiacciato da tutte quelle cose a dir poco oppressive ed inutili che albergano nella nostra misera quotidianità.


Quindi il sistema sarebbe da ricostruire dalle ceneri di questo disastro, continuando però su alcune particolarità della falsa riga che ha caratterizzato il nostro percorso con il CT Mancini dal giorno del suo incarico, ossia dare lo spazio a quella meritocrazia di fondo che rendere il tutto molto più semplice e coeso.  Quell’impostazione mentale che ha portato la nostra nazionale a stravolgere l’Europa con un gioco a tratti spumeggiante, la quale purtroppo si è persa in queste qualificazioni. Ma si sa con il senno di poi è facile parlare, soprattutto per chi come noi fa questo di mestiere.


In un articolo buttato giù in un particolare momento di difficoltà della mia giovane vita,  scrissi prendendo in uso il sapere di persone più intelligenti ed esperte di me:
“Ricordate non preoccupatevi se non si premia un percorso che ha ottenuto meno di ciò che meritava, l’ingiustizia è molto comune. Ma quando viene premiato come bravo chi non lo è, questo è molto dannoso per tutti”.
Di impressionante attualità, ci pensi chi di dovere.

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