Oggi per la rubrica “Racconti e Poesie” ospitiamo la sesta parte del racconto di Faber 1961: “Il mistero del libro senza titolo”
Il mistero del libro senza titolo
di Faber 1961

Il tempo era passato velocemente: erano già le 19 e me ne accorsi guardando l’orologio.
Si avvicinava l’ora di cena.
Decisi di sospendere l’osservazione del libro e lo riposi nella libreria; esco dalla biblioteca e mi avvio lungo il corridoio per recarmi nella mia stanza, giusto il tempo per una doccia per presentarmi presentabile alla cena con il conte.
Nel corridoio incrocio Luisa che mi saluta inclinando la testa, le ricordo dell’appuntamento dopo cena e lei annuisce con un movimento del capo.
Mi riavvio nel corridoio, raggiungo la mia camera.
Finita la doccia mi rivesto giusto in tempo per scendere a cena.
Quando apro la porta della sala da pranzo la pendola della stanza a fianco batteva le 20 e il conte era in piedi vicino al tavolo.
«Vittorio! Complimenti per la puntualità. Accomodati, tra poco Luisa ci servirà la cena».
Durante la cena, decisamente di alta qualità e innaffiata da ottimo vino, si parlò di tanti argomenti ma non fu toccato il tema ‘libro misterioso’.
Sto introducendo in bocca l’ultimo cucchiaio di una fantasmagorica crema catalana quando il conte, posando il suo di cucchiaio, mi chiese: «Come sta procedendo l’analisi del libro?».
«Penso di essere quasi arrivato a una conclusione, spero domani di poter svelare qualcosa».
La cena si chiuse con un ottimo amaro artigianale che il conte riceveva costantemente da un luogo segreto che, naturalmente, non mi svelò. Un altro segreto dopo il libro senza titolo.
«Ora mi ritiro nella mia camera: dopo cena una buona lettura e poi il sonno ristoratore per essere pronto per il giorno dopo. L’unico momento della giornata in cui non mi va di essere disturbato. Ci vediamo domani mattina. Spero che tu possa trascorrere una buona notte».
Risposi: «Grazie, domani in tarda mattinata spero di aggiornarti sulla vicenda».
Lasciai appositamente sul tavolo il cellulare: una scusa per tornare indietro e incrociare Luisa per accordarmi.
Usciamo in corridoio e dissi: «Scusami Massimiliano, ho dimenticato il cellulare sul tavolo».
«Vai pure, ci vediamo domani mattina».
Rientro nella sala da pranzo e incrocio Luisa impegnata a sparecchiare.
«Luisa, ci vediamo dopo in camera in tua?»
«Va bene signor Vittorio, facciamo per le 22: penso di aver finito per quell’ora».
«A dopo», esco dalla sala da pranzo e mi avvio in camera.
Entro, chiudo la porta, guardo l’ora: sono le 21,35.
Giusto il tempo per riordinarmi le idee.
Non voglio sembrare precipitoso pertanto aspetto che le 22 siano passate da una decina di minuti per avviarmi verso la stanza di Luisa.
Quando esco dalla mia camera mi appare un corridoio buio, ma è proprio al buio che mi oriento meglio.
Mi avvio, incrocio il corridoio che conduce all’ala del palazzo dove si trovano le stanze private del conte. Proseguo e trovo le scale che mi ha indicato Luisa.

Sfrutto alcune piccole luci di cortesia che mi consentono di non accendere le lampade delle scale.
Arrivato in cima individuo immediatamente la stanza della cameriera: guardo l’ora sono le 22,20.
Busso alla porta e una voce mi dice: «Entri signor Vittorio, la porta è aperta».
Giro la maniglia, apro la porta e mi ritrovo Luisa in accappatoio con in testa un asciugamano a mo’ di turbante.
«Scusa Luisa, sono troppo in anticipo? Torno dopo se vuoi».
«Sono io che sono in ritardo signor Vittorio. Mi sono attardata a rassettare la cucina: il signor conte ama fin troppo la precisione. Ora solo un attimo che mi rivesto».
Istintivamente mi sedetti sul bordo del letto e mi girai dalla parte opposta per non mettere in imbarazzo la ragazza ma uno specchio assai malandrino mi rifletteva l’immagina di lei completamente nuda».
Cercavo di guardare da altre parti ma l’occhio cadeva sullo specchio mentre Luisa si attardava a vestirsi allungando i tempi per asciugarsi fino a quando mi disse: «Signor Vittorio si può anche girare, intanto guardami nello specchio o direttamente cambia poco. Solo quando sono in servizio faccio la timida e l’ossequiosa».
Cerco di guardarla negli occhi ma quel corpo ha un qualcosa di magnetico. Lei se ne accorge e non faceva nulla per nasconderlo alla mia vista.
«Luisa, volevo chiederti se negli ultimi tempi è successo qualcosa di strano o di anomalo in questo palazzo».
Senza rivestirsi si avvicina e si siede vicino a me.
«A pensarci bene si: una sera di qualche settimana fa il conte mi disse che non sarebbe andato immediatamente a letto, che aspettava persone. La cosa mi sembrò strana ma non posso dire altro: Antonio era già tornato a casa, lui non abita qui, e io sono stata accomiatata in fretta e furia e fui costretta a finire di resettare la cucina la mattina seguente».
Luisa prese una pausa, io appoggiai la mia mano sulla sua gamba e lei non fece nulla per allontanarla.
Riprese «Scusami ma non so dire altro, come vedi la mia camera è distante e non ho visto e sentito nulla».
«Grazie lo stesso – risposi – grazie a quello che mi hai detto penso di capire cosa possa essere successo. Affronterò l’argomento con il conte ma senza tirarti in mezzo, so come fargli credere che ho scoperto tutto da solo».
Il tempo di terminare di parlare e dopo avermi detto «Grazie» mi ritrovo le labbra di Luisa appiccicate alle mie e nel volgere di pochi secondi il bacio si fece più intenso e profondo.
Quella notte facemmo l’amore come non l’avevo mai provato prima.
Dormimmo poi insieme, nudi e abbracciati.

Mi svegliai che il sole non era ancora sorto e la sveglia di Luisa non aveva ancora dato segni di vita.
Alzandomi dal letto diedi un tenero bacio a Luisa e le sussurrai: «Meglio che faccia ritorno in camera mia prima che il conte se ne accorga».
Luisa mi sorrise, annuì con la testa e stringendolo come uno scettro mi tirò verso si lei per un ultimo bacio appassionato.
Mi rivestii e tornai, senza fare spiacevoli incontri, nella mia stanza.
Una buona doccia ed eccomi pronto per scendere in biblioteca.
Apro la porta e nel corridoio incrocio Luisa che sorridendo mi chiede cosa desidero per colazione.
«Vado direttamente in biblioteca, mi puoi portare un caffè?»
«Va bene, ti busso perché sai che li dentro non posso entrare».
Mi saluta ed entra in cucina, proseguo fino alla porta, infilo la chiave nella toppa, la apro e rimango di sasso.
Il libro si trovava nuovamente aperto sul tavolo.
Mi avvicino al tavolo dimenticando di chiudere la porta: il libro è aperto su una pagina che mi lascia sgomento.
L’immagine che vedo è spaventosa: in quel mentre sento bussare alla porta.
Mi volto: sulla porta c’è Luisa con il caffè.
Prendo la tazzina e velocemente stampo un bacio sulle labbra a Luisa che sembra apprezzare.
La ringrazio, lei si allontana: chiudo la porta, sorseggio il caffè e fisso il libro.
Non avevo più dubbi: mi trovavo di fronte a un Necronimicon.
Ora devo capire come ha fatto ad arrivare nella biblioteca del conte e, soprattutto, per quale motivo.
Un mistero che mi arrovella il cervello: sicuramente mi manca qualche tassello per comprendere e risolvere il mistero del libro senza titolo, sicuramente il conte potrà essermi utile.
Senza pensarci su esco dalla biblioteca chiudendo la porta a chiave e mi avvio verso l’ufficio del conte.

Sono certo che lo troverò seduto alla sua scrivania.
Busso alla porta.
Pochi secondi e sento dall’altra parte: «Avanti».
Entro, chiudo la porta: il conte Massimiliano Della Spada è seduto alla scrivania con dei carteggi in mano.
Mi fissa attendendo che mi pronunci.
«Massimiliano, credo di essere arrivato a una conclusione ma ho bisogno di porti alcune domande».
«Sono a disposizione».
«Massimiliano percepisco che qualcosa è successo prima che il libro si materializzasse nella tua biblioteca, qualcosa di molto particolare, un qualcosa su cui forse vi siete spinti oltre e se dico vi è perché non eri solo».
«Mi hanno detto che sei un uomo in gamba, Vittorio, ma non credevo così tanto. Hai ragione».
Il conte rimane in silenzio qualche minuto e poi… «Ti racconto tutto, Vittorio accomodiamoci nella sala qui di fianco, saremo più comodi».
(fine sesta parte)
©Fabrizio Capra