di Novellus Apicio
Inizio questo mio primo articolo con il proporre due parole e provate d’istinto ad accostarle a un qualcosa che sovviene nella vostra mente.
Fritto Misto e Monferrato.
Sicuramente il termine “Fritto Misto” vi porta immediatamente a un bel ristorantino sul mare e a un piatto caldo croccante e profumato composto da pesciolini, anelli di calamari, ciuffi di moscardini, gamberi, ecc. ecc.
E “Monferrato”? Sicuramente alle belle colline che si snodano tra le province di Alessandria e Asti ricche di storia e cultura, coperte di armoniosi vigneti o impervi boschi.
Ora abbino le due parole e vi parlo di “fritto misto” come piatto tipico delle colline del “Monferrato”.
Per i non avvezzi alla “De re coquinaria” (l’arte culinaria) acconsento al sobbalzare sulla sedia e ad esclamare: “Pesci? Ma sulle colline del Monferrato non c’è il mare!. E poi non ho mai pensato che possa esistere un fritto misto con pesci d’acqua dolce”.
Perdonato colui che non sa e posso ammettere che ci può stare che sorga qualche dubbio, ma posso altrettanto assicurare che nel mantovano esiste il fritto misto di pesci d’acqua dolce (e magari prossimamente ne scriveremo).
Le componenti del “fritto misto piemontese o monferrino”, invece, non hanno (forse!) mai visto il mare e di pesce non c’è proprio nulla.
Il “Fritto Misto” (Fricassà mëscià) è uno dei piatti più caratteristici dell’antica tradizione popolare gastronomica piemontese, un piatto tipico dei “giorni di festa”, presente nelle famiglie contadine nella stagione autunno-invernale.
Le origini vanno ricercate, sicuramente, nella notte dei tempi, una tradizione che si tramanda nei secoli, dal mondo contadino.
Si dice che la nascita del “Fritto Misto Piemontese” sia messo in correlazione con un grande evento che generalmente avveniva nei mesi invernali: la macellazione del maiale e del bovino, un tempo anche dell’agnello.
Maiale e bovino erano due pilastri dell’economia di autosostentamento della famiglia contadina e la loro macellazione era veramente un giorno di festa.
Questo piatto è nato per rispondere all’esigenza di consumare in fretta, onde evitare sprechi, le abbondanti parti non idonee alla lunga conservazione, quelle frattaglie, che rimanevano dopo la separazione delle parti nobili da insaccare per la lunga conservazione e per la vendita.
Allora entra in campo l’ingegno delle cuoche di famiglia, semplici, ma con gusto per il pratico, che hanno dato vita, utilizzando un prodotto di seconda linea, a un grande piatto che ancora oggi è molto ricercato e apprezzato.
L’abbondanza di carni in quei giorni, in contrapposizione alla costante scarsità, faceva radunare la famiglia: il tutto, normalmente, accadeva il primo giorno festivo successivo alla macellazione, quella che una volta era la festa di “fine macellazione”.
E per farla ancora più ricca, sempre l’ingegno di chi stava ai fornelli, prese l’abitudine di friggere, fegato, polmone, animelle, rognoni, filoni, cervella, testicoli e tante altre golosità, aggiungendo altri alimenti poveri, come ad esempio i semolini, le mele, gli amaretti e verdure, in ogni caso tipici della tradizione piemontese, creando in questo modo il contrasto dolce-salato che rende tipico questo piatto, il tutto impanato nel pane grattugiato (ottenuto spesso con il pane secco che così veniva recuperato senza spreco) e fritto nell’olio, quell’olio merce di scambio come altri prodotti che giungevano dalla vicina Liguria. Il tutto accompagnato dai sanguinacci.
Nel corso degli anni la preparazione ha subito importanti aggiunte e modifiche, data la facilità con la quale ormai si possono trovare e acquistare costantemente (e non solo più nei giorni immediatamente successivi alla macellazione) svariati tipi di carne.
Il “Fritto Misto Piemontese” si può considerare, e quindi servire, come piatto unico, abbastanza sostanzioso e decisamente ipercalorico.
Nelle varie zone del Piemonte capita, chiedendo il “Fritto Misto Piemontese”, di trovare grandi differenze nella preparazione, anche con l’introduzione di “elementi” che nulla hanno a che vedere con la tradizione gastronomica piemontese ma che si adeguano al cambiamento dei gusti e della fantasia di chi sta in cucina.
Un buon “Fritto Misto Piemontese” lo si può degustare presso l’agriturismo Cascina Smeralda di Mauro Martinotti a Pontestura, in provincia di Alessandria, dove si è cercato di mantenere inalterate le principali componenti di questo piatto con l’aggiunta di un “cremino al cioccolato” per soddisfare il palato dei bambini (e non solo).
La composizione tradizionale è composta da tredici pezzi: fegato (fricassà nèira), polmone (fricassà bianca), rognone, salsiccia, cervella, animelle, filoni, granelle, cosce di rana fritta, carrè di agnello, fettina di vitello, semolino dolce (polenta dossa o friciolìn), amaretto e a cui si devono aggiungere le verdure come la punta di cavolfiore e altre di stagione mentre la composizione attuale proposta dalla Cascina Smeralda si compone di undici pezzi ed è la seguente: fettina di vitello, polmone, fegato, cervella, filone di vitello, salciccia di maiale, semolino, mela, amaretto, carote e cremino al cioccolato.
Buon appetito!
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