Il tempo dei Chiostri tra Parma, Piacenza e Reggio Emilia

Riceviamo e pubblichiamo
Un tour alla scoperta dei luoghi di meditazione e d’arte  nel cuore spirituale di Visit Emilia.
Chiostro piccolo
Chiostri di San Pietro
Reggio Emilia credit Visit Emilia

A volte, si può andare oltre l’evidenza di una facciata strabiliante per scoprire i gioielli più intimi e da quelli partire per poi tornare in superficie e lasciarsi incantare dalla meraviglia che investe lo sguardo. Adottando questa filosofia, è possibile approcciarsi ad abbazie, chiese, complessi monastici e borghi di cui il territorio compreso tra le province di Parma, Piacenza e Reggio Emilia è ricchissimo, iniziando dai chiostri. Cuore di strutture dall’ingegnosa progettazione che offrono allo stesso tempo nutrimento per occhi distratti dagli infiniti tic del paesaggio urbano, sono spazi segreti ma aperti a chiunque intenda la spiritualità in senso neutro, come momento intimo e personale, e a quanti, molto semplicemente, vogliano passeggiare con lo sguardo e con i piedi in gioielli architettonici che hanno ospitato nei secoli autentiche maratone dialettiche e meditative. Visit Emilia (www.visitemilia.com) propone di seguito una ristretta ma essenziale selezione dei più affascinanti chiostri in campionario (in attesa che l’emergenza sanitaria ci consenta nuovamente di viaggiare lungo la nostra affascinante penisola, n.d.r.).

Monastero di San Giovanni Evangelista
Parma primo chiostro
credit Visit Emilia

Parma 
Assieme alla Cattedrale di Parma, il Monastero di San Giovanni Evangelista è uno scrigno di arte e di storia che non conserva solamente la splendida cupola affrescata dal Correggio e la Storica Spezieria. Tra i segreti meglio custoditi dalle possenti mura del complesso benedettino risalente al X secolo, ci sono ben tre chiostri, un’autentica oasi di pace nel centro storico della città, accessibili sulla destra dell’uscita della chiesa. Appena entrati, ciò che colpisce è il silenzio. La regola benedettina accoglie i visitatori: “Ora et labora” leggiamo lungo la parete del primo chiostro, detto di San Giovanni o della Porta, che è in realtà il più recente. Edificato tra il 1537 e il 1538, presenta un porticato a colonne ioniche, una fontana centrale inaugurata nel 1589 e resti di affreschi del tardo ‘500, come quelli di Leonardo da Monchio ed Ercole Pio, datati 1579. Una porta sulla destra ci fa accedere alla Biblioteca Monumentale, divisa in tre navate, con due file di cinque colonne ioniche che reggono, coi muri perimetrali, il soffitto composto di diciotto volte a tutto sesto. Strabiliante il programma pittorico dall’Abate Stefano Cattaneo da Novara, che comprende 5 carte geografiche, la genealogia di Cristo e 3 cronologie, 4 spazi con illustrazioni delle costruzioni archetipiche dell’Antico Testamento, la celebrazione della vittoria di Lepanto, la decorazione delle volte a grottesche e quella delle lunette sopra le due porte. Sotto la loggia del chiostro successivo, il più antico e non a caso detto del Capitolo, si apre la sala capitolare. Il più grande dei tre è però il Chiostro di San Benedetto, costruito tra il 1508 e il 1512 e caratterizzato da un’elegantissima linea che dà un senso di leggerezza al portico di 36 colonne, ognuna delle quali separata dalla successiva da 26 tondini con figure di santi realizzate Giovanni Battista Merano e Tommaso Aldovrandini a fine ‘600. 

Chiostro di Santa Maria delle Neve
Torrechiara (PR)
foto di Guido Barbi – credit Visit Emilia

Per una gita fuori porta, sempre alla ricerca dei chiostri più suggestivi, si può raggiungere, la Badia di Santa Maria della Neve, fondata da Pier Maria Rossi a Torrechiara nel 1471 attorno alla preesistente chiesa dedicata alla Madonna della Neve. I capitelli del chiostro quattrocentesco richiamano quelli presenti nel cortile d’onore del vicino castello, mentre la campana originaria di “magister Antonius” e una formella in cotto con la Flagellazione, tratta da un marmo dell’Amedeo (1481-84), offrono piacevoli inquadrature tra le armoniose arcate del perimetro quadrangolare.  Qui, un passo dopo l’altro, si può sbirciare negli ambienti che le pareti lasciano intuire: tra essi, un piccolo oratorio impreziosito con affresco raffigurante la Madonna col Bambino in Mandorla.

Abbazia di Chiaravalle della Colomba
foto Perazzoli – credit Visit Emilia

Piacenza 
I 700 anni dalla morte di Dante forniscono lo spunto per una visita all’Abbazia di Chiaravalle della Colomba, inserita nei due Itinerari Culturali del Consiglio d’Europa “Via Francigena” e  “Route  Européenne des Abbayes Cicterciennes” e fondata all’incirca nel 1136 nei pressi di Alseno dallo stesso San Bernardo, che del Sommo Poeta fu l’ultima guida in Paradiso. L’integrità  mantenuta dal trecentesco chiostro quadrato che costituisce il cuore della struttura – il cui nome deriva dalla leggenda secondo la quale fu una bianca colomba a delineare con delle pagliuzze depositate davanti ai monaci il perimetro della futura costruzione – permette di apprezzarne la qualità architettonica, decorativa e mistico-simbolica tipica del medioevo e soprattutto l’affascinante armonia delle parti. Magistrali sono i raccordi e i ritmi contrappuntati di elementi che si moltiplicano per combinarsi in un tutt’uno di sublime coerenza: le simbologie cifrate si insinuano nelle 24 partizioni a quadrifora, così come nelle 96 arcatelle ogivali, nelle 130 colonnine binate in marmo rosa di Verona, nei 20 speroni a contrafforte avanzati e nella cornice ad archetti e tortiglione. Specie alla luce di alcune precise ore del giorno, una passeggiata lungo i 40 metri dell’anello claustrale evoca un passato di meditazione monastica favorita dal contrasto tra rigore esistenziale e splendore artistico, qui sintetizzato in dettagli come le colonne ofitiche, i capitelli figurati o le figure telamoniche agli angoli interni del portico. 

Chiesa di San Sisto a Piacenza
foto di Dassoni – credit Visit Emilia

In questo itinerario alla ricerca dei luoghi del raccoglimento, una menzione meritano poi i chiostri della Chiesa di San Sisto a Piacenza – carissima ai Farnese e custode tra l’altro del monumento funebre a Margherita d’Austria e di una copia della celeberrima Madonna Sistina di Raffaello, il cui originale venne venduto nel 1754 ad Augusto III re di Polonia. Insigne tempio rinascimentale e opera prima di Alessio Tramello, il chiostro  si  presenta allo sguardo dei visitatori che attraversano  il portone di ingresso  come un ampio triportico con ventuno arcate a pieno centro sostenute da colonne in granito; sopra le arcate sono ancora visibili antichi medaglioni affrescati, che raffigurano diciotto immagini di imperatori e abati. 

Abbazia di San Colombano a
Bobbio – Piacenza
credit Visit Emilia

Addentrandosi in Val Trebbia merita poi una visita il complesso dell’Abbazia di San Colombano a Bobbio, nota soprattutto come fonte d’ispirazione – con il suo Scriptorium, oggi purtroppo in gran parte disperso – per “Il nome della Rosa” di Umberto Eco. Fu uno dei più importanti centri monastici d’Europa  durante il Medioevo, l’ultimo fondato in Italia da San Colombano nel 614 e  ancora oggi cuore pulsante, dal punto di vista culturale, del borgo.  

Chiostro grande
Chiostri di San Pietro
Reggio Emilia – credit Visit Emilia

Reggio Emilia 
C’è la mano inconfondibile di Giulio Romano in quel meraviglioso esempio di complesso monumentale del Rinascimento che sono i Chiostri di San Pietro, nel centro storico di Reggio Emilia. Nel cuore dell’antico monastero, colpiscono per la complessità progettuale e l’eterogeneità del disegno. Dei due chiostri, recentemente  magistralmente restaurati, attorno ai quali si articola la struttura, il più piccolo – forse ideato da Alessio Tramello – è un trionfo di volte a botte e cupolette angolari, bifore, timpani e lesene scanalate. Le colonnine binate in marmo rosso e bianco del Clemente e le decorazioni murarie del Moresino completano il colpo d’occhio di questa oasi di pace che favorisce un senso di estrema lontananza dall’incombente caos cittadino. Alla sua raffinatezza da miniatura emiliana, si contrappone armoniosamente l’imponenza scultorea tardo manierista del chiostro grande. La cifra stilistica di Giulio Romano permea un ambiente perimetrato popolato da colonne ioniche alternate da aperture  archivoltate a bugnato, finestre timpanate e nicchie con statue secentesche di santi dell’ordine benedettino. Oggi un percorso poliedrico, uno spazio espositivo, un centro culturale di rilievo internazionale e luogo di partecipazione e confronto, di socialità e innovazione aperta; luogo anche di co-Work con comode postazioni progettate per fornire spazio e servizi informatici, tecnologici e momenti di pause con uno spazio food e caffetteria. 

Chiostri di San Domenico
Reggio Emilia
foto di Riccardo Varini – credit Visit Emilia

Tra i più antichi luoghi di devozione della città, il convento di San Domenico venne  costruito tra il 1233 e il 1236 sull’onda dell’entusiasmo suscitato nella popolazione dalla predicazione di fra Giacomino da Reggio.  Adibito già nel tempo a caserma, poi a  Deposito  Stalloni,  e a  istituto per l’incremento ippico dell’esercito, il complesso cela nel proprio ventre due chiostri che conservano nel loro aspetto l’aura di una storia originalissima. Sul più grande, edificato nel corso del XVI secolo, si affacciavano le celle dei frati, mentre nel chiostro piccolo, dominato dalla fiancata dell’antica chiesa dominicana, il passato si incontra col contemporaneo della scultura “Less Than” di Robert Morris. Nel passaggio fra il primo e il secondo cortile, due lunette lasciano intuire la presenza di dipinti a fresco seicenteschi raffiguranti  “Cristo e una santa Domenicana” e “la Madonna con alcune Domenicane”. L’ala sud dei chiostri è oggi adibita a spazio espositivo, mentre il primo piano è sede dell’Istituto Musicale A. Peri, le cui note rendono ancora più suggestiva l’atmosfera che accoglie chi entra nel chiostro.  

Visit Emilia
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“Abitolario L’esistenza enciclopedica dell’abito nel verso linguisticato”: il libro di Sissi

Riceviamo e pubblichiamo
CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione Università di Parma presenta il libro d’artista di Sissi realizzato nell’ambito di Storie di fili, un progetto di ricerca e di valorizzazione di alcune importanti collezioni.

Abitolario. L’esistenza enciclopedica dell’abito nel verso linguisticato (Il Poligrafo, 2021, pp. 160) è il nuovo libro d’artista di Sissi, a cura di Francesca Zanella e Valentina Rossi, realizzato nell’ambito del primo atto di Storie di fili, un progetto di ricerca e di valorizzazione di alcune importanti collezioni condotto dallo CSAC dell’Università di Parma in partenariato con il Sistema Museale dell’Università di Parma, Equipage srl, nuovo Maglificio Ester sas, Parmamoda srl, Cooperativa Eidè, Fondazione Museo Glauco Lombardi e con il contributo della Fondazione Cariparma.
Il volume rispecchia la ricerca dell’artista tesa a restituire una nuova interpretazione del “sistema vestimentario”, scegliendo la struttura codificata di un dizionario della moda, ma intervenendo nell’apparato di consolidate definizioni proprie di un lessico specializzato, ridefinendolo grazie a una scrittura fondata su un continuo ampliamento dell’ambito semantico. Abitolario è una fila di lemmi alfabeticamente registrati, descritti con una definizione poetica, fatta di giochi di parole e neologismi, a cui si aggiunge un appendice finale con ottanta illustrazioni della serie “Vestirsi con il tempo” che ripercorre la storia del costume dall’antico Egitto all’ultima sfilata di Alexander McQueen del 2010.
Il libro contiene anche un apparato iconografico che restituisce la sezione “Corpi e processi” della mostra Design! Oggetti, processi, esperienze dello CSAC dell’Università di Parma, allestita nelle storiche sale Palazzo Pigorini (fino a 5 aprile 2021, attualmente chiusa per restrizioni anti-Covid) nell’ambito di Parma Capitale Italiana della Cultura 2021: tre nuovi abiti scultura dell’artista Sissi, ideati attraverso un processo di confronto con il patrimonio dello CSAC – in particolare con i figurini di Cinzia Ruggeri, Krizia e Brunetta – e realizzati con le aziende del territorio, danno origine a una riflessione sul corpo, sull’abito e sul suo processo creativo e sartoriale.

Sissi (Daniela Olivieri, Bologna 1977) è artista visiva e performativa, attualmente insegna presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive presso importanti istituzioni italiane e internazionali tra cui: La Biennale di Venezia, MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma, Chelsea Art Museum e Brooklyn Museum di New York, Tate Modern di Londra, Quadriennale di Roma, Neue Galerie am Landesmuseum Joanneum di Graz, MOCA Museum of Contemporary Art di Miami. Ha vinto il Premio Furla per l’Arte, il Premio Alinovi, il Premio New York del Ministero degli Affari Esteri e il Gotham Prize.
Per informazioni su acquisto e distribuzione del volume: www.poligrafo.it

Lo CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione inizia a raccogliere il suo primo nucleo di opere nel 1968 grazie ad Arturo Carlo Quintavalle, in occasione dell’esposizione dedicata a Concetto Pozzati organizzata dall’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Parma. Situato oggi nell’Abbazia cistercense di Valserena, conserva materiali originali della comunicazione visiva, della ricerca artistica e progettuale italiana a partire dai primi decenni del XX secolo. Un patrimonio di oltre 12 milioni di pezzi suddivisi in cinque sezioni: Arte (oltre 1.700 dipinti, 300 sculture, 17.000 disegni), Fotografia (con oltre 300 fondi e più di 9 milioni di immagini), Media (7.000 bozzetti di manifesti, 2.000 manifesti cinematografici, 11.000 disegni di satira e fumetto e 3.000 disegni per illustrazione), Progetto (1.500.000 disegni, 800 maquette, 2000 oggetti e circa 70.000 pezzi tra figurini, disegni, schizzi, abiti e riviste di Moda) e Spettacolo (100 film originali, 4.000 video-tape e numerosi apparecchi cinematografici antichi). Lo CSAC oggi è uno spazio multifunzionale, dove si integrano un Archivio, un Museo e un Centro di Ricerca e Didattica. Una formula unica in Italia, che mantiene e potenzia le attività sino a ora condotte di consulenza e collaborazione all’istruzione universitaria con seminari, workshop e tirocini, di organizzazione di mostre e pubblicazione dei rispettivi cataloghi (oltre 120 dal 1969 ad oggi), e di prestito e supporto ad esposizioni in altri musei tra cui la Triennale di Milano, il MAXXI di Roma, il MoMA di New York, il Centre Pompidou di Parigi, il Tokyo Design Center, il Design Museum di Londra, il Folkwang Museum di Essen e il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid.

Busseto Ouverture: un luogo dell’anima in provincia di Parma

Riceviamo e pubblichiamo
Un angolo di Food Valley che ha partorito Giuseppe Verdi e adottato Giovannino Guareschi.
Casa natale Giuseppe Verdi
foto Lorenzo Moreni
credit Busseto Terra di Verdi

È un luogo dell’anima, Busseto (PR). Uno di quei posti, per usare una terminologia familiare ai territori della Food Vally e nel cuore di Visit Emilia (http://www.visitemilia.com), che giustificano il detto secondo cui nella botte piccola c’è il vino buono. Una magia evocata dalla nebbia, un’aria sublime che emerge dalla partitura orchestrale, un dettaglio che è in grado di ispirare un’opera d’arte.
Tutto, qui, parla di Giuseppe Verdi, illustre cittadino nato il 10 ottobre del 1813 in una casa rurale in frazione Roncole che oggi, affacciata sulla chiesa nella quale apprese i primi rudimenti d’organo, è il museo multimediale dal quale partire per andare alla scoperta di una marcia trionfale nel mondo della musica. Il busto bronzeo che accoglie i visitatori sembra suggerire che c’è di più, che bisogna spostarsi a Busseto, dove un’altra statua del compositore veglia sulla piazza centrale.

Casa Barezzi
credit Busseto Terra di Verdi

L’impressione di essere avvolti nel suono prodotto da un’orchestra si fa più forte volgendo lo sguardo verso Casa Barezzi, trasformata nel 1979 in museo verdiano ma un tempo dimora dell’imprenditore che scoprì il talento di quello che sarebbe diventato suo genero, sposandone la figlia Margherita. Queste stanze, che espongono cimeli, lettere autografe, ritratti, documenti e memorabilia, sono il laboratorio in cui vennero studiate e composte le sinfonie giovanili di Verdi, che nel Salone ottocentesco – allora sede della Filarmonica Bussetana e in seguito affidato alla cura dell’Associazione Amici di Verdi – tenne la sua prima esibizione pubblica.
Il più bel salotto cittadino è però il Teatro Giuseppe Verdi, ricavato all’interno della Rocca (già Castello dei Pallavicino) di fondazione duecentesca e inaugurato nel 1868 con una rappresentazione del Rigoletto disertata dal suo stesso autore che, per qualche motivo, mai mise piede nell’edificio a lui dedicato. Anche i più grandi possono sbagliare, perché il gioiello lirico di Busseto, con una capienza di 300 spettatori, è considerato un simbolo della melodrammatica verdiana, frequentato negli anni da leggende come Arturo Toscanini, Franco Zeffirelli e Riccardo Muti.

Villa Pallavicino
Museo nazionale Giuseppe Verdi
credit Busseto Terra di Verdi

Alla mondanità delle esecuzioni in pompa magna, il Maestro avrebbe preferito probabilmente il silenzio del parco che circonda la cinquecentesca Villa Pallavicino, le sue sale affrescate da Evangelista Draghi, Ilario Spolverini e Pietro Rubini e decorate dagli stucchi di Carlo Bossi: anticamente denominata “Boffalora” e popolarmente Palazzo dei Marchesi, è tra le più splendide residenze nobiliari del Parmense, con pianta a cinque moduli a scacchiera che ricordano lo stemma dei Signori di Busseto. Attraverso le riproduzioni delle scenografie originali di Casa Ricordi, le luci teatrali, i costumi delle eroine verdiane, il salotto, la sala della musica, la sala della Messa da Requiem e le audioguide in 4 lingue con testi di Philippe Daverio, il Museo Nazionale Giuseppe Verdi che qui ha sede racconta la vita e l’arte del compositore lirico più rappresentato al mondo, mentre le scuderie accolgono il Museo Renata Tebaldi. Inaugurato nel 2014 e intitolato a una delle più famose interpreti delle opere del Maestro, lo spazio passa idealmente il testimone di una visita a Busseto, culla del melodramma ma anche incrocio di coordinate ricchissimo di spunti che non si fermano alla musica e alle sue straordinarie personalità.

I dintorni di Busseto
credit Busseto Terra di Verdi

«Busseto è senza dubbio la terra di Verdi – commenta Marzia Marchesi, Assessore al Turismo del Comune di Busseto – ma bisogna sottolineare come il legame tra il Maestro e la sua città natale non sia che un punto di partenza per scoprire un luogo incredibilmente ricco di attrattive. Non dimentichiamo, ad esempio, Guareschi».
Giovannino Guareschi, appunto. Proprio a pochi passi dalla casa natale di Giuseppe Verdi, questo figlio adottivo di Busseto volle aprire nel 1964 un bar con annesso ristorante, che oggi è sede dell’esposizione permanente dedicata allo scrittore. Nell’ex sala da pranzo di Casa Guareschi a Roncole Verdi, Il Club dei Ventitré ha curato l’allestimento della Mostra antologica permanente “Giovannino nostro babbo”, che raccoglie libri, numeri del Candido e del Bertoldo, appunti, disegni, vignette, lettere e molto altro ancora sulla vita e le opere dello scrittore di Fontanelle, creatore, tra le altre cose, della saga di Don Camillo e Peppone. Al piccolo Centro Studi del primo piano si aggiunge l’Archivio Guareschi, monumentale collezione di più di 200.000 documenti.

Teatro Giuseppe Verdi di Busseto
foto di Lorenzo Moreni
credit Busseto Terra di Verdi

Tornando a Busseto, è praticamente impossibile non rimanere conquistati dal Palazzo del Monte di Pietà, costruito intorno agli anni ’80 del 1600 su progetto di Domenico Valmagini, prestigiosa e fornitissima biblioteca con numerose cinquecentine e libri antichi di proprietà  della  Fondazione Cariparma.
I grandi portici al piano terra, la facciata e le eleganti cornici delle finestre dai timpani alternati sono un significativo esempio di architettura farnesiana in epoca barocca.
Se fosse finita qui sarebbe già moltissimo. E invece ci sono ancora le opere di straordinari artisti originari di o legati a Busseto – come Alberto Pasini, Vincenzo Campi e Gioacchino Levi – e la cultura enogastronomica, con i famosi insaccati, decantati peraltro dallo stesso Giuseppe Verdi, grande amante di quella cucina schietta e genuina tipica di queste terre. C’è la tradizionale spongata, torta dalla forma piatta e rotonda, la cui ricetta – a base di pane abbrustolito, amaretti, noci, miele, zucchero, pinoli, uva sultanina, chiodi di garofano, noce moscata, cannella, scorza d’arancia, vino bianco – è documentata fin dal ‘300.

Chiesa di San Bartolomeo
credit Busseto Terra di Verdi

E ancora non è tutto, perché Busseto è anche cibo per gli occhi e per lo spirito, come dimostrano la quattrocentesca Collegiata di San Bartolomeo – costruita tra il 1437 al 1450 per volere di Orlando Pallavicino il Magnifico – l’adiacente piccola Chiesa della Santissima Trinità, dove il Maestro si sposò con Margherita Barezzi, e la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, con la famosa rappresentazione scultorea del Compianto.
«Forse chi la vive ogni giorno non si rende nemmeno conto di quanto Busseto abbia da offrire – riflette ancora l’Assessore Marzia MarchesiMa passeggiando per le strade si ha l’impressione di immergersi in un universo imprevedibile, che a ogni angolo può colpirti al cuore con una sorpresa, che sia essa un sapore, uno scorcio o il ricordo improvviso di un motivo immortale».
Busseto Terra di Verdi
Piazza Verdi, 10 – Busseto
Tel. 052492487
E-mail: info@bussetolive.com
Sito web: www.bussetolive.com 

Statue en plein air: l’Emilia è una galleria d’arte a cielo aperto

Riceviamo e pubblichiamo
Dai cavalli di Piacenza ai monumenti parlanti di Parma, fino a Don Camillo e Peppone a Brescello (RE), le sculture sotto il cielo di Visit Emilia.
Statue Parlanti a Parma, Giuseppe Verdi, foto di Edoardo Fornaciari

Come se non bastassero la natura, i castelli, i teatri e l’arte della cucina che invade ogni angolo della sua superficie una e trina, a identificare Visit Emilia come un autentico museo a cielo aperto partecipano anche statue e sculture di svariato genere, collocate in sontuosi spazi pubblici e in luoghi insospettabili, uniti dall’assenza di pareti e da quel soffitto intangibile eppure imponente che è il cielo. Parma, Piacenza e Reggio Emilia danno vita allora a un’eclettica esposizione della creatività e dell’ingegno che può essere serenamente ammirata in tempi che rendono quantomeno imprevedibile o incerta la possibilità di accedere a mostre e musei. Se vederle per la prima volta è un’esperienza unica, perfino chi è abituato alla loro presenza può cogliere l’occasione per scoprirne nuovi dettagli o ritrovarle inserite in un contesto inedito.

Statue Parlanti a Parma
Correggio – credit Visit Emilia

Le Statue Parlanti e il Sentiero d’Arte
Nel maggio del 2019, a Parma, le statue hanno cominciato a parlare. Dal Gruppo del Sileno situato a Parco Ducale, fino al Verdi seduto che presidia la Casa della Musica in Piazzale San Francesco, sono 16 le sculture alle quali il progetto TalkingTeens ha dato voce. Realizzata con il coinvolgimento di 350 studenti delle scuole superiori, l’iniziativa permette alle opere di comunicare direttamente con turisti e passanti grazie a QR Code, app e smartphone: le istruzioni collocate nei pressi del monumento spiegano come ricevere dal personaggio raffigurato una telefonata esplicativa rispetto alla sua realizzazione, con tanto di dettagli storici, aneddoti e vicende biografiche. Le indicazioni sono presenti anche in braille per non vedenti o ipovedenti, mentre le chiamate possono essere ascoltate in italiano, inglese o, a volte, in dialetto parmigiano.

Sentiero dell’Arte, Giovanni Sala Presenze, 2020 – foto
Michele Riccomini e Alessandro Violi

Uscendo da Parma, il Sentiero d’Arte è pensato per valorizzare il territorio di Langhirano.
Partendo dalla Badia Benedettina verso il rinascimentale Castello di Torrechiara di Pier Maria Rossi, fino a raggiungere il paese di Langhirano, il museo diffuso si integra in un paesaggio intatto e segnato dal corso ondeggiante dell’antico Canale di San Michele. Gli artisti contemporanei selezionati per il progetto hanno realizzato opere di forte valenza intellettuale e poetica che, nel rispetto della specifica situazione ambientale, ne interpretano luci e atmosfere.

Paladino Piacenza, veduta dell’installazione, Piazza Cavalli (Piacenza) ©️Lorenzo Palmieri 2020

I cavalli del Mochi e Mimmo Paladino
Tra i simboli più noti della città di Piacenza, i due monumenti equestri in bronzo realizzati nel ‘600 dallo scultore Francesco Mochi da Montevarchi sono talmente considerati da aver determinato il nome di Piazza dei Cavalli. Poggiate su basamenti in marmo bianco di Carrara, le statue di Alessandro e Ranuccio I Farnese sono capolavori assoluti dell’arte barocca, impreziositi da elementi come le targhe, i 16 armoniosi putti, le decorazioni, gli stemmi e, soprattutto, i bassorilievi raffiguranti le Allegorie della pace e del Buon Governo o le scene tratte dalla guerra combattuta da Alessandro stesso nelle Fiandre.

Installazione Mimmo Paladino, foto Comune di Piacenza, Credit Visit Emilia

Fino al 28 febbraio 2021, le due opere residenti dialogheranno con l’installazione monumentale realizzata da Mimmo Paladino, composta da 18 cavalli in vetroresina, ispirati a modelli funerari di origine etrusca. Contenute da e in una base quadrangolare di dodici metri per lato, le sculture contemporanee dell’artista campano sembrano emergere da una dimensione effimera per illuminare con la loro apparizione temporanea due strabilianti esempi della creatività umana.

Statua di Don Camillo a Brescello (RE), foto
di Mario Rebeschini

Dall’arte funeraria romana alle danze contemporanee
Sarebbero monumenti anche se non fossero statue ma rimane comunque il fatto che Don Camillo e Peppone, o meglio le loro versioni in bronzo, sono protagonisti dell’ennesimo e infinito incontro in Piazza Matteotti a Brescello, paese in cui Giovannino Guareschi ha ambientato tutte le vicende della strana coppia. Dalla parte del municipio il sindaco, dalla parte della chiesa il parroco, le due sculture realizzate da Andrea Zangani hanno fatto la loro comparsa nel 2001, a ricordo dei 50 anni dal primo film della saga.
Tra le più interessanti espressioni del rilievo funerario romano di tutta l’Italia settentrionale, il Monumento ai Concordi è un recinto rettangolare rinvenuto a Boretto del 1929 e riposizionato nei Giardini di Reggio Emilia l’anno successivo, per volere dell’allora soprintendente: realizzata in marmo di botticino, l’opera è presumibilmente un reperto del I secolo d.C. e intendeva sottolineare il prestigio di alcuni illustri cittadini della comunità di Brescello. Sempre a Reggio Emilia, sono imperdibili l’Araba Fenice di Luciano Fabro e la Danza di Astri e di stelle di Eliseo Mattiacci, entrambe – rispettivamente collocate nel cortile dell’Università e nella distesa verde della Fondazione Aterballetto – inserite nel progetto “Invito a…”, che ha portato quattro artisti contemporanei di fama internazionale a dialogare con gli spazi della città.

Monumento a Ferrante Gonzaga a Guastalla (RE)
foto di Mario Rebeschini

Dal Palazzo Ducale di Rivalta, dove era parte del complesso ornamentale della Villa, arriva invece la Statua del Crostolo, che dal 1802 fa bella mostra di sé nella centralissima Piazza Prampolini.
Risale infine al 12 novembre del 1888 l’inaugurazione della statua in marmo di Carrara di Lazzaro Spallanzani a Scandiano, nella piazza che, da quel momento, prese il nome dell’illustre scienziato.
Opera di Guglielmo Fornaciari, la scultura mostra lo studioso intento a osservare con la lente d’ingrandimento una rana, realizzata da Vasco Montecchi. Nato nel 1729, il naturalista è il più celebre cittadino del comune ed è considerato anche un precursore della virologia. Fatto che, oggi come oggi, rende quantomeno di buon auspicio una visita al monumento.
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Visit Emilia a due passi dal cielo: cupole e affreschi delle chiese di Parma

Riceviamo e pubblichiamo
Oggi iniziamo un viaggio tra le cupole e gli affreschi delle più straordinarie chiese di Parma, Piacenza e Reggio Emilia: si parte da Parma.

Le chiese sono da sempre custodi di eccezionali opere d’arte. E spesso è proprio guardando in alto, nell’immensità delle loro cupole che si svelano capolavori meravigliosi, affreschi realizzati da grandi artisti del passato. Questo è il periodo ideale per scoprire tali espressioni del genio umano racchiuse nelle più belle chiese di Parma, Piacenza e Reggio Emilia, avvicinandosi all’anima creativa e spirituale di Visit Emilia. Oggi andiamo alla scoperta delle chiese di Parma.
L’arte del Correggio nelle tre cupole di Parma
Antonio Allegri, detto il Correggio
, lavorò a Parma realizzando tre affreschi indiscussi capolavori della storia dell’arte: la Camera di San Paolo (1519), la cupola di San Giovanni Evangelista (1520-1524) e la cupola della Cattedrale (1524-1530) “…la più bella di tutte, che siensi dipinte prima e dopo…” come sottolineava il Mengs nel Settecento.
La Camera di San Paolo è parte dell’ appartamento della Badessa Giovanna da Piacenza. Il soffitto, con volta ad ombrello, fu affrescato da Correggio con uno stile nuovissimo e originale che presuppone la conoscenza del lavoro di Mantegna a Mantova.

Camera di San Paolo. L’affresco del Correggio.

Nella cupola della Basilica di San Giovanni Evangelista di Parma, realizzando un bellissimo affresco che mostra Cristo circondato dagli apostoli. L’anziano Giovanni, protagonista della visione, alla base, è testimonianza dell’abilità dimostrata dal pittore nel gestire le figure in scorcio, qui ben esemplificata nell’architettura di nuvole. 
Imponente e tra i simboli più significativi della città Capitale Italiana della Cultura 2020 + 2021 è il Duomo di Parma. Al suo interno, il Correggio raffigura, con un linguaggio nuovo per l’epoca, fatto di prospettive e scorci che segnano il transito tra terra e cielo in un vortice popolato di nuvole e luce, l’Assunzione della Vergine in cielo. Composizione e movimento si fondono in un capolavoro di illusionismo visivo. Correggio organizzò lo spazio dipinto intorno ad una spirale di corpi in volo, mai vista prima, che sembra annullare l’architettura per dare risalto ai personaggi, i quali, in equilibrio, si liberano in aria. Al centro c’è Cristo che discende dalla luce con una posa plastica per il periodo molto innovativa.

L’affresco del Parmigianino nella basilica di Santa Maria della Steccata di Parma
Tre vergini sagge e tre vergini stolte è il grande affresco del Parmigianino, databile al 1531-1539 e conservato nella volta del presbiterio della basilica di Santa Maria della Steccata a Parma. L’artista, che aveva lavorato per alcuni anni a Bologna, tornò nella sua città per decorare l’abside maggiore della nuova basilica, costruita nel 1521 per opera di Bernardino Zaccagni e del figlio Giovanni Francesco, con il contributo di Antonio da Sangallo il Giovane nel disegno della cupola. La basilica, la cui pianta centrale a croce greca è ispirata al Bramante, è un bellissimo esempio di chiesa del Rinascimento e si trova nella centrale Via Garibaldi di Parma. Il nome proviene dallo steccato di legno che proteggeva il dipinto della Madonna allattante, ora posto sopra l’altare maggiore, molto venerato dai fedeli nell’oratorio che qui si trovava prima della costruzione della chiesa. La cupola, luminosa, è stata decorata da Bernardino Gatti, che dipinse l’Assunzione di Maria fra una moltitudine di santi e patriarchi, mentre Cristo scende verso di lei.

Risalta alla vista il capolavoro di Parmigianino sul grande arcone sopra l’altare maggiore. Sulla destra ha raffigurato le “Vergini sagge” con la lampada accesa e sulla sinistra le “Vergini stolte” con la lampada spenta. Nel catino dell’abside dietro l’altare maggiore, l’affresco dedicato all’Incoronazione della Vergine venne eseguito tra il 1541 e il 1547 da Michelangelo Anselmi su cartoni di Giulio Romano.
È tra le più grandi d’Italia la cupola della Chiesa di Santa Maria del Quartiere di Parma
Una grande cupola affrescata da Pier Antonio Bernabei con il fratello Alessandro e Giovanni Maria Conti della Camera tra il 1626 e il 1629 sovrasta la Chiesa di Santa Maria del Quartiere, nel cuore dell’Oltretorrente parmigiano. La chiesa, a pianta esagonale e sorretta da archi e pilastri, fu chiamata così perché costruita nei pressi del quartiere di una guarnigione militare. La splendida cupola è per dimensioni una delle più grandi d’Italia e la sua decorazione, il cui gusto richiama il Correggio per la moltitudine di figure e l’accalcarsi delle pastose nuvole, raffigura il Paradiso con la Trinità, la Madonna, gli apostoli, i profeti e i santi.
Destinazione Turistica Emilia
Parma – Piacenza – Reggio Emilia
E-mail: info@visitemilia.com
Sito web: www.visitemilia.com 

Venerdì Rai: Elliott Erwitt, “Money Art” e pittori a Parma

Riceviamo e pubblichiamo
Domani, venerdì 22 gennaio, tra i programmi dei palinsesti Rai consigliamo: un documentario sul grande fotogrado Elliot Erwitt; arte  e banche per “Money Art”; Correggio e Parmigianino due pittori a Parma.

Elliott Erwitt, il silenzio ha un bel suono. Una leggenda della fotografia
Un ritratto inedito e intimo del fotografo considerato ormai una vera propria leggenda nella storia della fotografia, firmato da Adriana Lopez Sanfeliu: è il documentario “Elliott Erwitt, il silenzio ha un bel suono”, in onda venerdì 22 gennaio alle 19.30 su Rai5. I suoi scatti iconici raccontano con uno stile unico fatto di semplicità, immediatezza e anche molta ironia i grandi eventi della storia e i piccoli accidenti della quotidianità. E sono allo stesso tempo un incredibile spaccato della nostra società. Uomini politici, presidenti, papi, star del cinema ma anche gente comune e animali domestici: nella sua lunga carriera Elliott Erwitt non ha fatto distinzioni, ed è sempre e solo stato attratto dalla forza delle immagini. Ma dietro la macchina fotografica, al di là del grande artista, c’è un uomo di cui sappiamo molto poco e che, grazie a questo documentario, possiamo conoscere più da vicino. Un uomo che ama il silenzio tanto quanto la compagnia, dotato di una grande ironia nei confronti di sé stesso e del mondo, una persona mite e discreta nonostante il successo raggiunto e ancora profondamente innamorata del suo lavoro.

“Money Art”: l’arte e le banche
Dalla sede storica della Banca Commerciale Italiana di Milano, tra arredi e modanature curati nei minimi particolari, le storie intrecciate di papa Giulio II e di un importante banchiere tedesco, Jacob Fugger (1459 – 1525), detto il Ricco, che attraverso la sua banca finanziò opere artistiche e guerre di papi e di imperatori. Sono le vicende al centro di “Money Art”, in onda venerdì 22 gennaio alle 20.30 su Rai5. Jacob fu il principale banchiere di papa Giulio II, la cui fama è indissolubilmente legata ai progetti artistici che promosse, facendosi mecenate di alcuni dei più grandi pittori, architetti e scultori della storia, offrendo loro la possibilità di creare opere che sono poi diventate i più importanti capolavori dell’arte occidentale di tutti i tempi. Basti pensare a Michelangelo e Raffaello.

Art Night: pittori a Parma. Correggio e Parmigianino
Due artisti di immenso valore la cui fama nei secoli ha subito fortune alterne, ma che oggi hanno finalmente trovato il loro posto tra i grandi della loro epoca. Nell’anno di Parma Capitale Italiana della Cultura, “Art Night” – che Rai Cultura propone venerdì 22 gennaio alle 21.15 su Rai5 – racconta Correggio e Parmigianino in due ritratti eccezionali, realizzati con il Patrocinio del Comune di Parma. Di Correggio abbiamo notizie biografiche incerte, ma opere grandiose. Antonio Allegri detto il Correggio, dal nome del paese in cui è nato, è stato un innovatore, capace di studiare tecniche e tinture che ancora oggi sorprendono i gli studiosi e il documentario in prima visione “Correggio, dall’ombra alla luce”, di Emanuela Avallone e Linda Tugnoli, prodotto da Rai Cultura, indaga come Correggio non abbia subito ottenuto il riconoscimento dei contemporanei, schiacciato da predecessori come Raffaello, Michelangelo, Leonardo. Poi, nei secoli, la sua pittura è stata riscoperta poco alla volta, diventando un pittore amato in tutto il mondo. “Ogni museo del mondo ha un Correggio” dice Sylvain Bellenger, Direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte. L’artista è stato tuttavia amato e copiato dai contemporanei, come racconta Francesca Cappelletti, Direttrice della Galleria Borghese di Roma. “Capace di colpi di genio straordinari”, dice la scrittrice Melania Mazzucco, di fronte alla celebre Danae di Correggio alla Galleria Borghese e descrive il ciclo Amori di Giove, inno alla bellezza e al piacere amoroso, dove la donna, per la prima volta, ha un ruolo attivo da protagonista. Le opere di Correggio spesso sono state nascoste e dimenticate, come il gioiello della Camera della Badessa, nel Convento benedettino di San Paolo a Parma, descritto, tra gli altri, Elisabetta Fadda, professoressa di storia dell’arte rinascimentale presso l’Università degli Studi di Parma. Dopo due secoli di clausura, la camera fu riscoperta nel ‘700 da Mengs, che ne rimase affascinato. Un’altra opera dimenticata è stata scoperta per caso a Fano, da Dario Fo. Proprio lui, drammaturgo, scrittore, attore, ebbe l’intuizione di riconoscere la mano di Correggio in un piccolo ritratto di famiglia. Correggio inoltre fu autore di piccoli dipinti, ma anche immensi affreschi. In una Parma distante dai grandi centri culturali del XVI secolo, Correggio smonta le strutture della prospettiva modellando un immaginario pre-barocco, come nella cupola di San Giovanni Evangelista. Ancora oggi, grazie al restauro guidato da Marcello Castrichini, si scoprono figure mai viste, scelte pittoriche eccezionali, ed una capacità di catturare la luce, che finalmente, con le moderne analisi scientifiche, trova la sua spiegazione. Per poi arrivare alla magnifica cupola del Duomo di Parma, della quale parla lo scrittore Michele Frazzi, descrivendo l’immensa folla di angeli e di santi che accompagna l’ascesa di Maria, come se fosse perfettamente sospesa nel vuoto. Al Complesso Monumentale della Pilotta di Parma il direttore Simone Verde guida alla riscoperta ottocentesca del Correggio che, grazie alle incisioni di Paolo Toschi allora direttore dell’Accademia delle Belle Arti, diventerà l’eroe della pittura nazionale parmigiana, e che oggi la Pilotta celebra con un nuovo allestimento permanente. A seguire, il documentario inedito “Parmigianino, il prodigio e la sconfitta”, produzione originale di Rai Cultura, di Maria Agostinelli e Silvia De Felice, per la regia di Marco Odetto. Un racconto in forma di inchiesta, che ricostruisce il percorso artistico più controverso di Parmigianino. Vasari lo marchiò come alchimista e da allora la sua memoria si perse nelle maglie della storia. Eppure, le opere di Parmigianino sono ancora oggi considerate prove di eccezionale capacità innovativa, come la Madonna dal collo lungo, conservata alla Galleria degli Uffizi di Firenze, o l’Autoritratto entro uno specchio convesso, conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna. 

Dormire tra le Antiche Mura di un romantico borgo in Emilia: scopri la Rocca di Valle di Castrignano

Riceviamo e pubblichiamo
Agriturismo sui colli di Parma. Tra i 16 Alloggi tra Antiche Mura nel circuito dei Castelli del Ducato. Da qui possibili escursioni e tour tra rocche e fortezze. È possibile integrare l’esperienza di soggiorno con tour escursionistico accompagnati dai proprietari “Ambasciatori del Territorio” o da guide ambientali esperte lungo le strade del piccolo borgo, percorrendo sentieri sterrati fino alla suggestiva casa-forte Malavilla.

Dormire in tre caratteristici spazi restaurati di un pregevole borgo di origine medievale, fra massicce case-torre, nella Rocca di Valle di Castrignano, sulle colline di Parma, a pochi chilometri dal Castello di Torrechiara nel circuito dei Castelli del Ducato in Emilia Romagna, sul tracciato della Via Longobarda, uno dei rami della via Francigena.

Rocca di Valle di Castrignano

Dalla primavera 2021 questo magnifico sogno diventa realtà: tra i 16 Alloggi tra Antiche Mura della rete turistica interregionale Castelli del Ducato spicca, infatti, la Rocca di Valle di Castrignano, agriturismo immerso nel verde in collina, nell’area dell’Appennino Tosco-Emiliano Parmense a venti minuti dalla città di Parma, immersi nel paesaggio dell’ “Area Tutelata dei monti Bosso e Sporno”, parte della area MAB UNESCO di recente istituzione.
Le stanze – tre matrimoniali – con travi a vista, pavimenti in cotto o arenaria, tessuti naturali  antichi e mobilio, disegnato e realizzato a completamento dei recenti restauri, vi fanno respirare l’atmosfera antica di una tipica casa contadina parmigiana. Tre stanze matrimoniali, di cui una accessibile anche a persone con disabilità e una mansarda con letto alla francese, tutte dotate di bagno privato con asciugacapelli e set di cortesia, sono ambienti che vi regalano quiete e silenzio.
Oltre a dormire in una tipica casa rurale del tardo ‘400, degustare ottimo Parmigiano Reggiano prodotto dall’azienda agricola Campelli – famiglia proprietaria del borgo – e visitare alcune stanze della Rocca, è possibile integrare l’esperienza di soggiorno con tour escursionistico accompagnati dai proprietari “Ambasciatori del Territorio” o da guide ambientali esperte lungo le strade del piccolo borgo, percorrendo sentieri sterrati fino alla suggestiva casa-forte Malavilla.
La casa-forte Malavilla, con ogni probabilità, era parte del sistema di fortificazioni del Castello di Castrignano: sorge oggi isolata tra i campi coltivati. A pianta rettangolare, si erge su due livelli fuori terra, sormontati da un terzo livello, adibito a colombaia e spazio di guardia, coperto da un tetto a due falde in piane di pietra.

Rocca di Valle di Castrignano

La Rocca di Valle di Castrignano è formata, invece, da due case-torre tardo medievali, sviluppate su piante quadrate o rettangolari, a cui si sono aggiunti lungo i secoli altri edifici che rispondevano alle nuove esigenze abitative dettate dal tempo, come ad esempio il corpo settecentesco impreziosito dal loggiato che dà sul giardino della Rocca. Questo complesso fa uniformemente parte del più ampio borgo di Valle di Castrignano, dove sono presenti altre 2 case-torre oltre ad altri edifici dello stesso periodo.
Le torri difensive della rocca furono edificate tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, erette a presidio della strada di accesso al castello di Castrignano, che appartenne dal 1376 al 1482 ai conti Rossi e dal 1483 alla diocesi di Parma.
L’importanza che ebbe il castello di Castrignano è testimoniata dalla sua rappresentazione negli affreschi della cosiddetta Camera d’Oro del Castello di Torrechiara, magnifica opera realizzata tra il 1448 e il 1460 dal conte Pier Maria Rossi.
L’ampliamento della torre principale tardo medievale, avvenuto nel 1727, si eleva verso valle su tre livelli fuori terra in adiacenza ad essa; al centro della bassa facciata a monte, si apre in corrispondenza del piano nobile il portale d’accesso ad arco ribassato. Il fianco sud-ovest presenta al piano terreno un porticato di due arcate a sesto ribassato, rette da massicci pilastri a base rettangolare, mentre all’ordine superiore si affaccia un loggiato di quattro arcate ribassate, sostenute da pilastri dorici a pianta quadrata e finestre lobate in travertino locale.

Lago Valle Rocca di Castrignano

All’interno di una delle sale settecentesche vi è conservato il dipinto realizzato nel 1836 dal pittore Giuseppe Bissoli (Pontremoli 1814 – Parma 1875), membro dell’Accademia delle Belle Arti di Parma, durante il Ducato di Maria Luigia, raffigurante Domenico Cavatorta, proprietario della Rocca di Valle di Castrignano e probabilmente della pregevole corte Cavatorta, oggi detta Pelosi, situata nel borgo a poca distanza.
Nei primi anni del XX secolo La Rocca di Valle di Castrignano entrò a far parte di uno dei beni della famiglia Campelli, proprietaria di diversi fondi nella provincia sud di Parma, tra i quali l’azienda agricola “Il Fornello”, non distante dalla Rocca e ancora oggi condotta dalla famiglia stessa per la produzione di Parmigiano Reggiano.
In seguito al terremoto del 2008 il torrione principale della rocca fu sottoposto a interventi di restauro e nel 2019 fu parzialmente aperto al pubblico; furono inoltre avviati i lavori di  ristrutturazione della casa-forte Malavilla, con l’intenzione di destinarla a museo della casa-contadina fortificata.
Il complesso, tutelato ai sensi del Codice dei Beni Culturali, è oggi luogo di accoglienza agrituristica.
Per fare un regalo, per prenotare una esperienza indimenticabile nel 2021, contatta: info@castellidelducato.it

Castello di Castrignano

Appena potrete tornare a viaggiare serenamente, mettete nel cuore un tour tra i Castelli del Ducato! Cosa c’è di più romantico?
Nel 2021 è in programma il calendario di iniziative “Ambasciatori del Territorio – con nuovi Occhi”, una rosa di esperienze turistiche-enogastronomiche-culturali memorabili, storie vere, incontri indimenticabili con i proprietari dei Castelli del Ducato che mostrano casa loro in visite esclusive, diverse dai tour guidati in programma tutto l’anno in rocche e manieri aperti al pubblico e sempre visitabili. Le iniziative si aggiungono, infatti, ai normali orari d’apertura nelle roccaforti e ai numerosi eventi già in programma. Gli appuntamenti esclusivi fanno parte del progetto dell’Associazione Castelli del Ducato di Parma, Piacenza e Pontremoli dal titolo “Ambasciatori del Territorio”: un format con il patrocinio di Parma 2020+21 Capitale della Cultura Italiana ed il contributo di Fondazione Cariparma e Destinazione Turistica Emilia PTPL.
ww.castellidelducato.it

Parma: la Palatina svela i suoi manoscritti greci

Riceviamo e pubblichiamo
Parma, la Nuova Pilotta: la Biblioteca Palatina svela al mondo i suoi manoscritti greci.

Il Complesso della Pilotta  ha annunciato che uno dei tesori della Biblioteca Palatina di Parma, i 35 manoscritti greci realizzati tra il X e il XVIII secolo, sono messi a disposizione degli studiosi e degli appassionati di tutto il mondo.
Dietro la pubblicazione online si cela un lavoro scientifico ed un progetto culturale che ha richiesto anni di studi specialistici, interventi tecnici di alto livello e collaborazioni prestigiose, riunendo, accanto alla Palatina e all’Università di Parma, partner del progetto, tre realtà di gran livello: la Chiesi Farmaceutici spa, nella persona del dottor Alberto Chiesi, la Dallara spa, nella persona del dottor Andrea Toso e la ditta Memores di Firenze, nella persona del dottor Gennaro Di Pietro. Chiesi Farmaceutici e Dallara spa hanno garantito i fondi per la digitalizzazione dei preziosi manoscritti, mentre Memores si è occupata dei passaggi tecnici imprescindibili per la pubblicazione delle immagini dei manoscritti.

Questa nuova apertura al mondo è – evidenzia Simone Verde, direttore del Complesso museale statale parmense – un segno di come stiamo realizzando la Nuova Pilotta: non un fortino chiuso di sapere per pochi, ma una piattaforma dove i saperi vengono condivisi, con gli utenti e visitatori locali ma anche con coloro che a Parma non possono venire ma che vogliono conoscere i tesori incredibili della nostra Città. Ovunque essi siano”.
Massimo Magnani, professore di Lingua e Letteratura Greca dell’Università di Parma, è il responsabile scientifico del progetto, oltre che curatore del convegno di studi sui manoscritti greci della Palatina, realizzato in Biblioteca nel novembre del 2019. Il lavoro è stato svolto in collaborazione con la Direzione della Biblioteca Palatina.

La pubblicazione è avvenuta in “Internet Culturale”, portale di accesso al patrimonio delle biblioteche pubbliche e di prestigiose istituzioni culturali italiane, curato dall’Istituto centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche (ICCU).
L’indirizzo da cui è possibile accedere alla collezione è http://www.internetculturale.it/it/41/collezioni-digitali/29848/: ogni singolo manoscritto può essere visualizzato, sfogliato, ingrandendo le pagine o particolari di pagina. Il dettaglio dell’immagine è altissimo, permettendo anche di cogliere il dettaglio fisico delle pergamene o delle carte sulle quali i testi sono stati scritti. La “esplosione” delle miniature, per altro bellissime, consente di percepire particolari che l’occhio umano non riuscirebbe a rilevare.

Ma cosa è stato messo a disposizione del mondo? A questa, che è la domanda fondamentale, risponde la direttrice della Palatina, dottoressa Paola Cirani. “Si tratta – afferma la studiosa – dell’intera raccolta di manoscritti greci della nostra biblioteca. Opere preziose e di enorme interesse, imprescindibili per studiosi di diverse discipline. 11 di essi provengono dal Fondo Palatino, nato dalla raccolta iniziata a Lucca dai Duchi di Borbone, che riunirono manoscritti acquistandoli da importanti collezioni private, come quella dei tre cardinali della famiglia Buonvisi. Uno dei pezzi più preziosi è il Ms. Pal. 5, sontuoso Tetraevangelo, datato intorno all’anno Mille. Altri 24 manoscritti appartengono al Fondo Parmense, dove si trovano grazie all’opera di Paolo Maria Paciaudi (1710-1785), primo bibliotecario della Palatina, e di Giovanni Bernardo de Rossi (1742-1831), artefice della raccolta di quel fondo ebraico di manoscritti e stampati, che rende unica a tutt’oggi la Biblioteca. Tra i tesori di questo fondo vi è il Rotolo in pergamena (Ms. Parm. 1217/2), riunito con altri tre in una custodia, arricchita dallo stemma impresso in oro di Ferdinando di Borbone, oltre all’Etimologico di Simone Grammatico, opera di valore inestimabile.”
Info: http://www.bibliotecapalatina.beniculturali.it

Parma: la Nuova Pilotta entra nella web tv con un proprio canale

Riceviamo e pubblichiamo
Simone Verde: l’obiettivo sono i nuovi pubblici. Da oggi, 29 dicembre, un canale dedicato con” QubìTv, la webtv on demand.

La Nuova Pilotta sbarca nella web tv, a partire dal 29 dicembre, con un canale dedicato che nasce dalla collaborazione della Direzione del Complesso Museale statale con QubìTv, la webtv on demand, che ha redazione e studi nel grande complesso di CUBO, a Parma.
È una webtv dedicata ai temi della cultura di Parma e del territorio, nelle sue diverse declinazioni e prospettive, dall’arte alla musica, dall’intrattenimento alla poesia, dal teatro alla psicologia, dalle piccole e grandi manifestazioni culturali alla magia, dal food alle mostre” illustra il direttore dell’emittente professor Luigi Allegri il quale, nel progetto, ha al suo fianco una squadra di giovani professionisti della comunicazione.

Scapiliata di Leonardo

La filosofia dell’emittente è già indicata nel suo nome QubìTv. Ad essere proposti dall’emittente sono  infatti Quick Bites, produzioni di intrattenimento e news che si possano fruire dallo  smartphone con una durata che arriva fino ai 10 minuti.
A Parma, capitale della gastronomia, quel Qubi viene traslato in Quanto basta:“come il sale o il pepe nelle ricette di cucina, la cultura nelle sue forme differenti è assolutamente necessaria nella vita di ciascuno, ma appunto quanto basta per non appesantire e rendere indigesto il piatto.
Per questo gli interventi saranno brevi, diretti e trasparenti.
La nuova webtv si presenta come un ricco insieme di canali autonomi e compresenti sul sito.

bifacciale – Museo Archeologico

Il visitatore li potrà liberamente, e gratuitamente scegliere, accolto da contenuti sempre rinnovati. Per quanto riguarda la Nuova Pilotta, ogni settimana, nella giornata di martedì, sarà proposto un contenuto originale e, naturalmente, quelli precedenti resteranno comunque accessibili.
La Nuova Pilotta definisce con la redazione, la scaletta e la calendarizzazione delle riprese, riservandosi la parte autoriale (scelta dei temi, loro esposizione, ambientazione, ecc.), mentre la Tv si impegna alla ripresa, al montaggio, alla post-produzione, alla messa online e alla promozione.

El Greco – Guarigione del Cieco

I primi video che entrano nella programmazione del canale tematico della Nuova Pilotta sulla webtv parmense si focalizzano su tre dei massimi tesori del museo: la Scapiliata di Leonardo, il bifacciale del nuovo Museo Archeologico, e la Guarigione del Cieco di El Greco, illustrati dal direttore Verde.
Una tv così impostata offre al nostro Museo – ribadisce Simone Verdela possibilità di raggiungere pubblici diversi. Proprio la struttura a canali indipendenti permetterà di raggruppare nello stesso sito, qubíTV.it, le proposte di soggetti culturali anche molto differenti tra loro, consentendo loro di proporre i propri contenuti a spettatori che molto difficilmente raggiungerebbero coi propri canali istituzionali”.

Parma Capitale Italiana della Cultura: visite virtuali 360° alle mostre di Parma2020+21

Riceviamo e pubblichiamo
Dal 22 dicembre con la Parma Card al prezzo lancio di 5 Euro sarà possibile visitare le mostre di Parma 2020+21 in un’esperienza immersiva accompagnati da guide d’eccezione.
Virtual Tour Sgarbi Ligabue&Vitaloni
ph. Edoardo Fornaciari

Il periodo complesso che stiamo vivendo dall’inizio di quest’anno non ha fermato il motore di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21 e, nonostante musei, siti storici, archivi, teatri e tutte le altre sedi non possano accogliere pubblico e visitatori, le grandi mostre di Parma apriranno le loro porte virtualmente sul portale parma2020.it e sull’App di Parma 2020+21, ai possessori di Parma Card tramite l’iniziativa Cultura Aperta
Grazie a una tecnologia immersiva 360° all’avanguardia, sarà possibile muoversi nelle prestigiose sale dei luoghi della cultura parmigiani accompagnati dalla presentazione di guide d’eccezione, come Arturo Carlo Quintavalle, Leonardo Sangiorgi, Stefano Roffi, Vittorio Sgarbi, che racconteranno le storie e i segreti delle opere esposte durante il primo anno di Capitale Italiana della Cultura.

Virtual Tour Quintavalle Antelami
ph. Edoardo Fornaciari

Per lanciare a livello nazionale e rendere il più possibile fruibile questa innovazione, dal mese di dicembre e fino al 28 febbraio 2021, la Parma Card sarà messa in vendita al prezzo simbolico di 5,00 Euro.
I possessori di Parma Card, infatti, oltre a godere, durante l’anno 2021, di tutti i vantaggi legati agli accessi scontati nei luoghi della cultura, alle offerte esclusive negli esercizi commerciali convenzionati e al trasporto pubblico gratuito, potranno accedere sulla piattaforma di Parma 2020+21 (sito e App) alle visite immersive 360° delle principali mostre previste nel cartellone 2020.

La piattaforma digitale per Parma 2020+21
Grazie alla piattaforma digitale di cui Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21 si è dotata per meglio supportare gli utenti nella visitors experience del patrimonio culturale, nella ricerca delle informazioni di eventi e luoghi d’interesse della provincia parmense, sarà offerta l’occasione, prima del viaggio, di immergersi nella città, nei suoi musei e nelle mostre, grazie a tour virtuali 360°  disponibili sull’applicazione mobile e sul sito ufficiale tramite l’accesso dedicato alla sezione tematica Cultura Aperta che ospiterà le mostre immersive, oppure attraverso il Virtual Tour interattivo dei luoghi della cultura presentesul sito ufficiale (www.parma2020.it/virtualtour). Per gli utenti registrati alla piattaforma e i possessori di una qualsiasi delle Parma Card, sarà possibile, sia da app che da web, accedere a esclusivi contenuti virtuali e vivere un’esperienza unica, immersiva ed esclusiva alla scoperta del patrimonio culturale di Parma e di alcune delle più importanti esposizioni realizzate nell’anno 2020.
Le prime mostre immersive
Le prime mostre virtuali saranno disponibili dal 22 dicembre 2020, ma l’elenco sarà progressivamente aggiornato fino ad arrivare a oltre dieci mostre virtuali entro gennaio 2021. 

foto Studio Azzurro

1. Hospitale – Il futuro della memoria
La più grande installazione di Parma 2020, scaturita dall”immaginario di Studio Azzurro e raccontata dalle parole del curatore Leonardo Sangiorgi. Il tour virtuale dell’Ospedale Vecchio permette di muoversi all’interno di una vera e propria installazione che racconta, attraverso un percorso animato dalle nuove tecnologie, la storia dell’Hospitale nato dalle acque – i suoi canali, i mulini, le alluvioni – per accogliere i malati, poveri, orfani, famiglie in difficoltà, pellegrini che transitavano per la via Emilia e la via Francigena.

ph. Edoardo Fornaciari

2. L’ultimo Romantico. Luigi Magnani il signore della Villa dei Capolavori
Stefano Roffi, critico d’arte e direttore della Fondazione Magnani Rocca, accompagna i visitatori attraverso la mostra omaggio a Luigi Magnani, musicologo-collezionista che amò e promosse con determinazione il dialogo tra pittura, musica e letteratura. La visita immersiva permetterà di scoprire una ricca esposizione di opere che indaga i rapporti più sottili e segreti tra le espressioni artistiche, ne riconosce l’unità fondamentale e riflette sui numerosi possibili interscambi, trasferendo la pittura nel tempo e la musica nello spazio. Oltre cento magnifiche opere che raccontano l’amore congiunto di Magnani per la pittura, la musica, la letteratura, attraverso i suoi interessi e le grandi personalità di ogni tempo che frequentò o alle quali si appassionò.

Foto Amoretti Parma

3. Antelami a Parma: il lavoro dell’uomo, il tempo della terra
Il racconto dello storico e critico dell’arte Arturo Carlo Quintavalle accompagna i visitatori a toccare quasi con mano le statue dei Mesi e delle Stagioni di Benedetto Antelami. Una conversazione a tu per tu tra due grandi maestri per osservare da vicino e comprendere le opere che nell’anno di Parma Capitale hanno lasciato la loro storica collocazione sul loggiato interno del Battistero per mostrarsi ai visitatori, vicine come mai prima. Il Ciclo dei Mesi e delle Stagioni racchiude un potente messaggio attraverso il loro valore simbolico-religioso e raccontadi un’epoca di pieno equilibrio tra uomo e ambiente, tra natura e cultura.

ph. Edoardo Fornaciari

4. Ligabue e Vitaloni. Dare voce alla natura
Un viaggio immersivo nella poetica di Ligabue attraverso un confronto tra la sua pittura e le sculture di Vitaloni, una mostra che indaga la parte animale e istintuale dell’essere umano. Vittorio Sgarbi accompagna i visitatori attraverso le maestose sale sotterranee di Palazzo Tarasconi per indagare la particolare empatiaverso il mondo animale che accomuna Antonio Ligabue e Michele Vitaloni, i quali, narrandone le meraviglie,indagano la natura dell’uomo.