“Amore oltre ogni confine” di Giulia Quaranta Provenzano

Proseguiamo oggi con il terzo e quarto capitolo di “Amore oltre ogni confine”, il primo romanzo breve di Giulia Quaranta Provenzano, scritto ed edito nel 2013 con il Centro Editoriale Imperiese. Da allora la trentunenne nostra collaboratrice non ha mai smesso di regalare emozioni. 
"Amore oltre ogni confine"
di Giulia Quaranta Provenzano

3. AVVICINARSI E NON SEPARARSI PIÙA settembre iniziò la scuola media; Rosalie, Leopold e Robert si trovarono nuovamente nella medesima classe. Rosalie era ormai consapevole del fatto che, se non voleva perdere l’amicizia di Robert, doveva continuare ad essere quella ragazzina sincera e spontanea che si era sempre dimostrata negli affetti più cari, ma capì anche che crescendo e frequentandosi assiduamente sarebbe stato naturale l’accrescersi ed intensificarsi della fratellanza tra maschi, come sarebbe accresciuto altresì parimenti l’affiatamento fra femmine in quanto i due sessi avrebbero maturato interessi, che si caratterizzano in quest’età per divenire più specificatamente di genere (calcio per i ragazzi e danza per le ragazze, ad esempio…), in comune. Fu alla luce di questa convinzione che Rosalie si avvicinò a Maggie, una compagna di classe dal carattere taciturno e perciò più affine alla sua indole discreta. Maggie era figlia di una cuoca che l’aveva allevata da sola perché il marito boscaiolo era morto, sepolto da una valanga, poco dopo la nascita della piccola. Proprio il dolore per non aver conosciuto il padre, agli occhi di Rosalie, rendeva la schiva Maggie – diversamente dal giudizio comune – una persona estremamente interessante come solo le anime travagliate riescono ad essere poiché, di solito, per tale ragione sono pure le più interiormente coltivate.

Dopo appena due settimane dall’inizio delle lezioni Rosalie era riuscita sempre un poco di più ad acquisire pratica con Maggie con la quale condivideva non soltanto più il banco bensì anche lunghe passeggiate nella natura, loro passione in comune, quando i professori decisero di mettere la ragazza dagli occhi verdi e il ragazzo dagli occhi d’ebano l’uno accanto all’altro, insieme, nell’ultima fila: fu così che Rosalie e Leopold familiarizzarono e si conquistarono reciprocamente, il cuore. Stando ogni giorno a contatto per cinque ore si conobbero via via meglio e (sì!) trovarono non meno (in) uno straordinario feeling mentale. Condividevano a loro volta risate, ansie, paure e divennero a tal punto complici che si pizzicò allora una corda che – seppure loro stessi fingevano di non udirne la piacevole armonia, in quanto timorosi dell’invidia che suscitavano in chi li vedeva tanto profondamente quanto spontaneamente affiatati – nessuno l’ebbe vinta e ce l’avrebbe davvero mai più fatta a far smettere di risuonare.

Nei tre anni che seguirono, gli insegnanti non cambiarono di posto Rosalie e Leopold nonostante i compagni di classe lo chiedessero insistentemente. Le ragazze erano invaghite di lui che nel frattempo diveniva sempre più un affascinante giovane ed erano gelose di lei che aveva il privilegio di poterlo sfiorare anche solamente con un gomito, quando più lo desiderasse, semplicemente scrivendo qualche appunto; i ragazzi lo volevano come complice delle loro bravate e apripista nella corsa al rimorchio. Rosalie, provvista di un innato pudico contegno, non approfittava mai del fatto di condividere il banco con Leopold per assaporare il dolce calore della sua morbida pelle, fingendo di toccarla inavvertitamente, e Leopold non si prestava al cameratismo né tanto meno al tacchinaggio sfrenato perché non aveva interesse che per Rosalie tanto più che la forte attrazione era reciproca ed appagante, sebbene tacitamente e platonicamente velata. Tra loro c’era una straordinaria alchimia, un rispetto immenso, una grandissima stima ed un vicendevole sorreggersi e proteggersi. Già alquanto prestante e dotato di un’intelligenza vivace, la difendeva dalle lingue biforcute ed impregnate di acida rivalità e risentimento, lei invece di un’intelligenza meticolosa e precisa lo faceva riflettere e calmava poiché la sua eccessiva prontezza di spirito, talvolta, lo rendeva troppo istintivo ed irruento, e meno prudente di quanto il buon senso inviti.  

4. UN LIBRO PER CAPIRE E MALEDIRERobert aveva cementificato tanto l’amicizia con Leopold, continuando a frequentarlo assiduamente, al punto che le loro due famiglie presero a trascorrere tutte le vacanze invernali ed estive insieme ma non per questo si stufò della compagnia di Rosalie; Maggie, d’altro canto, ogni giorno faceva sempre più partecipe dei propri pensieri la compagna di scuola e di molte passeggiate, e le confessò pure diverse volte la sofferenza nell’immaginare continuamente che padre sarebbe stato il suo se fosse stato ancora vivo e per Rosalie ciò era un inestimabile dono segno di fiducia da parte dell’amica. Per quanto invece riguardava il legame che si era creato tra i due innamorati, esso andava ben oltre una semplice attrazione fisica parecchio comune ed assai scontata a sorgere alla loro età: tra Rosalie e Leopold c’era soprattutto infinita voglia di essere l’uno il balsamo dell’altro. Anche la madre del giovine fu costretta a prendere coscienza della non trattabile volontà del figlio affinché Rosalie venisse accolta a casa loro quando, prima delle interrogazioni e delle verifiche, desideravano studiare assieme.

Era l’ultimo mese di scuola, da lì a trenta giorni ci sarebbe stato l’esame di terza media, allorché il professore d’italiano decise inaspettatamente di far leggere un libro che narrava la storia di un primo amore nato tra due compagni di classe invece che trattare un ultimo poeta contemporaneo. Nell’udire questa notizia Robert e Maggie si girarono, allusivamente sorridenti, versi i due vicini di banco loro amici che, all’istante, arrossirono in simultanea. L’insegnate motivò l’inattesa scelta didattica rivelando che del periodo fino ai suoi dodici anni d’età ricordava poco, però non aveva mai dimenticato il sorriso dolce di una ragazzina della sua classe. Questa era stata la prima a fargli capire chiaramente quanto rassicurante e lenitiva di molta inquietudine può dimostrarsi la presenza al proprio fianco di qualcuno da amare. La storia raccontata nel testo si proponeva di far comprendere tale importante insegnamento e motivare gli adolescenti a crescere quali adulti sinceri e responsabili nei confronti dei sentimenti. Sentirsi felici è il traguardo ambito da ogni essere umano, il tesoro così sospirato eppure è una meta alta ed addirittura ultima da raggiungere poiché occorre impegnarsi in una navigazione, che dura tutta la vita, nei luoghi più disparati di un’interiorità da esplorare e non semplice da pacificare. Ciò nonostante, codesto impervio viaggio è più agevole se si ha al proprio fianco una persona fidata, che vuole bene e alla quale volerne …ecco, la lezione da trasmettere agli alunni.

L’insegnante di lettere nominò lettori dell’opera Rosalie e Leopold e non ci fu da stupirsi dell’investitura in quanto i due erano sempre più affiatati. Spesso entrambi invasi da un acceso colore sulle gote chiazzate di macchioline vermiglie, quando non diventavano completamente paonazzi, recitando la parte a loro assegnata. Si ritrovavano intimamente nei pensieri e nelle emozioni dei due innamorati di carta. Come i protagonisti del libro vivevano il proprio amore solo nella pagine del racconto, alla stessa maniera il trasporto tra Rosalie e Leopold prendeva consistenza solamente nelle pieghe più interne e nascoste dei loro cuori. I due ragazzi erano coscienti che senza gioia è difficile vivere davvero, che le creature umane anelano costantemente ad essa e che amarsi liberamente sarebbe stato il primo gradino alla base d’una scala che avrebbe senz’altro suggerito loro certi stabili passi verso una serenità confortante, ma il terribile timore di non piacersi più come da amici – dopo essersi esplicitamente dichiarati, li stava portando a rinunciare a priori ad un’esistenza piena ed appagante seppure chissà se per poco tempo, o no. Forse temevano che il piacere di un’assidua frequentazione non potesse durare per sempre? Avevano il terrore che condividendo le ore non più soltanto in un’aula scolastica si sarebbero stancati di quello che era già un affiatamento viscerale, ad unirli? Seguaci di Aristotele, del quale per il momento avevano appena sentito accennare di sfuggita il nome, erano convinti che nulla di quello che è umano possa rimanere in attività in maniera continua? Così, vilmente, volevano evitarsi un ipotetico amaro disincanto e condannarsi a qualcosa di gran lunga peggiore? Eppure, se non ci si tuffa non si saprà mai cosa c’è in fondo sotto la superficie!    

Rosalie e Leopold imprecavano ogni giorno, ognuno in se stesso, contro la propria ottusa codardia dacché consapevoli che il cercare la letizia è stimolo iscritto nel dna interiore di ciascuno quale esperienza elementare ed ancestrale a cui non v’è chi non vi ambisca. Loro ne volevano una a quattro mani, invero consci di come fosse presumibilmente fattibile e raggiungibile se si fossero dichiarati il comune desio di percorrere mano nella mano quella meravigliosa strada chiamata amore, sennonché non erano in grado di afferrarla (la letizia) dandole un concreto volume. In tale maniera stavano alimentando una testarda infelicità, malattia delle loro giovani anime. Avevano la chiave della stanza della gioia ma non osavano girarla nella serratura; erano viandanti e pellegrini, mendicanti di una vicinissima alba di contentezza. Rinneganti una passione a doppio senso, non riuscivano a capacitarsi che, una volta insinuato un tenero, ma ben radicato e travolgente affetto nel petto, è impossibile richiuderne il coperchio perché così agendo vi si intrappola dentro un virulento tormento – a far/li impazzire.

[Continua…]

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