Intervista a Giovanni Amighetti in occasione di Ahymé – Festival Interculturale dell’Integrazione

di Giulia Quaranta Provenzano
Oggi vi proponiamo l’intervista a Giovanni Amighetti, con il quale abbiamo fatto una chiacchierata a proposito della realizzazione di Ahymé – Festival Interculturale dell’Integrazione. Ciò nonostante le difficoltà dovute al Covid-19 che, tuttavia, sono state superate grazie all’intesa e al collaborativo impegno tra artisti.

Buongiorno Giovanni! Come si percepisce interiormente come persona ed artisticamente quale produttore e compositore? “Sono un uomo che ha facilità nelle connessioni emotive. Questo determina un mio modo di recepire, vivere e quindi anche di creare in connessione con le altre persone”.

Cosa rappresenta per Lei la musica e quale ritiene essere il potere proprio della Musica e dell’Arte, nonché il loro principale pregio, valore e finalità? “Per come la realizzo io, la musica ha il pregio di essere un linguaggio sia tra musicisti che tra musicisti e pubblico aldilà di limiti dettati da lingue, tradizioni, etnie e sovrastrutture di pensiero. La utilizzo dunque come forma di comunicazione archetipica, che viene prima del linguaggio parlato”.

AHYMÉ – Festival Interculturale dell’Integrazione (link) con quale aspettativa e speranza, proposito ed obiettivo, è venuto alla luce? E vi è un messaggio, nonché imprescindibile urgenza, che Lei vorrebbe sottolineare quale focus portante di tale evento raccontato nel film/concerto girato da Luca Fabbri “INCONTRI SUL PALCO” (video)? “AHYMÉ nasce dalla volontà mia e di Bessou Gnaly Woh di stimolare il senso di fratellanza negli esseri umani e, di conseguenza, è un progetto che ha visto collaborare tra loro musicisti da diverse parti del mondo. Ciò per un risultato comune, senza perdere comunque ciascuno le proprie radici, bensì comunicando ognuno secondo un proprio linguaggio e non adeguandosi a forme importate tipo il blues o una larga parte del jazz. “INCONTRI SUL PALCO” in particolare dacché, essendo stato girato durante il periodo di Covid-19, ha ristretto il focus ai soli musicisti italiani… con interventi, ad esempio, di Fiorenzo Tassinari e Moreno “il Biondo” che provengono dal liscio, Mussida dal prog, Daniele Durante dalla musica tradizionale salentina, Angela Benelli dalla musica classica… Insieme riusciamo a creare nonostante le provenienze stilistiche a volte molto differenti!”.

Integrazione sociale, dal Suo punto di vista, è sinonimo e motore di quale miglioramento nello specifico? “Perdita della paura, paura che é fonte di chiusura e violenze. Un senso di fratellanza porterebbe, al contrario, ad una vita più armoniosa per tutti. L’orticello difeso dalle mitragliatrici e dal filo spinato causa soltanto una vita disagiata, in primis ai proprietari dell’orticello stesso. Inoltre una società che parta da diversi stimoli è sicuramente meno noiosa e autoreferenziale, ha infatti pure input per migliorarsi”.

Ritiene o non Le sembra che le coordinate geografiche, temporali, sociali possano incidere sulla formazione ed azioni/non azioni di una persona? Crede, inoltre, che si nasca come “tabula rasa” o con un patrimonio genetico non solo fisico, ma più propriamente interiore ed intimo ereditato dal passato? “La seconda parte della domanda é davvero molto interessante. Questo argomento é stato fonte di diversi approfondimenti. Io, da differenti esempi, NON credo che si nasca come “tabula rasa”. C’é sia un’eredità fisico-genetica, sia una genetica-comportamentale. Lo vediamo anche in taluni animali che eseguono azioni per istinto, senza aver ricevuto un insegnamento diretto”.

È stato sottolineato che «a causa dell’emergenza pandemica , l’edizione 2020 del festival si è svolta prevalentemente senza pubblico. Il Teatro Asioli di Correggio (RE), lo scorso 26 novembre, ha ospitato a porte chiuse uno spettacolo di musica dal vivo, offrendo la possibilità a tecnici, maestranze e artisti di lavorare». Quale Le pare sia stata la considerazione dello Stato italiano nei confronti degli artisti in piena pandemia dello scorso anno? Lei come ha vissuto emozionalmente il periodo di lock down e cosa ne è conseguito nel Suo caso da questa situazione? “A mio avviso c’é un problema in Italia, rispetto a vari Stati europei, riguardo la ricezione e la comprensione della realtà espressiva. Soprattutto musicale, e lo si può notare anche dall’insegnamento effettivo della materia che avviene soltanto nella scuola secondaria di primo grado. Sia Conte, che il Ministro, hanno fatto diverse gaffe ma il punto é che l’arte in generale non é vista come una necessità reale – bensì come un riempi buchi tra una corsa in ufficio ed una al supermercato. Questa visione miope rischia di rendere gli esseri umani frustrati in tutti i sensi. Ad esempio, nel primo lock down “duro” di marzo 2020 la musica é stata fondamentale per tantissime persone. Lo Stato italiano non é stato però affatto pronto nel gestire le difficoltà dei lavoratori dello spettacolo e nel dare credito a Teatri ed affini, che sono da sempre luoghi con misure di sicurezza (già) molto focalizzate. Al contrario, ad esempio, di Chiese e mercati caratterizzati da effettivi problemi di gestione del pubblico poiché mancanti di esperienza pregressa. La mia esperienza emozionale ha oscillato dal non riuscire, nonostante il tempo a disposizione, a comporre musica positiva al rimboccarmi le maniche per dare un minimo di sollievo, quando possibile, sia agli artisti che alle maestranze con i quali collaboro in Italia. Sono nate, inoltre, nuove collaborazioni che spero di portare avanti in un mondo, tornato, più libero nel prossimo futuro…”.    

Si è posto, non a caso, l’accento sul fatto che «Il docufilm “INCONTRI SUL PALCO” mostra come, nonostante il periodo di restrizioni dovute alla crisi sanitaria, la cultura e la musica non si siano fermati. Gli artisti coinvolti hanno infatti trovato nel Festival, pur a porte chiuse, occasione di incontri, influenze e stimoli creativi che hanno gettato le basi per le proprie produzioni. AHYMÉ ha avuto dunque il ruolo di “laboratorio creativo” in un momento storico in cui artisti e addetti ai lavori sono stati costretti a fermarsi» …Lavorando vicendevolmente a stretto contatto tra notevoli nomi della cultura e dell’arte, ritiene che si venga in qualche maniera “toccati” dall’altrui carisma ed idee quali stimolante linfa creativa vitale ed imprescindibile? “Sì, assolutamente. Il linguaggio musicale é appunto uno scambio, quindi si tratta di personalità che si toccano per creare qualcosa assieme. L’approccio sonoro e una certa calma interiore derivano altresì dal percorso precedente”.  

Purtroppo il genio della pizzica Daniele Durante non c’è più. È diventato, in questo inizio di giugno 2021, un “suspiro suspirando”. Lei che ricordo serba indelebile del direttore artistico del festival La Notte della Taranta, nonché fondatore del Canzoniere Grecanico Salentino? “Di Daniele ho un ricordo principalmente umano, le cene e prove a casa sua e i tanti discorsi che spesso spaziavano oltre il mondo musicale. Era una splendida persona che sapeva vedere “dentro” gli altri. Del suonare insieme invece ricordo i brividi nella parte in crescendo dal Sol di “Solo Andata”, brano che ha scritto con il figlio Mauro su testo di Erri De Luca e si lega ai tentativi di ostracismo verso l’immigrazione sia in partenza che in ricezione”.

Infine, quali le Sue priorità e quali i Suoi prossimi progetti a breve e a più lungo termine? “La mia priorità resta esprimere la musica come dialogo e creazione istantanea. Tralasciando il predeterminato e contattando persone-musicisti con i/le quali creare sul momento musiche capaci di essere a loro volta comunicative. In concreto sto portando avanti una collaborazione in studio e quindi live con Luca Nobis, Jeff Coffin, Petit Solo Diabate, Fiorenzo Tassinari e Valerio “Combass” Bruno che sarà pubblicata come prodotto discografico in autunno. Avremo poi un focus su Wu Fei e donne che si presentino quali artiste complete, visto che socialmente ci sono ancora alcuni limiti in questo senso. Per il lavoro invece prettamente organizzativo Ahymé Festival tornerà a fine settembre”.

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