Chi beve più vino pro capite nel mondo? Il…

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Anno nuovo, vita nuova: così recita il proverbio e allora perché non traslarlo sulla mia rubrica? Ho iniziato con il giro d’Italia dei vini da me degustati legando il tutto ai miei ricordi, poi sono passato a proporre dei vini sempre legati ai ricordi ma “prendendo un po’ in giro” le descrizioni che di questi vini si fanno. Quindi in una pausa creativa natalizia ho fornito qualche indicazione di vini per le nostre tavole o per regali durante le festività. Ora ho meditato un nuovo percorso che prende spunto da stranezze, curiosità, leggende, ecc. ecc. legate al mondo del vino. Allora diamo il via a questo nuovo percorso de La Capra Enoica…

Eccoci! La Capra Enoica fa un po’ di restyling e avviamo un nuovo corso.
Il mondo del vino è legato a tantissime curiosità, stranezze, leggende… e partendo IMG_7288-27-12-19-11-46proprio da queste vi racconterò ogni venerdì un qualcosa di collegato al vino .
Oggi voglio avviare la rubrica da una “curiosità”.
Vi siete mai chiesti qual è il Paese che consuma più vino pro-capite?
Non affrettatevi ad andare a cercarlo su qualche motore di ricerca… ve lo dico io!
Il VATICANO.
Stupiti?
Il Paese con la popolazione più bassa ha il primato del più alto tasso di consumo pro capite di vino che di anno in anno oscilla tra i 62 e i 74 litri a testa (in alcune statistiche scende anche sotto i 55 ma rimane sempre il più grande consumatore) che non rappresenterebbe un gran consumo (poco meno di un bicchiere al giorno) ma se si tolgono astemi e bambini…
Sarà tutto vino consumato nelle messe? Annacquato però…
A questo punto penserete: vabbè si tratta di un caso isolato: no!
No, perché sul secondo gradino del podio si piazza Andora, il piccolissimo stato vino da messaincastonato nei Pirenei che ha un consumo di circa 50 litri procapite all’anno.
Mentre sul gradino più basso c’è Lussemburgo, il granducato che fin dall’epoca romana è forte consumatrice di vino.
Per trovare una delle nazioni forti produttrici di vino bisogna scendere al quinto posto dove troviamo la Francia (ebbene si ci batte anche nel consumo di vino, che vergogna! E pensare che faccio di tutto per tenere alto il buon nome dell’Italia) preceduta però da Norfolk Island, piccolissima isola dell’Oceano Pacifico con circa 2mila abitanti dedita prevalentemente alla pesca, all’agricoltura, all’allevamento e… al bere ottimo (almeno lo spero) vino.
E l’Italia direte voi? La più grande produttrice di vino è solo nona preceduta da Slovenia, Portogallo e, persino, la Svizzera, dove il vino costa un occhio della testa.
Ci sono varie classifiche poichè il consumo può variare di anno in anno però quasi tutte concordano sulle prime posizioni.
Sconsolato da questa classifica (a volte l’Italia scende anche oltre il decimo posto) voglio ricordare che un buon bicchiere di vino non fa male (meglio che certi intrugli che vengono propinati in alcuni locali), importante è bere sempre in modo consapevole.
Fatta questa chiosa moralizzatrice, il mio pensiero inizia a galoppare e chiaramente va a scivolare su alcune connessioni: Vaticano maggior consumatore pro capite di vino, il vino in Vaticano… allora Vin Santo!
E mi è tornato in mente quando ho bevuto un Vin Santo originale per la prima volta… e non possono, in questa rubrica, non far riaffiorare i ricordi.
Mi trovavo in una sera di novembre di trent’anni fa in un ristorante davanti alla celeberrima Torre di Pisa.
Dopo una lauta cena con specialità locali mi sono concesso un bicchierino (o forse due) Vin_santo2di Vin Santo con i cantuccini, una vera prelibatezza che consiglio a coloro che non l’avessere ancora provato.
Saranno stati i marmi della torre illuminati da una splendida luna novembrina, sarà stata l’incantevole torre pisana che è rimasta pendente anche dopo la cena annaffiata da buon vino… ma l’atmosfera che si è venuta a creare era quasi divina.
Atmosfera divina, Vin Santo, santi, paradiso, Vaticano…
Vaticano, i suoi abitanti, quelli che consumano più vino pro capite? Ma perBacco, quanto bevete?

Natale: dalla Maremma un rosso limited edition firmato Poggio Cagnano

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Da qualche settimana La Capra Enoica sta dedicando la sua rubrica nel suggerire vini da regalare o da portare in tavola a Natale: oggi La Capra Enoica vi porta nella Maremma Toscana con i vini biologici e in limited edition della piccola winery Poggio Cagnano.

unnamedPer le feste ormai alle porte la Cantina Poggio Cagnano svela le nuove annate dei suoi rossi artigianali che parlano dello straordinario territorio della Maremma Toscana. L’Azienda, biologica, sorge a 500 m di altezza tra mare e montagna, su un terreno povero e difficile da lavorare ma ben drenato e quindi ideale per la viticoltura.
I tre rossi, il bianco Vermentino e il Rosato sono frutto di rese molto basse e danno origine a una produzione totale di 10.000 bottiglie/anno.
Sono ora disponibili i tre rossi Maremma Toscana DOC annata 2016.

altaripa__silver.pngAltaripa è un Sangiovese in purezza che a queste altitudini trova un habitat ideale per esprimere le sue caratteristiche più eleganti.
Naso elegante, con sensazioni di piccoli frutti rossi, erbe officinali, piccole spezie e pietra focaia.
Una trama tannica setosa porta al finale profondo e persistente.  Ottimo con piatti elaborati come cacciagione, arrosti e formaggi stagionati.

arenario_copper_v02.pngArenario è un Cabernet estremamente territoriale, profumo imponente e complesso: ribes nero, eucalipto, pepe, caffè.
Vibrante grazie ad una trama tannica fine e stratificata, una bella acidità e un finale importante.
Perfetto per i primi piatti di terra e i secondi di carne rossa.

selvoso_nero.pngSelvoso è un blend(Ciliegiolo e Sangiovese) tipico del territorio in cui sono riassunti tutti i suoi profumi e le sue sfumature: la finezza floreale si sposa ai piccoli frutti di bosco e alle erbe aromatiche chiudendo su note minerali. Al palato è avvolgente e sinuoso, la piacevolezza dei piccoli frutti è sospinta da una bella freschezza. Trova abbinamento con le carni bianche ma anche con molluschi saporiti. Ottimo anche con i salumi freschi o mediamente stagionati.

Nero d’Avola: un vino massiccio ma vellutato… così dicono gli esperti… per me un grande vino!

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Oggi per la rubrica curata da La Capra Enoica si parla di Nero d’Avola.

E lu focu c’hai di dintra
ni lu metti ‘ntra li vini,
oh dilizia senza fini,
l’alma in estasi nì và!
(traduzione: E il fuoco che hai dentro / ce lo metti dentro i vini, / oh delizia senza fine, l’anima in estasi ci và!)
nero davola etichettacon queste parole si conclude la canzone “Sicilia nostra” e ciò sta a significare che oggi, dopo la breve pausa della scorsa settimana dovuta a un vuoto creativo (capita), tratterò di un vino siciliano: il Nero d’Avola.

PILLOLE DI STORIA
Le prime fonti che citano il “Calabrese” risalgono alla fine del 1500 ma è solo dai primi del Novecento che prende il nome di Nero d’Avola.
Sicuramente le sue origini si perdono nei secoli ma il primo che scrisse del vitigno “Calabrese” du il botanico Francesco Cupani nel 1696.
Dapprima utilizzato storicamente come vino da taglio (data la sua alta gradazione), il Nero d’Avola vede il suo sviluppo commerciale agli inizi degli anni sessanta del Novecento e ultimamente ha visto un sostanzioso aumento dei produttori, non solo siciliani, che hanno investito in nuovi impianti.

I RICORDI

Quando degustai per la prima volta un Nero d’Avola? Mi pare di ricordare intorno ai primi anni 90 quando, ora dell’aperitivo, nel bar di un amico chiesi un rosso e lui mi rispose “Ti va bene un Nero d’Avola”.
Nero-d-Avola-red-native-Sicilian-grapeMi colse leggermente distratto al punto che risposi: “Ma che ca… volo! Uno come te mi propone un nero da tavola”.
Ne sortì un esilarante siparietto fin quando non mi fece vedere l’etichetta ed esclamai: “Potevi dirlo subito che mi proponevi un Nero d’Avola”… e vi lascio immaginare il gestaccio che l’amico indirizzò nei miei confronti.
Da allora non in modo esagerato, ogni tanto, un buon bicchiere di Nero d’Avola l’ho sempre apprezzato anche se mai misi piede in terra siciliana mi permetteva di sentirmi partecipe di un territorio.

ORIGINE DEL NOME
Il termine “Calabrese” utilizzato prima dell’attuale denominazione potrebbe essere fonte di confusione, ma il Nero d’Avola nulla ha a che fare con la Regione Calabria. Il 06_MG_9334-vigneto-nero-davola-900x599termine è l’italianizzazione della parola composta “calaulìsi”, formata dall’unione di “calea” (uva in Siciliano antico) e “aulìsi” (ossia originaria di Avola).

PENSIERO… MEDITATIVO
Dato il fatto che la zona di produzione del Nero d’Avola è vasta e ogni zona influisce sulle caratteristiche del vino mi sono trovato davanti a analisi sensoriali variopinte.
Come al solito la frutta abbonda (qualcuno ci ha trovato anche le ciliegie sotto spirito, che forse aveva mangiato prima di degustare il vino) e anche le spezie per non dimenticarci dei fiori (anche secchi o appassiti).
Eccezionale il ritrovarci dentro sentori balsamici, soprattutto di eucalipto ma, anche, liquirizia e rabarbaro: ma il vino lo si fa in cantina o nel sotterraneo di un sinistro erborista che miscela le sue erbe rare?
Però ci sono altri termini che ne fanno un qualcosa di meditativo e che vi raccolgo brevemente:
1- sono vini di forte carattere talvolta un po’ spigolosi, talvolta molte eleganti…
2- è un rosso massiccio ma vellutato dotato di profondità… ma non esplosivo (per fortuna per il nostro apparato gastro-digerente)
3- il frutto può essere maturo ma non è mai una bomba fruttata in stile Bolgheri-Super Tuscan
bottiglie4- il Nero d’Avola è un vino che ha sete… , si percepiscono i sapori della Sicilia più torrida, il sole che batte implacabile con la brezza del mare che ulula in lontananza… (brezza del mare ululà, cantina con Nero d’Avola ululì, questa non potevo lasciarmela scappare…)
5- è un vino arido, non aspettatevi tanta morbidezza (se è arido, è arido)
6- ma non è mai un bouquet paffuto o ridondante…
E come cantava il mio amico Donatello a Sanremo nel 1970… Io mi fermo qui… perché non trovo parole per commentare questa fantasiosa esplosione di saggezza enoica che supera la mia già fervida fantasia.

AFORISMA DELLA SETTIMANA
Il vino, specialmente in Italia, è la poesia della terra. Mario Soldati

 

Soave un grande vino veneto… tipico e pregiato

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Oggi per la rubrica curata da La Capra Enoica si parla di Soave, importante vino veneto.

Vino pazzo che suole spingere anche l’uomo molto saggio
a intonare una canzone e a ridere di gusto
e lo manda su a danzare, e lascia sfuggire qualche parola
che era meglio tacere
questa volta ho scomodato Omero per proporre un signor vino bianco, il Soave.

PILLOLE DI STORIA
La vite nelle zone di produzione del Soave esistevano già circa 40milioni di anni fa, ne sono testimoni reperti archeologici.
bottiglia bicchiereCassiodoro, prima dell’anno mille, si raccomandava di non far mai mancare sulla tavola reale vini  veneti da uve bianche soavissimi e corposi capaci di esprimere “chiara purità….gioviale candidezza e soavità incredibile”.
In età barbarica il Soave perse molto del suo potenziale per via dell’abbandono dei vigneti.
Lo sviluppo della coltivazione del vigneto si ha tra il 1228 anno dello Statuto Ezzeliniano e il 1500 quando si migliorano le tecniche per agevolare la raccolta delle uve, ovvero l’introduzione del “palo secco”.
È nell’Ottocento che da un confronto con i vini del Reno e i Tokay ungheresi si ricerca un miglioramento della qualità cercando soprattutto quelli che erano i terreni maggiormente vocati.
Il 9 giugno 1901 nasce la Cantina Sociale del Soave al fine di tutelare questo vino.
Ma nel ‘900 anche il Soave patisce le malattie che colpiscono i vigneti italiani ma la grande forza del mondo produttivo impegnato a ricostituire il patrimonio vitato da il via a quello che diventerà il Consorzio di Tutela Vino Soave e Recioto di Soave.
Nel 1931 viene riconosciuto, primo tra tutti, come vino “tipico e pregiato”.
Dal 1968 si  può fregiare della DOC e poi nel 2001 il Soave Superiore ottiene la DOCG.

I RICORDI

Nel lontano 1995 passai le ferie estive sul Lago di Garda, per la precisione a Peschiera, e bottiglienelle varie “scorribande” nei paesi gardesani lato provincia di Verona sovente mi imbattei nel Soave quale vino servito al ristorante oppure acquistato nei supermercati e nei negozi per pasteggiare nel bungalow.
La memoria mi ricorda che anche negli anni precedente qualche Soave acquistato in un noto supermercato da una lettera lunga mi aggradava, ma, e rimango fermo nella mia opinione, il vino bevuto sul territorio di produzione, al massimo nelle strette vicinanze, si assapora maggiormente e ti fa vivere momenti veramente particolari perché ti da immedesimare con il territorio stesso.
Da allora, per non offuscare un bel ricordo, non bevvi più Soave.

ORIGINE DEL NOME
Il nome Soave, almeno così viene affermato, deriva dagli Svevi (Suaves) calati in Italia con Alboino, re Longobardo.

PENSIERO… MEDITATIVO
vignetiHo fortemente rischiato di lasciare in bianco questa parte dell’articolo.
Le solite cose: la mandorla, la pesca, la mela, la pera, uno ci ha sentito anche l’ananas… insomma la solito macedonia su cui ho già scritto e correrei, quindi, il rischio di ripertemi.
Non dimentichiamo anche la fiorista: fiori bianchi, sambuco, violetta.
Stavo per gettare la spugna quando sono incappato in questa descrizione: i terreni vulcanici inoltre si rivelano con decise note di porfido, pietra focaia e selce…
… e ho pensato che mi mancava questo aspetto mineralogico: ma chi ha mai assaggiato porfido, pietra focaia e selce per dire che il vino ha questo gusto o qualcuno ci ha provato pensando che prima o poi poteva anche servire.

AFORISMA DELLA SETTIMANA
Vino e musica furono sempre per me i migliori cavatappi. Anton Cechov

 

Passerina: i ricordi di Ancona e il fascino dei… lieviti

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Oggi per la rubrica curata da La Capra Enoica si parla di Passerina conducendoci nella storia, nei ricordi e, soprattutto, nelle stranezze elargite per commentare il vino.

Mentre di là nella sala si gioca alle carte
coi volti infuocati ed i nasi paonazzi
e le bocche allargate a masticare canditi
e gli occhi annacquati dal vino bevuto.
Così cantava un grande artista marchigiano, Ivan Graziani, nella sua canzone “Ballata per 4 stagioni”. Questa canzone mi porta nelle Marche dove ho assaggiato alcuni ottimi vini tra cui la… pardon… il Passerina.

PILLOLE DI STORIA
foto-territorioSi tratta di un vitigno molto antico, forse parente del Trebbiano, autoctono dell’Italia centrale la cui provenienza è contesa tra le provincia di Frosinone e le Marche: gli esperti propendono, però, per quest’ultima, probabilmente originario della fascia adriatica. Confuso sovente con altri vitigni ebbe, a partire dagli anni 60 del secolo scorso,  un crollo con una crisi che durò decenni. Recentemente è stata pienamente recuperata e rappresenta un vino apprezzato, soprattutto da quando a questo vino è stata riconosciuta la Denominazione, grazie anche a viticoltori lungimiranti capaci di produrre vini di grande personalità.

I RICORDI
header-aziendaHo avuto l’opportunità di conoscere e assaggiare questo splendido vino sia fermo sia spumante in uno splendido press tour nelle Marche organizzato da Tipicità, di quelli organizzati veramente bene. Assaggiare questo splendido vino in un contesto come quello vissuto ad Ancona per Tipicità in Blu tra bellezze del territorio, monumenti e storia, specialità gastronomiche e ottima compagnia è risultato un grande valore aggiunto. E quando tutto ciò che ci circonda è un qualcosa di “giusto” anche quello che si degusta lo si apprezza molto di più e lascia ottimi ricordi. Due Passerina meritevoli: quello “brut” Moncaro, vino di benvenuto degustato sulla terrazza dell’hotel SeePort e quello fermo sulla nave della Adria Ferries, il Passerina Ciù Ciù, assaggiato durante il pranzo.

ORIGINE DEL NOME
passerina moncaroIl curioso nome si deve ai passeri che sono ghiotti dei suoi piccoli acini, in quanto la polpa sembra di particolare qualità e bontà nonché al suo sapore zuccherino concentrato. Una curiosità è legata a uno dei suoi sinonimi: Cacciadebiti, termine nato dal fatto che in passato veniva utilizzato come “moneta” di pagamento.

PENSIERO… MEDITATIVO
Ed eccomi qui, in modo implacabile, ad analizzare qualche descrizione. Qualcuno ha commentato il Passerina parlando di passerina ciu ciusfumature di frutta gialla. C’è che ci ha trovato i frutti tropicali, le spezie, i fiori, note mielate e agrumate, albicocca, pesca, pera, fiori bianchi, timo, salvia, ginestra, mandorle e finale minerale però tutto preciso e intenso… preciso? Come può essere preciso un vino di cui ci si possono trovare una decina di aromi differenti? Chi ha commentato il Passerina spumantizzato ha evidenziato “il fascino dei lieviti”… il fascino? Da quando in qua un lievito ha fascino? A dire il vero il fascino ce l’ha il vino che mi ha proprio stregato.

AFORISMA DELLA SETTIMANA
Il vino è poesia imbottigliata. Robert Louis Stevenson

Alessandria: i vini premiati con il “Marengo d’oro”. Le iniziative promozionali della Camera di Commercio

Riceviamo e pubblichiamo
Nel corso di una conferenza stampa tenuta in Camera di Commercio ad Alessandria sono stati resi noti i vincitori del Premio Marengo d’Oro 2019, concorso enologico della provincia, e le iniziative ad esso collegato.

fotoSi sono concluse nel mese di maggio 2019 le selezioni dei vini partecipanti al concorso enologico organizzato dalla Camera di Commercio di Alessandria tramite la propria azienda speciale ASPERIA, previa autorizzazione del MIPAAF.
Si sono aggiudicati l’onorificenza più ambita, Premio Marengo d’Oro 2019, i seguenti vini:
Marengo d’Oro per la categoria Vini Spumanti: Alta Langa Bianco Extra Brut 2014 – Cuvée Aurora dell’impresa Banfi srl Cantine in Strevi
Marengo d’Oro per la categoria Vini Bianchi: Gavi del Comune di Gavi 2017 – Etichetta nera dell’impresa La Chiara Società Semplice Agricola di Gavi
Marengo d’Oro per la categoria Vini Rossi: Colli Tortonesi Barbera Superiore 2017 – Cascina La Zerba di Volpedo dell’impresa Cantine Volpi di Tortona
Marengo d’Oro per la categoria Vini Aromatici: Strevi Passito 2011 – Reverentia dell’impresa Cà di Cicul di Strevi.
Ad essi si aggiungono:
Premio Marengo DOC Giovani: Barbera d’Asti 2016 – Filari corti dell’impresa Olivero Daniele di Cassine
Premio Marengo DOC Biologico: Ovada 2017dell’impresa Castello di Grillano Az. Agr. Carlotta e Rivarola di Ovada
Premio Marengo DOC Donna: Strevi Passito 2011 – Reverentia dell’impresa Cà di Cicul di Strevi.
Sono 24 i vini doc e docg che avendo ottenuto almeno 88 punti su 100, si possono fregiare del riconoscimento della Selezione Speciale, mentre il diploma “Premio Marengo DOC” è stato assegnato a ben 55 i vini che hanno raggiunto il punteggio di 85/100.
Per diffondere e promuovere i risultati della competizione è stata programmata una campagna di comunicazione integrata, realizzando pagine pubblicitarie, materiale pubblicitario cartaceo ed una campagna Facebook.
Una prima occasione di assaggio di tali vini è stata offerta dalla Giornata dell’Economia, celebrata lo scorso 11 luglio presso la Camera di Commercio di Alessandria.
logoNel corso della Giornata dell’Economia – appuntamento annuale che fotografa i principali indicatori economici della provincia di Alessandria – è stata analizzata anche, fra gli altri argomenti, la performance provinciale 2018 sull’export, a cui contribuisce in maniera significativa il comparto della vitivinicoltura alessandrina: 6,8 miliardi di euro, oltre il 60% del pil provinciale, per una variazione percentuale di +5,5% rispetto al 2017, dato superiore alla media regionale e dell’Italia nord-occidentale. In quest’ambito, il vino (insieme a birra, bibite analcoliche e acque minerali) ha segnato +3% rispetto al 2017, per un valore di 6,6 milioni di euro di esportazione in più (valore complessivo export: 220 milioni di euro).
INCOMING BUYER STRANIERI 2019
L’iniziativa si riferisce principalmente alla realizzazione di un incoming di operatori esteri, allo scopo di facilitare le imprese interessate a stabilire nuovi contatti commerciali e nello stesso tempo di promuovere le eccellenze vitivinicole della provincia di Alessandria.
Analoghe azioni si sono svolte a partire dal 2014 nell’ambito del progetto “Scouting e assistenza delle nuove imprese esportatrici in provincia di Alessandria”, finanziato dal Fondo di Perequazione 2013, e considerato l’apprezzamento dell’iniziativa sia da parte delle imprese sia dagli operatori stranieri, che hanno visitato parecchie aziende ed hanno concluso affari successivamente agli incontri effettuati, l’esperienza è stata replicata nelle successive annualità.
L’iniziativa è in programma nella seconda metà di ottobre, indicativamente tra il 14 ed il 17 ottobre 2019 e vedrà la partecipazione di operatori esteri provenienti principalmente da paesi europei.
Come per il 2017 e il 2018, in concomitanza con l’arrivo dei buyer che quindi parteciperanno all’evento, verrà organizzata il prossimo 14 ottobre la cerimonia di premiazione dei vincitori del 45° Premio Marengo DOC.
INIZIATIVA PRESSO SERRAVALLE DESIGNER OUTLET
vini premiatiIl concept store “ledolciterre”, avviato al Serravalle Designer Outlet dal Consorzio Turistico “Terre di Fausto Coppi”, che rappresenta un format innovativo di grande successo elevando i produttori di vini e specialità da “ambasciatori del territorio”, nell’abito del progetto di collaborazione con la Camera di Commercio di Alessandria, si rende disponibile ad un progetto di promozione diretta riservato alle aziende vincitrici del 45° Concorso enologico “Premio Marengo DOC”.
Tutti i venerdì, partire dal mese di agosto 2019 sino a gennaio 2020, viene messo a disposizione uno spazio attrezzato presso lo store, a titolo completamente gratuito, per proporre degustazioni, distribuire materiale promozionale, sviluppare contatti diretti con visitatori che arrivano da ogni parte d’Italia e del mondo.
LE TAVOLE DEL TARTUFO 2019
L’iniziativa promozionale proposta da Asperia, già realizzata a partire dal 2015, vuole valorizzare il territorio ed il tartufo attraverso la diffusione del calendario fieristico provinciale riguardante il rinomato prodotto e con la collaborazione delle strutture ristorative Marchio Q (ristoranti ed agriturismi) della provincia di Alessandria che vorranno aderire.
Ciascun ristorante o agriturismo partecipante, entro il limite massimo di 30 strutture ammesse, riceverà 12 bottiglie dei vini premiati al 45° Premio Marengo DOC da porre in degustazione durante una giornata ricompresa nel periodo ottobre – dicembre 2019.
Anche quest’anno verrà realizzato apposito materiale pubblicitario che sarà distribuito presso ciascuna struttura aderente all’iniziativa e presso i Comuni della provincia che organizzano fiere ed appuntamenti che vedono il pregiato tartufo dei nostri territori il principale protagonista.
Le date delle fiere, i riferimenti delle strutture aderenti e le date delle degustazioni dalle stesse organizzate, saranno diffusi anche sui media, sui social network e su pagine pubblicitarie pubblicate sulle principali testate locali nonché su riviste specializzate.

Franciacorta Rosè: un grande vino, un grande territorio

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Oggi per la rubrica curata da La Capra Enoica si parla del Franciacorta Rosè conducendoci nella storia, nei ricordi e, soprattutto, nelle stranezze elargite per commentare il vino.

viticultura_sostenibilitaDame el bianc dame el negher l’importante è esi alegher”…
Così recita il ritornello di una canzone popolare milanese cantata da Roberto Brivio, grandissimo artista meneghino, ex componente de I Gufi, e rappresenta in modo chiaro il dubbio che albergava in me all’atto di scegliere di quale vino scrivere oggi… bianco o rosso?
Fugato ogni dubbio ho deciso: scriverò del Franciacorta Rosè.

PILLOLE DI STORIA
Vinaccioli risalenti all’epoca delle palafitte ritrovati in scavi archeologici nel territorio di Provaglio d’Iseo ci dimostrano come già nella preistoria la vite esisteva ma, guarda caso, le prime testimonianze scritte ci giungono dagli autori classici latini: Plinio, Colummella e Virgilio.
Se parliamo degli antichi romani non possiamo fare a meno di parlare dei religiosi che tra il IX e l’XI secolo ci attestano l’importanza della viticoltura, per l’economia medievale, in Franciacorta.
viticultura_originiestoriaNel 1400 la viticoltura si concentra nella fascia collinare suburbana.
Interessante, invece, è stato scoprire che l’attuale delimitazione territoriale, quella datata 2011, esisteva già all’epoca del dominio della Serenissima in un atto del Doge di Venezia Francesco Foscari  datato 1429 (della serie è difficile inventarsi qualcosa di nuovo).
Arriviamo al 1570 quando il medico bresciano Gerolamo Conforti va a scrivere il “Libellus de vino mordaci”, uno dei primi testi dove si racconta della fermentazione in bottiglia per la preparazione dei vini spumanti.
Gabriele Rosa, nel 1852, nel suo trattato sui vini cita i Franciacorta come “eccellentissimi, racenti e garbi” (termini sempre migliori di quelli usati oggi).
È il 1961 (l’anno in cui sono nato io, che coincidenza) quando vengono elaborate le prime 3000 bottiglie di spumante Franciacorta chiamato “Pinot di Franciacorta”, la prima volta che il nome geografico appare in etichetta.
Il resto è storia attuale.

I RICORDI
la montina extra brut roseMi è capitato in varie occasioni di assaggiare i “Franciacorta” e sempre con grande piacere apprezzandone la qualità, ma la sorpresa più bella è capitata una decina abbondante di anni fa, quando dirigevo un’altra testata online.
Mi fu recapitata a casa una cassetta con una selezione di Franciacorta Brut e non vorrei essere tradito dalla memoria si trattava di vini dell’azienda La Montina (https://lamontina.com/).
la-montina-franciacorta-rose-demi-secA parte il fatto che un omaggio è sempre piacevole da ricevere mi colpi il fatto che tra la selezione inviata c’era anche un Franciacorta Rosè.
Nulla di stravolgente se si pensa che è un prodotto che esiste ma partendo dal fatto che, personalmente, non sono molto attratto dai vini rosati, assaggiato quel Franciacorta Rosè mi riconciliò con questa tipologia di vino.
Ogni tanto un ricordo positivo ci sta.

ORIGINE DEL NOME
Il nome Franciacorta per i vini è facile da comprendere: deriva dal territorio.
E allora andiamo a vedere l’origine di questo nome.
Una tesi tutta da accreditare ci parla di Carlo Magno che con il suo esercito transitò nella zona, ne rimase colpito e vi si stabilì da cui il nome Francia Corta.
Invece maggiormente accreditata è l’ipotesi di una derivazione latina ovvero “francae viticultura_pinot_biancocurtae”, “corti” monastiche “franche”, ovvero esenti dai tributi vescovili.
Il toponimo compare nel lontano 1277 negli Statuti di Brescia come Franzacurta.
Insieme ad Asti e Marsala il Franciacorta è uno dei tre vini che l’Unione Europea riconosce la possibilità di indicazione senza altri termini qualificanti.

PENSIERO… MEDITATIVO
Non sarei La Capra Enoica, forse un po’ dissacratoria, se anche per un vino così importante come il Franciacorta, nello specifico nella versione Rosè, non andavo a leggermi qualche descrizione e, come da mia natura, trovarci qualcosa che mi porta a meditare.
Mi possono anche stare bene le note di ribes e di ciliegie (peraltro appena colte), di fragoline e arancia rossa, sfumature di mandorla fresca, la freschezza del melograno e della mela rossa, i profumi dei frutti di bosco e amarene che già mi fanno pensare di stare da un fruttivendolo piuttosto che in una enoteca ma, la chicca, è la sfumatura di albicocche croccanti… albicocche croccanti? Ma chi le ha mai viste! Acerbe? Quelle senza gusto? Perché se mature, gustose e profumate le albicocche sono morbidissime (di croccante mi ricordo solo mia nonna che i semi delle albicocche le caramellava con lo zucchero e ne faceva, appunto dei croccanti).
viticultura_pinotneroPoi ho proseguito e mi sono ritrovato da un fiorista perché oltre alla frutta i sentori sono anche quelli di petali di peonia e di rosa.
Ma il top è colui che descrivendo un Franciacorta Rosè ci trova un gioco tra il frutto e la crosta di pane (ci mancava di andare anche in panetteria) ma non finisce qui perché ti prende sia al naso sia in bocca. E non commento oltre sulla crosta di pane.
E anche in questo caso qualcuno ci dice che è un vino con evidente carattere stoffa.
Ma un vino che sa di vino? Non riesco più a pensare e meditare.

AFORISMA DELLA SETTIMANA
Ho goduto di grande salute fino alla tarda età, perché tutti i giorni da quando mi ricordo ho consumato una bottiglia di vino, tranne quando non mi sono sentito bene. Allora ho consumato due bottiglie. Vescovo di Siviglia

Prodotti biologici e vino protagonisti in Val Venosta al Mein Matillhof

Riceviamo e pubblichiamo
Prodotti biologici e vini sono i protagonisti in Val Venosta al Mein Matillhof, facente parte del gruppo dei Vinum Hotel. Degustazioni in cantina, escursioni enologiche tra i vigneti, visite guidate nel mondo del vino. Le proposte del Mein Matillhof: “Vino - wellness - benessere” e “Settimana d'autunno”.

Sala da pranzo - Mein MatillhofUn’esplosione di gusto. Gusto stagionale e biologico, per l’esattezza. È l’essenza della gastronomia del Mein Matillhof****Sdi Laces, in Val Venosta, dove i prodotti di prima qualità e il genio del team di cucina conquistano e incantano occhi, palato e cuore.
Appartenente al gruppo dei Vinum Hotel, il Mein Matillhof mette al centro dell’offerta culinaria anche i pregiati vini altoatesini, con degustazioni, visite a cantine ed escursioni tra i vigneti.
Gusto stagionale, biologico e di tempi antichi
Gran parte delle materie prime utilizzate arriva direttamente dalle coltivazioni biologiche di proprietà, in particolare frutta e verdura, tra cui anche varietà antiche, rare e presenti quasi esclusivamente sul territorio locale. Piccole raffinatezze che permettono di assaggiare sapori di un tempo e di ritornare alle origini, al gusto vero, naturale e genuino. Gli altri prodotti provengono dalla regione dell’Alto Adige per uno straordinario viaggio culinario, fatto di piatti leggeri mediterranei, vegani e vegetariani per chi lo preferisce, alimenti alcalini, ingredienti tipici. Il tutto arricchito da veri e Chef Mein Matillhof - (C) Hannes Niederkoflerpropri tesori naturali: erbe aromatiche, piante selvatiche, fiori, oltre che dell’antico sapere sulle proprietà benefiche della natura.
Intolleranze e allergie alimentari non sono un problema, basterà informare la cucina sulle proprie esigenze. Per far sì che tutti possano apprezzare le specialità della casa, senza rinunciare a niente, i cuochi del Mein Matillhof sono particolarmente attenti alle necessità specifiche dei singoli ospiti.
Dalla cucina per celiaci, priva di lattosio e fruttosio, alle prelibatezze vegane e vegetariane presenti tutti i giorni nel buffet e nel menù, fino agli alimenti per allergie alla frutta secca e alle opzioni per diabetici.
La cantina vinicola del X secolo
Struttura del gruppo dei Vinum Hotels, il Mein Matillhof è particolarmente sensibile all’argomento vino. La cantina, con i suoi 900 anni di vita, il tipico soffitto a volta e le botti originali, è un vero e proprio scrigno che custodisce eccellenti etichette, vini pregiati e annate rare.
Cantina Mein MatillhofTutte le settimane qui si svolge un evento di degustazione con il padrone di casa Hansjörg Dietl, grande appassionato ed esperto di vini. È lui stesso ad accompagnare gli ospiti in un vero e proprio viaggio alla scoperta del mondo enologico, tra visite alle aziende vinicole, escursioni enologiche guidate nei vigneti e naturalmente degustazioni a tema.
Situato nella zona vinicola di Merano e dintorni, il Mein Matillhof è in grado di offrire un’esperienza enologica davvero speciale, grazie alla sua posizione, incastonato tra valli e montagne e contraddistinto da un clima alpino-mediterraneo. Le suggestive denominazioni di Lagrein e Gewürztraminer, noto anche come Termeno aromatico, sono apprezzate ben oltre i confini della regione. Rappresentano i vigneti più settentrionali d’Italia, tra i meno estesi per superficie, ma allo stesso tempo sono tra i maggiormente premiati dalle più prestigiose guide enologiche.
Bagno alle vinacce e Törggelen
Il Mein Matillhof mette a disposizione di buongustai e amanti del vino proposte ad hoc. Gourmet Mein Matillhof - (C) Hannes NiederkoflerÈ il caso del pacchetto “Vino – wellness – benessere”, valido per tutta l’estate fino al 10 novembre 2019. L’offerta comprende: 4 pernottamenti in 3/4 pensione gourmet, omaggio di benvenuto in camera, 1 bagno di coppia alle vinacce, 1 escursione enologica guidata, 1 visita guidata con degustazione a un vigneto della Val Venosta, 1 degustazione nella magica atmosfera della cantina del Castelletto con assaggio di vini rari in compagnia del titolare, programma di fitness e relax, libero accesso all’area wellness Natur.Veda.SPA. Il tutto a partire da 582 euro a persona.
Dal 12 ottobre al 3 novembre 2019 si può approfittare della “Settimana d’autunno” comprensiva di: 7 pernottamenti in 3/4 pensione gourmet, omaggio di benvenuto in camera, 1 tradizionale Törggelen, 1 degustazione nella cantina del Castelletto con assaggio di vini rari in compagnia del titolare, 1 visita guidata con degustazione in una cantina vinicola della Val Venosta, 1 escursione enologica guidata, programma di fitness e relax, libero accesso all’area wellness Natur.Veda.SPA. Il tutto a partire da 885 euro a persona.
Info: Mein Matillhof****S, Via H.Pegger 6a, Laces (BZ)- tel. 0473623444 –www.hotelmatillhof.com

Amarone: un gran vino della Valpolicella e il suo incontro con un microonde

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Terzo articolo della nuova serie e si parla di Amarone. Anche se recente getta le sue basi nella storia.

uve amarone… Oste vile su dammi da bere
Quel vino tuo amaro
Io
io bevo…
Scomodo questa volta un maestro del liscio, Franco Bagutti (Calice amaro) per introdurre un vino assaggiato una volta sola e che riserva un mio ricordo particolare per il quale, gli esperti, sarebbero pronti a mettersi le mani nei capelli.
Il vino è il mitico Amarone.

PILLOLE DI STORIA
amarone vecchie bottiglieVi immaginate parlare di un vino senza accennare agli antichi romani: impossibile. Anche l’Amarone non si sottrae a questa legge: di Vino Amaro se ne parlava ai tempi di Catullo (49 a.C.): “calice amariores” (chissà se Bagutti è stato ispirato da Catullo).
Nei primi anni del V secolo è Cassiodoro che cerca l’Acinatico della Valpolicella da portare alla mensa dell’ostrogoto Teodorico: nel 1900 si ipotizza che questo vino sia un “recchiotto amaro”. In questo vino che Cassiodoro cerca ci si ritrova il Rètico di Augusto mentre nel 1543 del Sarayna che parla di vini della Valpolicella “neri, dolci, racenti e maturi”.
Ci sarebbe tanto da scrivere sulla storia ma non voglio dilungarmi e annoiarvi.
Evidenzio solo alcuni passaggi come l’Editto di Rotari che stabiliva pene severe per chi arrecava danno alla vite e multe salate per chi rubava i grappoli.
Scipione Maffei in epoca illuminista propone, in un testo, la dizione “amaro” per indicare il vino “d’una grazia particolare prodotto in Valpolicella”.
I primi esemplari di Amarone in bottiglia – senza etichetta e riservate a parenti e amici – risalgono all’inizio del Novecento.
Il termine Amarone nasce nel 1936, dalla Cantina sociale Valpolicella, per indicare il Recioto Amaro o Recioto Secco; la prima etichetta che porta il nome Amarone è del 1938 ma la commercializzazione prese il via solo nel 1953 da parte della cantina Bolla.

I RICORDI
amarone vignetiIl ricordo dell’Amarone risale ai primi anni 2000, a una fredda sera invernale, in un locale di Alessandria. Eravano veramente quattro gatti… e una Capra.
Si passa il tempo a parlare, mangiucchiare, assaggiare qualche vino fin quando al titolare si accende una lampadina e spara: “devo avere ancora una bottiglia di Amarone”.
Nel gruppetto composto da intenditori di vini – alcuni in termini di qualità altri in termini di quantità – si accesero gli occhi.
Il titolare sparisce e torna con una bottiglia dicendo peccato che è fredda: a quel punto uno dei pochi presenti balza fuori con una uscita certamente non da intenditore di vino: passiamola pochi minuti nel microonde.
Le facce degli altri presenti erano ondivaghe tra il “ma dici sul serio?” e il “ma non sei del tutto a posto?”. Purtroppo l’oste prese sul serio quella proposta e lo ficcò realmente per pochi minuti nel microonde ed, forse, è per quello che di quella bevuta di Amarone i ricordi si fermarono al momento in cui lo sportello dell’elettrodomestico si chiuse.

ORIGINE DEL NOME
amarone etichetta storicaL’Amarone nasce da un errore: Adelino Lucchese, cantiniere della Cantina Sociale di Negrar dove si produceva un Recioto Amaro (un passito piuttosto dolce). Una botte, probabilmente, fermentò un po’ più del dovuto e quando il cantiniere l’assaggiò gli venne da esclamare “Ma questo non è amaro, è amarone”. Raccontato al presidente della cantina quel vino venne etichettato come Amarone Extra.
Ma come tutte le mezze verità e le mezze leggende in tanti rivendicano la paternità dell’Amarone raccontando storie simili, alcune che gettano le loro radici in tempi molto più lontani.
Sta di fatto che l’origine del nome per tutti è la stessa.

PENSIERO… MEDITATIVO
Naturalmente sono andato a leggermi qualche descrizione scritta da esperti: pensavate che non lo facessi.
Intanto devo affermare che tutti hanno le idee chiare nel dire che l’Amarone ha sentori di frutta, sulla quale però devono mettersi d’accordo.
amaroneC’è chi vi ha trovato la frutta secca, altri note di ciliegia nera, altri ancori, addirittura, frutta passita ma c’è chi fa riferimento alla frutta matura, alla confettura di amarena, lamponi e prugna. Uno concorda con l’amarena ma la percepisce sotto spirito. Hanno sentito l’anice, la liquirizia. Chi il muschio e chi le spezie (uno un po’ più generico altri hanno specificato cannella, cardamomo, noce moscata e tabacco).
Insomma un frutteto intero dentro a una bottiglia.
Però il passaggio che mi è piaciuto di più afferma: “In bocca è denso, si espande caldo e molto morbido, non verticale e nemmeno mai molto affilato, ma piuttosto con un frutto rotondo e sapidità buona”… e non aggiungo altro se non… capperi, come faccio a buttarlo giù?

AFORISMA DELLA SETTIMANA
Il vino è simile all’uomo: non si saprà mai fino a che punto lo si può stimare o disprezzare, amare e odiare, né di quante azioni sublimi o atti delittuosi è capace. Charles Baudelaire

Gutturnio: tanta storia dentro a un vino che vibra… vibra?

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Venerdì scorso abbiamo terminato abbiamo avviato il nuovo corso della rubrica “Il ritorno de La Capra Enoica”. Anche questa settimana un vino degustato e i suoi abbinamenti al territorio e alla storia… dopo il ligure Pigato oggi incontriamo il piacentino Gutturnio.

Francesco Guccini nella canzone “L’ubriaco” canta:
Cade il vino nel bicchiere poi nessuno più si muove
e non sai se fuori all’aria ci sia il sole oppur se piove.
E quell’uomo si ricorda e, per uno scherzo atroce,
quasi il vino gli dà forza, l’illusione gli dà voce.

home-gutturnioSiamo in Emilia, provincia di Piacenza, e incontriamo un vino la cui storia parte da lontano: il Gutturnio. Il “Maestrone” è emiliano (anche se non piacentino) e la canzone si adatta bene ai personaggi storici romani che hanno ruotato intorno a questo vino, uno gran bevitore, l’altro gran oratore.

PILLOLE DI STORIA
Il Gutturnio ha la sua origine in epoca romana, parrebbe da una “ricetta” di Lucio Calpurnio Pisone, nientepopodimeno che lo suocero di Giulio Cesare (il grande divo romano sposò in terze nozze la figlia di Pisone), la cui madre (del Pisone) era piacentina.
Lucio Calpurnio PisoneA Lucio Calpurnio Pisone si attribuì (oltre la creazione di questo vino) il piacere nel lasciarsi andare in laute ed eccessive bevute al punto che Cicerone (nel suo In Pisonem) ironizzò su di lui affermando di “bere calici troppo grandi del vino di Piacenza”… ricavandone l’esilio, il Cicerone.
La coltivazione vera e propria di questo vitigno si sviluppò nella seconda metà dell’ottocento.
Il nome Gutturnio venne proposto dall’enologo Mario Prati nel 1938 e comparve in etichetta l’anno successivo (1939), opera dell’azienda Manara di Vicomarino (Ziano). Nel 1941 il Ministero dell’Agricoltura lo inserì nell’elenco dei vini “tipici e di pregio”.
Nel 1967 venne redatto il disciplinare di produzione mentre vent’anni dopo, nel 1987, venne istituito dal Consorzio di Tutela dei Vini Piacentini il premio Gutturnium attribuito a personalità distinte per meriti nel campo enologico o professionale (al quale segretamente aspiro dopo questo mio articolo… dite che La Capra Enoica non è così “personalità”? poi leggendo su internet parrebbe che l’ultima edizione sia datata 2010…).

ORIGINE DEL NOME
anfora-gutturnium-gutturnio-300x285Il nome Gutturnio parrebbe derivare dal “Gutturnium”, una grande coppa d’argento dalla capacità di circa 2 litri che, al termine della cena, riempito di vino, veniva passata di mano in mano tra i commensali che ne bevevano a turno come simbolo di fraternità e di amicizia (un po’ come la Grolla in Valle d’Aosta).
Un “Gutturnium” venne rinvenuto nel 1878 a Velleia e per molto tempo questo recipiente fu abbinato a quelli utilizzati per bere il vino piacentino ma in tempi più recenti si fa riferimento a una coppa “pescata” nel Po creando, forse, un po’ di confusione… tra ciò che viene affermato dagli addetti ai lavori a cui si contrappongono gli storici.
Però ci piace galoppare con la fantasia e vedere il buon Lucio Calpurnio Pisone condividere con i suoi commensali questa coppa piena di buon vino di Placentiae senza sindacare se è di un tipo o dell’altro, l’importante è ciò che contiene.

I RICORDI
gutturnio uvaIl Gutturnio l’ho degustato (o meglio bevuto) parecchie volte trovandone diverse etichette nei supermercati e devo dire che quasi sempre mi sono imbattuto in vini meritevoli.
Ma un Gutturnio che mi ha particolarmente colpito l’ho bevuto durante un pranzo in quel di Bobbio, in provincia di Piacenza, dove mi ero recato per un convegno sulle “Terre di San Colombano”.
Ricordo in modo ancora chiaro che questo vino si sposava perfettamente con la cucina piacentina… e non poteva essere altrimenti: salumi, formaggi, pietanze a base di carne e in particolare la coppa piacentina. Il problema, poi, è risultato riuscire a seguire il convegno sprofondato in morbide poltroncine.

PENSIERO… MEDITATIVO
etichetta storicaIl mio pensiero meditativo va sempre nella stessa direzione, quella di chi descrive i vini dopo averli assaggiati.
Nel caso del Gutturnio ho trovato una interessante descrizione: vino rosso rubino intenso e vibrante… vibrante?
Sono andato a leggere la definizione della parola vibrante e il dizionario “dice”: che è in vibrazione o può produrre vibrazione.
Il Gutturnio vibra? Mentre lo bevevo non me ne sono accorto. Nel dubbio l’altro giorno ne ho preso una bottiglietta, l’ho aperta, l’ho bevuta ma non ho sentito vibrazioni. Boh!
Sarò io che non sento le vibrazioni…

AFORISMA DELLA SETTIMANA
I veri intenditori non bevono vino: degustano segreti. (Salvador Dalì)