di Novellus Apicio
Mese di agosto del 1988, avevo appena visitato la splendida città di Spoleto e ci si dirigeva verso Foligno: l’ora di pranzo incombeva e fui attratto da un ristorante, quello delle Fonti del Clitunnio, un’oasi verde nella verde Umbria.
Visto che mancava ancora una decina di minuti all’avvio del servizio di ristorazione mi concessi una breve passeggiata per ammirare una splendida chiesetta paleocristiana, il “Tempietto del Clitunno”, risalente al IV – V secolo.
La passeggiata, manco a dirlo, mi generò un qual certo appetito e, quindi, accolsi con grande gioia il ritorno al ristorante, un posto rustico, molto accattivante che si dimostrò interessante anche dal punto di vista della proposta culinaria.
Tra tutte le tante proposte in menù quella che maggiormente mi colpì e che naturalmente assaggiai furono gli “Strangozzi al tartufo nero di Norcia”, due specialità umbre abbinate: Strangozzi e Tartufo.
“Strangozzi”: si tratta di una pasta lunga a sezione rettangolare (anche quadrata) che ricorda le tagliatelle ma si presenta più sottile.
Tipica dell’Umbria, in particolare nelle zone di Spoleto e Foligno, è una delle più antiche (parrebbe che la sua origine sia etrusca): fatta di sola acqua e farina di grano tenero (eventualmente si può aggiungere un po’ di sale) richiede un impasto consistente, quasi duro, non essendo previsto l’utilizzo delle uova la cui notoria funzione è quella di legare la farina.
Si realizza a mano stendendo una sfoglia, spessa tra i 2 e i 4 mm, che viene poi tagliata a strisce di circa 4 mm di larghezza e di 30 cm di lunghezza.
Trattasi, pertanto, di uno di quei piatti che vengono etichettati come “piatto povero” per la semplicità degli ingredienti e della preparazione.
La forma è simile a quella delle stringhe delle scarpe: il nome, secondo alcune tesi, deriverebbe proprio dalle stringhe utilizzate dai rivoluzionari nello Stato Pontificio per strangolare i preti. L’unione delle parole stringhe e strangolare ha portato al nome “Strangozzi” la cui variante è proprio gli “Strozzapreti” o “Strangolapreti”.
Gli “Strangozzi” si adattano a un’ampia scelta di salse e sughi, in particolare quelli a base di tartufi e funghi. Una delle ricette più conosciute sono gli “Strangozzi alla spoletina” (aglio, olio, peperoncino e pomodoro); altrettanto nota gli “Strangozzi all’aglione” (olio, abbondante aglio a fettine, peperoncino, pomodoro e pepe”. Però questo tipo di pasta si abbina bene anche con “gamberi e zucchine” oppure con le “sarde” o la “salsiccia”.
Però la preparazione che mi ha fatto sognare nello splendido scenario delle fonti sono stati, come detto aprendo l’articolo, gli Strangozzi al tartufo nero che vado a proporre nella versione trovata sul sito internet dell’associazione SapereSapori (www.saperesapori.it)
Strangozzi al tartufo nero
Ingredienti per 6 persone: 500 g. di strangozzi, 100 g. di olio extravergine di oliva, 100 g. di tartufi interi puliti e lavati o, a scelta, tartufo a fettine o in paté, uno spicchio di aglio, una acciuga diliscata, sale e pepe.
Procedimento: per preparare la salsa, scaldare in un tegame largo l’olio, l’aglio e l’acciuga a pezzetti mescolando finché si sarà completamente disciolta, ritirare dal fuoco non appena l’aglio sarà dorato, quindi togliere l’aglio, attendere che l’olio si raffreddi un poco e unire i tartufi grattugiati o tritati, il sale e il pepe. Scolare gli strangozzi lessati al dente, metterli nel tegame della salsa appena preparata e saltarli per un minuto a fuoco vivace.
Naturalmente il pranzo, dopo un secondo a base di agnello e pomodori conditi con un delizioso olio umbro, il tutto annaffiato con vino della casa e acqua minerale tenuta al fresco in una vasca riempita di acqua della fonte, si è chiuso con un’altra specialità: l’Amaro al Tartufo di Norcia del Liquorificio Due Mondi. Uno spettacolo.