“La Santa piccola” al primo ciak

Riceviamo e pubblichiamo
Sono partite le riprese al Rione Sanità a Napoli del film “La Santa piccola”.

Dal Lido di Venezia al Rione Sanità di Napoli: primo ciak alla Sanità per La Santa piccola di Silvia Brunelli. Realizzato col grant di 150.000€ di Biennale College Cinema, il laboratorio di alta formazione della Biennale di Venezia, che sostiene dal 2012 la produzione di opere prime e seconde, il film racconta la storia di amicizia e di scoperta di sé di Lino e Mario all’interno del palcoscenico a tratti surreale delle credenze e superstizioni popolari di una Napoli colorata della sua voglia di vivere e sopravvivere.
Questa è una storia che racconta di tenerezza e di crudeltà – ci spiega la regista – di bisogno di credere che qualcosa di buono e di superiore possa accadere, di speranza che qualcosa ci salverà dalla quotidianità e dalla sua monotonia.

I produttori raccontano di aver scelto assieme alla regista di ambientare il film alla Sanità di Napoli perché “sembrava la cornice ideale per raccontare un territorio in cui si mescolano con creatività sacro e profano.
Per il casting è centrale la collaborazione con il Nuovo Teatro Sanità che, proprio al Rione, trova la sua sede e la propria linfa vitale. Il cast vede come protagonisti giovani attori come Vincenzo Antonucci, Francesco Pellegrino, Alessandra Mantice e l’esordiente Sophia Guastaferro,  affiancati da interpreti di grande esperienza quali Pina Di Gennaro e Gianfelice Imparato. 
Il film di Raindogs vede l’aiuto sul territorio di Mosaicon Film, Antracine, Nuovo Teatro Sanità e dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. 
Distribuzione internazionale TVCO e Minerva Pictures Group.

Domenica Rai: Roma e Napoli

Riceviamo e pubblichiamo
Domani, domenica 14 marzo, tra i programmi Rai: Livio Leonardi ci porta a Roma per “Paesi che vai”. Beppe Convertini e Ingrid Muccitelli per “Linea Verde” ci condurranno a Napoli.

La Capitale protagonista di “Paesi che vai”: con Livio Leonardi sulle tracce delle radici del potere di Roma
Definita dal poeta latino Albio Tibullocittà eterna”, è considerata da sempre capitale della storia, della cultura e della cristianità, tanto che, nel 1980, il suo centro storico è stato inserito dall’Unesco nella lista dei Patrimoni dell’Umanità. È Roma la protagonista di “Paesi che vai… luoghi, detti, comuni…”, il programma ideato, scritto e condotto da Livio Leonardi, patrocinato dal Ministero della Cultura, in onda domenica 14 marzo alle 9.40 su Rai1. Col consueto linguaggio fiabesco e quella capacità di far rivivere il passato nel racconto televisivo, Livio Leonardi immerge il proprio racconto nella storia di questa “città santa”, fondata nel 753 a.C. da Romolo. Ed è proprio il primo Re di Roma ad accogliere il conduttore nella splendida cittadella fortificata di Ostia Antica, fondata, secondo la tradizione, da uno dei suoi successori: il quarto Re di Roma Anco Marzio. Le telecamere si spostano poi sul Colle Palatino, nel luogo dove tutto è iniziato: il mitico Villaggio di Romolo. Da lì il racconto prosegue nel Foro Romano e nel Foro di Cesare, per approdare poi nel più grande stadio del mondo dedicato alle corse di cavalli: il Circo Massimo. Le telecamere entrano poi nella Chiesa di San Lorenzo in Palatio, per scoprire tutti i tesori più preziosi nascosti al suo interno. Tra questi la “Scala Santa”, e il “Sancta Sanctorum”. Livio Leonardi, inoltre, attraversa la città per scoprire alcune location che hanno attratto la fantasia e le emozioni di grandi registi italiani e stranieri, dando vita a film indimenticabili. E, infine, obbiettivo sulle bellezze di una Tenuta “Presidenziale”, custode della maggior parte degli ecosistemi costieri tipici dell’ambiente mediterraneo. Una sintesi perfetta di architettura, arte, paesaggio e biodiversità.

Con “Linea Verde” a Napoli: da Marechiaro al cratere del Vesuvio
È Napoli l’approdo della puntata di “Linea Verde”, in onda domenica 14 marzo alle 12.20 su Rai1. Ingrid Muccitelli e Beppe Convertini si incontrano a Marechiaro, un piccolo borgo di Posillipo, a precipizio sul mare. A Marechiaro il grande poeta Salvatore Di Giacomo ha dedicato una canzone che poi molti interpreti, nel corso dei decenni, hanno cantato, da Roberto Murolo a Massimo Ranieri, da Enrico Caruso a Katia Ricciarelli. La meta del viaggio è il cratere del Vesuvio, simbolo di tutti i napoletani. In questa ascesa i due conduttori attraverseranno le ere e la storia, visitando siti archeologici di grande interesse, come Ercolano e Cuma, ma anche scoprendo eccellenze del territorio. Ingrid, dopo una tappa nella pizzeria di Enzo Coccia che spiega perché il piatto italiano più amato nel mondo a Napoli è una questione anche culturale, visita Villa Campolieto, una delle tante “ville vesuviane” realizzate dall’aristocrazia napoletana in quella strada chiamata Miglio d’Oro, che collega Portici a Ercolano. Beppe, invece, fa tappa a Torre del Greco, famosa per la lavorazione del corallo e del cammeo, per poi andare a conoscere un apicultore del Vesuvio. Il vulcano è anche un importante Parco Naturale e Ingrid percorre uno dei tanti sentieri che si snodano sulle sue pareti, fino a raggiungere l’ultima colata lavica, quella del 1944, mentre Beppe dialoga con una vulcanologa che racconta in che modo il Vesuvio continui a essere studiato e monitorato. Il viaggio di Peppone ha, invece, un altro scopo: trovare tutti gli ingredienti per cucinare il piatto di pasta migliore di sempre. Si reca così a Gragnano, la patria della pasta, dove un tempo si lasciava essiccare lentamente nella piazza del paese, per poi raccogliere un mazzo di friarielli a Quisisana, nell’azienda agricola di una ragazza che da sola, eroicamente, ha deciso di portare avanti la tradizione agricola di famiglia. Peppone, infine, raggiunge la cucina dello chef stellato Peppe Guida, che ha fatto della semplicità e della veracità la sua forza e lì potrà finalmente mangiare un piatto di fusilli e friarielli delizioso. Il viaggio di “Linea Verde” si conclude sul cratere del Vesuvio, un luogo affascinante e suggestivo. Da lì si possono osservare non solo la maestosità e la potenza del vulcano, ma anche ammirare un panorama unico al mondo, quello che abbraccia con un solo sguardo Napoli e il suo Golfo, la Penisola Sorrentina e le isole Ischia e Capri.

Invito a Palazzo! Palazzo Reale di Napoli riapre con visite guidate dal nuovo direttore Mario Epifani

di Harry di Prisco
foto Luciano Pedicini

I musei statali riaprono dopo l’emergenza Covid-19 per accogliere i visitatori in sicurezza. In Italia vi sono oltre 500 musei, monumenti e siti archeologici statali.

Via libera al nuovo Dpcm, contenente ulteriori misure legate all’emergenza coronavirus in Italia con provvedimenti che saranno in vigore fino al 15 febbraio e che prevede la riapertura dei musei in zona gialla nei giorni feriali, rispettando tutte le norme del distanziamento sociale per la sicurezza di ogni visitatore e di ogni lavoratore.  

Napoli – Palazzo Reale

«Nel Dpcm  – ha detto  il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschiniè stata introdotta la riapertura dei musei e delle mostre nelle zone gialle almeno nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì. Naturalmente  – ha proseguito il Ministro – tutto dovrà avvenire in modalità di sicurezza, come quest’estate, con gli obblighi di indossare le mascherine, mantenere il distanziamento, il contingentamento e con prenotazioni e bigliettazione elettronica per evitare le file. È un primo passo, un piccolo passo verso la ripartenza».
Al Palazzo Reale di Napoli debutta il nuovo direttore Mario Epifani, insediatosi pochi giorni prima della chiusura del 6 novembre, dando il via alla nuova gestione autonoma del Museo in occasione della riapertura avvenuta il 18 gennaio.
Il Palazzo Reale di Napoli fu edificato nel ‘600 come palazzo del re di Spagna Filippo III d’Asburgo. La sua collocazione urbanistica è accanto al Palazzo Vicereale Vecchio, poi demolito,   e ai giardini di Castel Nuovo al margine meridionale della città antica, con la facciata rivolta verso il grande spiazzo del Largo di Palazzo. L’architetto Domenico Fontana progettò una residenza civile di forme tardo rinascimentali e con un cortile d’onore centrale quadrato. Altri due cortili vennero aggiunti quando Napoli nel 1734 divenne capitale del regno con Carlo III di Borbone e la reggia fu ampliata.
I musei hanno riaperto nelle zone gialle,  con regolare orario, con ingressi contingentati, ma saranno chiusi durante il week end. I visitatori potranno accedere al Palazzo Reale, dalle ore 9.00 alle 20.00, e ammirare oltre metà delle sale con la nuova illuminazione, un’importante innovazione realizzata negli ultimi mesi, che esalta le bellezze e la ricchezza dell’Appartamento Storico.

Mario Epifani
direttore
Palazzo Reale di Napoli

È stata prorogata al 31 maggio l’istallazione “Almost Home – The Rosa Parks House Project” dell’artista statunitense Ryan Mendoza, visitabile gratuitamente all’interno del Cortile d’Onore del Palazzo.
Valida fino al 31 gennaio l’iniziativa per l’acquisto di biglietti d’ingresso per famiglie iniziata prima di Natale, che consentirà di partecipare ad una visita guidata con il direttore Mario Epifani.
«Per me è un piacere poter accogliere personalmente i visitatori – ha dichiarato Epifanigrazie a questa iniziativa che rappresenta un invito ai napoletani a tornare a visitare Palazzo Reale e che apre la speranza alla ripresa di una vita normale».
Anche nel periodo di chiusura dei Musei nel Palazzo Reale si è continuato a lavorare, per migliorare i servizi di sicurezza e di sorveglianza  e l’accoglienza del pubblico.
«Il mio progetto immediato è quello di lavorare sull’allestimento del percorso di visita dell’appartamento di etichetta, – racconta il direttore – rafforzando in particolare il collegamento storico con gli spazi occupati dalla Biblioteca Nazionale. Anche con il teatro San Carlo prevediamo una serie di iniziative congiunte che possano far rivivere il Palazzo attraverso la storia della musica napoletana dal ‘600 all’800».
Sarà possibile visitare l’Appartamento Storico con gli  interni  allestiti nel gusto tardo barocco con marmi preziosi e affreschi celebrativi, tra i quali le opere di Francesco De Mura e Domenico Antonio Vaccaro.
Dunque il primo passo si è fatto  verso il rientro alla normalità, nel rispetto delle norme di contenimento dell’emergenza epidemiologica.

Napoli. MANN 2021: un anno all’insegna dell’innovazione e della tecnologia

Riceviamo e pubblichiamo
Dai gladiatori alle piattaforme digitiali, dalle nuove collezioni al videogame: MANN: un museo sempre più tecnologico.

Il 2021 sarà un anno all’insegna dell’innovazione e della tecnologia per il MANNMuseo Archeologico Nazionale di Napoli. Si partirà con la mostra de “I Gladiatori“, la cui apertura è prevista il prossimo 8 marzo: in occasione della grande esposizione, sarà ricostruita e riprodotta digitalmente, da Altair 4 Multimedia, la sequenza delle pitture ormai perdute dell’Anfiteatro di Pompei; grazie alle nuove tecnologie, alcuni percorsi video riproporranno le tipologie di armature che contraddistinguevano le diverse “classi” di gladiatori.

E non soltanto: nel Braccio Nuovo del MANN, spazio ad una sezione più contemporanea dell’allestimento; qui si potrà effettuare un vero e proprio viaggio nel tempo, rileggendo la fortuna dei gladiatori nella storia, nelle arti visive e nel cinema. Si proseguirà poi con una straordinaria serie di progetti e novità, frutto del lavoro condotto nei lunghi e complessi mesi del 2020, la cui ideazione è ancora precedente.
«Le difficoltà dell’anno del Coronavirus hanno indubbiamente agito da sprone, favorendo un’accelerazione in molti campi – racconta il Direttore del Museo, Paolo Giulierini. – Ma non avremmo potuto conseguire certi risultati se non ci fosse stata a monte una visione che partiva da lontano. La rivoluzione digitale del MANN è iniziata da tempo, quando abbiamo deciso di veicolare i contenuti e il messaggio del Museo sotto diversi tipi di linguaggi online e offline: dai videogiochi ai fumetti, dal videomapping alle piattaforme digitali».
Tante le iniziative in programma: la riapertura della sezione sulla tecnologia pompeiana, il secondo capitolo del videogioco Father and Son, la piattaforma digitale per scoprire il MANN, ma anche il nuovo Atrio con gestione elettronica dei flussi. Si proseguirà anche nel segno delle disseminazioni artistiche promosse dal progetto OBVIA- Out of boundaries viral art dissemination, realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.
Sono solo alcune delle strade che il MANN percorrerà nel 2021: sempre più orientato verso il digitale, gli intrecci di linguaggi e la valorizzazione innovativa di mostre e collezioni, sempre in naturale equilibrio tra la celebrazione della tecnologia antica e l’utilizzo di quella moderna.

Paolo Giulierini

LE NOVITÀ – Una nuova esperienza di Museo al passo con i tempi
Molto ambiziosi sono i progetti che utilizzano le tecnologie digitali per fornire ai visitatori del Museo nuovi percorsi di fruizione. Come quelli che dall’8 marzo accompagneranno la mostra I Gladiatori. «Partendo dalla collezione di proprietà del Museo e da un gruppo di reperti unico al mondo che fu usato anche come modello per il film Il Gladiatore, offriremo una fantastica ricostruzione digitale delle armi, che saranno mostrate al pubblico indossate dagli stessi combattenti – dice Giulierini – La fedeltà nei confronti di com’erano in origine sarà tale che si potrà rivedere il bronzo luccicare come oro. E ci sarà anche la ricostruzione digitale dell’anfiteatro di Pompei».
Dalla primavera 2021, al via la nuova piattaforma ICT del MANN: si potrà partecipare ad una visita virtuale assistita da una guida reale remota con funzionalità e-learning. Si organizzeranno, così, itinerari digitali per gruppi di visitatori, che saranno in grado di connettersi contemporaneamente sul web e selezionare anche particolari percorsi tematici o focus su singoli reperti. La piattaforma permetterà anche una navigazione autonoma e includerà tutti i prodotti digitali realizzati dal Museo. 
Giocando con il MannFather and Son 2, MannCraft, Fuga dal Museo. Tre novità molto attese riguardano il mondo dei videogiochi, al quale il MANN si è avvicinato con successo nel 2017 con l’avventura Father and Son, promossa grazie alla collaborazione con l’Associazione TuoMuseo e il game designer Fabio Viola. 
«Quella è stata un’esperienza straordinaria, con quasi 5 milioni di download in tutto il mondo – dice Giulierini, annunciando che a maggio arriverà il secondo capitolo del game – Lo abbiamo sviluppato ascoltando i consigli, i commenti e le sollecitazioni degli utenti, che ci hanno spinto ad approfondire percorsi narrativi solo accennati nella prima puntata. Father and Son 2 sarà anche un interessante esperimento di autofinanziamento per il Museo, in un momento in cui – come tutti gli altri istituti – anche noi stiamo vivendo una situazione di criticità a causa della contrazione degli ingressi legata all’emergenza pandemica. Per il download del gioco chiederemo un piccolo contributo, comunque inferiore a 1 euro. Siamo curiosi di vedere la risposta del pubblico: potrebbe essere una strada alternativa alla tradizionale email in cui si chiede direttamente sostegno economico».

Dopo Father and Son 2, sarà poi la volta di MannCraft e Fuga dal Museo. Il primo rappresenta lo sbarco del MANN nell’ecosistema virtuale di Minecraft (un gioco disponibile su PC, console e smartphone/tablet, con oltre 200 milioni di copie vendute nel mondo), grazie a cui sarà costruita una versione fedele del Museo – dal palazzo storico alle collezioni – che potrà essere visitata dai giocatori, con spazi e laboratori pensati per le scuole. Fuga dal Museo sarà invece un audiogioco in italiano e inglese per assistenti vocali Alexa, che consentirà ai giocatori di interagire con le opere e le sale del MANN, tra enigmi e misteri, con una particolare attenzione alla fruizione per non vedenti e ipovedenti.
Infrastrutture e sicurezza: il nuovo Atrio come un foyer, la gestione dei flussi e il wi-fi.
Tra le iniziative che nei prossimi mesi avranno un maggiore impatto anche dal punto di vista scenografico, c’è la decisione di aprire al pubblico l’Atrio del Museo. «Fino a oggi era accessibile solo tramite biglietto. Seguendo l’esempio di importanti musei e istituzioni internazionali, vogliamo creare una sorta di foyer aperto e ospitale – dice Giulierini – Questa novità però impone un aggiornamento nei software di gestione dei biglietti elettronici, nel controllo dei flussi dei visitatori e nella sicurezza e protezione delle opere. Adotteremo anche tecnologie che si servono di modelli di intelligenza artificiale».
Sempre in un’ottica di inclusività, ospitalità e accessibilità («Il museo come un grande luogo d’incontro»), dal 2018 il MANN ha introdotto una nuova rete wi-fi gratuita che copre l’intera area dell’istituto.

LA VISIONE – Tre millenni di storia, tecnologia… e fedeltà all’originale
Realizzati grazie ai finanziamenti del Programma Operativo Nazionale «Cultura e sviluppo 2014-2020», tutti i progetti innovativi del MANN seguono una filosofia molto attenta alla valorizzazione dell’originale e all’esperienza del visitatore del museo. «Quando mettiamo in cantiere un progetto, anche quello più all’avanguardia, il nostro obiettivo rimane sempre salvaguardare l’originale –  spiega Giulierini – Gli originali sono la forza e la ricchezza dell’Italia, non avrebbe senso metterli in competizione con qualcos’altro. Il digitale però può fornire un punto di vista diverso e aiutare il visitatore – o il pubblico online – a cogliere dei particolari che altrimenti non sarebbero visibili. Così la tecnologia di videomapping può permetterci di vedere un mosaico nella sua collocazione naturale sul pavimento o l’intelligenza artificiale aiutarci a ricostruire colori che sono ormai perduti. Nel complesso, le tecnologie possono aumentare il coefficiente di interazione e interattività, seguendo una missione in cui ci riconosciamo: quella di un museo che non impone ma propone differenti possibilità culturali. E ci permettono di rafforzare l’inclusività e l’accessibilità delle opere, raggiungendo tutti i tipi di pubblico: nelle sale e su Internet».
«Ma il nostro è un discorso che va oltre il digitale e riguarda tutti i linguaggi e la loro dirompente capacità di raccontare qualcosa di diverso al pubblico – aggiunge Giulierini – ensiamo a Lucy. Sogno di un’evoluzione, la mostra che abbiamo presentato in anteprima digitale a dicembre. È basata su un fumetto in cui il maestro Tanino Liberatore re-immagina la storia di Lucy, l’australopiteco i cui resti sono stati rinvenuti in Africa nel 1974. L’originale sono le ossa della nostra famosa antenata, conservate in Etiopia. La Lucy del MANN è diversa: è la protagonista di una nuova narrazione che – usando tecnologie moderne, l’artista ha disegnato il fumetto al computer – attiva altri sentimenti, emozioni, storie. Quando parliamo di forza dirompente dei linguaggi, intendiamo proprio questo. Ed è l’approccio visibile in tutte le iniziative di OBVIA, il progetto che abbiamo in partenariato con l’Università Federico II».

«Da un punto di vista un po’ superficiale, l’abbinamento tra un museo dedicato all’antichità come il MANN e la tecnologia potrebbe apparire strano – conclude Giulierini – perché siamo stati abituati a suddividere i musei in categorie molto rigide: arte antica, arte moderna, scienze e tecnologia e così via. Ma il nostro è un Museo tecnologico per natura. L’antichità non era fatta solo d’arte, era un mondo pieno di tecnologia. Senza di essa, nessuno sarebbe mai riuscito a costruire strutture meravigliose come il Partenone. Per questo, un’altra delle novità di cui siamo molto orgogliosi per i prossimi mesi è la riapertura della sezione dedicata alla tecnologia di Pompei. Ci permette di ricordare che il MANN è un Museo che celebra la tecnologia antica e sposa quella moderna».

“Memorie di palazzo” il nuovo libro fotografico di Antonella Cappuccio e Filippo Cristallo

Riceviamo e pubblichiamo
Dal 10 gennaio disponibile in libreria e sugli store online Memorie di palazzo è il racconto fotografico del variegato ambiente delle guardiole di Napoli e Milano. Dal quartiere Magenta residenza della buona borghesia milanese passando per il popolarissimo cuore antico di Napoli, le portinerie conservano il loro carattere di microcosmi, custodi di vita condominiale tra strada e casa.

Memorie di palazzo è un progetto di Antonella Cappuccio e Filippo Cristallo che si propone di raccontare attraverso volti, oggetti, azioni, il mondo racchiuso nei limitati metri quadri delle portinerie del centro di Napoli e Milano. Ovunque ci si trovi, nel quartiere Magenta, residenza della buona borghesia meneghina o nel popolarissimo cuore antico di Napoli, le portinerie conservano il loro carattere di microcosmi, che tanto cinema e letteratura hanno ispirato.
Una città senza portinaie, non ha storia, non ha gusto, è insipida, come una minestra senza pepe né sale, una ratatouille informe”, scriveva Cèline nel suo Viaggio al termine della notte, scoprendo Manhattan senza portinerie.
Le foto restituiscono non solo i variegati ambienti delle guardiole, ma anche l’immagine dei custodi che le abitano, palesando una prima significativa differenza tra le due città: nel capoluogo lombardo il mestiere del portinaio, “a rischio di estinzione”, ha subito negli ultimi anni un’inversione di rotta.
La maggior parte dei custodi è straniera, di nazionalità filippina, srilankese, peruviana e albanese.

Siamo lontani dalla Milano di Gadda, dalle portinaie de L’ Adalgisa ma la funzione sociale della portineria in molti casi è rimasta la stessa.
A Napoli la figura del “guardaportoni” non ha subito grandi cambiamenti rispetto alla descrizione che ci ha lasciato Matilde Serao ne Il ventre di Napoli: “Per disimpegnare gli obblighi del proprio  mestiere, svariati e non senza difficoltà, i portinai napoletani adoperano la sveltezza naturale del loro ingegno, fanno le ambasciate, distribuiscono le carte da visita, dividono le lettere e i giornali…
La portineria bene avviata, con gli inquilini che vanno e vengono” citando Totò, nei panni del portinaio Antonio Bonocore de “La banda degli onesti”, a Napoli si eredita, passa di padre in figlio, veri e propri archivi ambulanti di vita condominiale tra strada e casa.
https://filippocristallo.com

Memorie di palazzo
di Antonella Cappuccio e Filippo Cristallo
Youcanprint 2020
copertina morbida 27x24
pagine 118
67 fotografie in b/n
introduzione Kevin McManus
ISBN 9791220301688
prezzo di copertina euro 25,00
per l'Italia spedizioni GRATIS

Le Guglie di Napoli: nel centro storico per esorcizzare i pericoli

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Per comprendere il significato della Guglia a Napoli bisogna andare un po’  indietro nel tempo e capire come questo elemento architettonico nasca nell’immaginario collettivo. Il concetto di Guglia, prende spunto dalla cultura napoletana delle macchine a festa, perciò le piazze partenopee che accolgono queste architetture ne vengono influenzate solo in maniera parziale.
Guglia di San Domenico

Mentre a Roma, “l’arredo” viene considerato parte integrante della risistemazione urbanistica portata avanti da Sisto V, a Napoli essendo stato inutile o quasi l’espansione prevista da Don Pedro de Toledo, nel ‘600 si sente l’esigenza di cambiare interi quartieri, con interventi non programmati, da parte di clero e nobiltà spesso in conflitto tra loro.
La piazza, era un luogo molto ambito perché isolava i luoghi religiosi dai fabbricati circostanti; per permettere l’arrivo alla chiesa in carrozza, le processioni, ma era anche segno di prestigio. Le guglie diventano, allora, segno della definitiva conquista di questo spazio rituale, la piazza. Le guglie sono, ancora, destinate ad esorcizzare il pericolo di eruzioni e pestilenze.

Guglia di San Gennaro

Posizionate nel centro antico di Napoli, le Guglie sono quattro.
Guglia di San Gennaro. Edificata dopo l’eruzione del Vesuvio del 16 agosto dl 1631. Per la costruzione della Guglia furono chiamati i due artisti più importanti del periodo, Fanzago e Finelli. Fanzago ebbe il compito di curare l’architettura della Guglia, mentre Finelli curò il modello e la fusione della statua di san Gennaro. Per costruire la Guglia si ebbe l’idea di utilizzare una colonna in marmo venuta alla luce durante gli scavi nella cappella del Tesoro di San Gennaro al Duomo. La mancata donazione della colonna diventa l’occasione più felice delle invenzioni fanzaghiane, con l’articolazione di elementi che danno l’idea di colonna attraverso una disposizione gerarchica e un gioco chiaroscurale. Un’altra particolarità della guglia è che nel basamento vi è l’autoritratto del Fanzago. L’opera venne finalmente inaugurata nel 1660 diventando punto obbligato di processioni, al punto da sollecitare gli altri ordini ad innalzare una “propria guglia”.

Guglia di San Gaetano

Guglia di San Gaetano. Eretta per volere dei monaci teatini che volevano rendere omaggio a San Gaetano. Sono testimoniate due fasi costruttive: 1657-1670 e 1694-1725, intervallate da terremoti che molto probabilmente resero vano il lavoro precedente. La prima fase costruttiva fu affidata a Cosimo Fanzago e Andrea Falcone, testimonia l’opera l’incisione del Parrini di fine seicento dove, a seguito del terremoto, si possono notare le colonne della chiesa di San Paolo Maggiore in terra, mentre la statua di San Gaetano si erge su di un basamento a forma di piramide. Oggi, invece, è visibile l’insieme dell’iter costruttivo che si concluse nel 1725.
Guglia di San Domenico. Iniziata per voto dopo la peste nel 1656 da Cosimo Fanzago, che sospese i lavori nel 1658. L’intervento dell’artista anche se limitato, fu tale da influenzare il suo successore, Antonio Picchiatti a seguire il primo progetto. L’opera fu terminata solo nel 1737 da Antonio Vaccaro. Nelle decorazioni in marmo bianco e bardiglio si rivela la mano del Fanzago. La parte finale della Guglia, formata da una piramide, risulta la meno riuscita dell’opera, perché troppo tozza. In ogni caso bisogna riconoscere al Vaccaro, che se ha fallito nelle proporzioni volumetriche, è riuscito almeno nell’intento di “ricucire” l’ornamentazione.

Guglia dell’Immacolata

Guglia dell’Immacolata . Ecco un tipico esempio del barocco napoletano, proprio nel cuore di Spaccanapoli. Alta 30 metri, fu eretta da Giuseppe Di Fiore su progetto di Giuseppe Genuino, entrambi allievi del Vaccaro, tra il 1747 e il 1750. I promotori di quest’opera furono, Re Carlo III e la regina Maria Amalia insieme ai gesuiti, per esorcizzare la peste del 1743 , e per commemorare la vittoria di re Carlo sugli austriaci del 1744. Precedentemente nel 1705 era stata eretta, nel luogo della guglia, la statua equestre di Filippo V di Spagna, per ricordare la visita di qualche anno prima del sovrano. Il 7 agosto del 1707 la statua era stata abbattuta a furor di popolo. La guglia fu costruita con una pubblica colletta. E’ formata da un basamento poligonale e due livelli superiori, al disopra dei quali vi è la statua della Immacolata in rame dorato. In questa opera gli artisti hanno dimostrato di aver recepito le applicazioni della sintesi tra architettura e scultura sperimentate da Cosimo Fanzago.

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Naples and Italy visite guidate ed eventi
via Port’Alba 30 – 80134 Napoli (centro Antico)
telefono +390815499953 – 3404230980
WhatsApp +39 3357851710
e-mail visitenapoli@gmail.com
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Napoli: il museo di Capodimonte

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La storia del museo di Capodimonte, incorniciata da splendidi giardini e dal suo immenso parco, deve la sua nascita all’amore che il sovrano borbonico Carlo III, provava per l’arte.

Residenza storica dei Borbone, ma che ha visto susseguirsi altri sovrani, dai Bonaparte, Murat e i Savoia, ebbe la posa della prima pietra nel 1738.
Il Re con questa impresa architettonica, volle far risplendere Napoli, che dopo due secoli di viceregno spagnolo, era ritornata ad essere capitale di un regno indipendente.

Il nuovo sovrano decise il riassetto urbano della città e tra le varie idee ci fu appunto, quella di costruire un palazzo dove ospitare, una delle collezioni di opere d’arte più oggi famosa nel mondo, la collezione Farnese, ereditata da sua madre Elisabetta Farnese.
Il luogo prescelto fu la collina di Capodimonte, zona boschiva di Napoli, ricca di selvaggina, con l’idea di affiancare la reggia non solo ad uso museale, ma anche come luogo di svago dove risiedere durante le battute di caccia.
Sostando nei pressi della fontana del Belvedere si godrà di una vista mozzafiato, con lo sguardo si abbraccia tutta Napoli dal Vesuvio, alla Certosa di San Martino fino a Posillipo.
Ma il sovrano Carlo III non si limitò alla costruzione della reggia, ma assieme a sua moglie Maria Amalia di Sassonia decisero di fondare la Real Fabbrica di porcellane di Capodimonte, dando vita ad una tradizione che non è mai terminata.
Il Museo di Capodimonte ufficialmente inaugurato nel 1957, ospita nelle sue sale i massimi esponenti della pittura Italia, e napoletana, un vero e proprio viaggio all’interno della storia dell’arte del nostro paese.

Sala Tiziano – foto Giuseppe Salviati

Fiore all’occhiello è, come detto prima, la collezione Farnese, ma tra i capolavori non possiamo dimenticare opere di Raffaello, Tiziano, Sebastiano del Piombo, Michelangelo, El Greco, Bruegel il Vecchio. Oltre a pitture e disegni, arricchiscono la collezione oggetti rari e preziosi, che costituiscono la settecentesca ‘Galleria delle cose rare’.
Ma non possiamo dimenticare la galleria espositiva dedicata alla storia dell’arte napoletana e del centro Italia, che racconta in un arco temporale che va dal 200 al 700, l’avvicendarsi sul trono di Napoli  ha visto numerose famiglie nobiliari.
Ci sono stati eventi storici che hanno influenzato il mondo della cultura, arricchendola grazie ad ispirazioni che provenivano dall’estero. Molte delle opere che si ammirano appartenevano a chiese e conventi, alcune sono state prese letteralmente da queste strutture, mentre altre donate, così per tutelarle meglio.

Caravaggio
Flagellazione di Cristo

Qui si incontrano artisti come Pinturicchio, Vasari, Artemisia Gentileschi, Luca Giordano, considerato il più grande pittore barocco in Europa dopo Rubens e tra i più grandi pittori del seicento napoletano. a cui è stata dedicata una grande mostra “dalla natura alla pittura”.
Tra le opere che si trovano all’interno del museo non possiamo dimenticare uno degli artisti più geniali e controversi del seicento, Caravaggio, con una delle sue opere più famose, la “Flagellazione di Cristo” tela di formato più grande e più monumentale delle cinque o sei opere che il pittore eseguì alla fine del suo soggiorno a Napoli.
Cosa altro aggiungere, bisogna solo venire a visitare questo scrigno di arte, che offre non solo un immersione nell’arte ma anche nella natura.
Riferimenti Contatto
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Napoli. Pasticceria Seccia: primo dolce ufficiale in memoria di Maradona

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La Pasticceria Seccia, fiore all'occhiello dei Quartieri Spagnoli e da sempre legata al tifo e all'amore per il pibe de oro, lancia nell'ultima domenica di novembre una mignon dedicata alla memoria del compianto Diego Armando Maradona: un bignè craquelin panna e caramello da condividere sui social con l'hashtag #elpibe.

La notizia della scomparsa di Diego Armando Maradona ha lasciato tutti sgomenti a Napoli, seconda casa del Pibe de Oro, e le manifestazioni d’affetto che stiamo vedendo in questi giorni ne sono la prova tangibile. Se allo Stadio San Paolo, che presto cambierà nome in suo onore a quanto pare, l’abbraccio di tifosi e appassionati è stato forse il più pittoresco e degno di una rockstar, con le candele, le foto e i gadget adagiati a ridosso dei cancelli, è innegabile che ai Quartieri Spagnoli, nel cuore del centro storico di Napoli, abiti la passione più viva e sentita per il grande calciatore argentino. 
Non è un caso se la Pasticceria Seccia, già protagonista tre anni fa con la torta ufficiale delle celebrazioni per la cittadinanza onoraria conferita a Maradona, e per i 30 anni del primo scudetto del Napoli, abbia pensato a un dolce dedicato alla memoria del genio di Buenos Aires da offrire ai clienti e a chiunque sia di passaggio nei Quartieri oggi, domenica 29 novembre. Nei limiti ovviamente della zona rossa prevista per la città di Napoli dall’ordinanza ministeriale, e ovviamente nel pieno rispetto delle prescrizioni e delle normative governative nazionali e regionali anticovid per gli esercizi commerciali (solo asporto consentito e ingresso rigorosamente contingentato nel negozio di Via Concordia 66, sempre con la mascherina indossata). 

Quello che sarà dato in omaggio ai clienti è un bignè craquelin farcito con panna e caramello, sormontato da un bel 10 biancoceleste in pasta di zucchero, il numero della mano de Dios. El pibe è il nome ufficiale della mignon pensata e ideata da Casa Seccia, e realizzata dalle sapienti mani del giovane Antonio Duraccio, nonché dell’hashtag ufficiale per le condivisioni sui social nelle storie, nei post e nelle foto in cui figurerà questa golosa pasta choux ripiena. Il pasticcino è il gemello stretto di un prodotto già proposto tempo fa, in occasione della festa al San Carlo e nel foyer del teatro per Maradona cittadino onorario di Napoli: l’aperisciù, un craquelin al gusto di mojito, daiquiri e pina colada, cocktail tipicamente cubani, e dai colori della bandiera dell’isola tanto cara al campione del mondo di Messico ‘86. 
Così a due passi dal murales restaurato solo pochi anni fa in via de Deo, teatro oggi di un’elaborazione laica della dolorosa perdita, domenica mattina sarà possibile ricevere una mignon dai sapori ricercati e dai colori che ormai sono Storia del Calcio a tutti gli effetti, da degustare a casa, non prima ovviamente del doveroso scatto social da condividere poi su Facebook, Twitter e Instagram tra post e stories. 

«La dipartita del leggendario trascinatore del Napoli Calcio, a cui dobbiamo indubbiamente due Scudetti e una Coppa Uefa oltre a un inaspettato prestigio per la squadra partenopea tra gli anni ’80 e i primi anni ‘90, ci ha rattristato profondamente mercoledì scorso, ma una nota di dolcezza è proprio quello che ci vuole per superare questo lutto e soprattutto il difficile momento storico, sociale ed economico di questa emergenza sanitaria del covid 19».

Napoli antica: una visita guidata tra mito e leggenda

Riceviamo e pubblichiamo
Il centro storico di Napoli racconta l’evoluzione storico-artistica della città da scoprire con le proposte di Naples and Italy.Napoli, nata sulla tomba di una sirena, sospesa tra il mondo infero e quello delle colline circostanti”.
Spaccanapoli

Un’affascinante visita guidata in cui mito e leggenda si mescolano a partire dalla sua stessa della città, legata al ricordo della Sirena Partenope.
Si attraverseranno venti secoli di storia percorrendo il cuore del centro antico della città come la sua strada più famosa al mondo, via Spaccanapoli.
Il centro storico di Napoli testimonia l’evoluzione storico-artistica della città, dal suo primo insediamento di età greca fino alla città barocca.
Strade, piazze, chiese ed i monumenti tutti, costituiscono uno scrigno di tesori artistici e storici di eccezionale portata.

Complesso Monastico Santa Chiara

Durante il percorso, non potrai non inebriarti dei profumi, che escono dalle pasticcerie, che sfornano sfogliatelle e babà, potremo scoprire, riscoprire e visitare luoghi secolari come la Chiesa del Gesù Nuovo, il Complesso Monastico di Santa Chiara e la famosa Cappella Sansevero custode del Cristo Velato.
Passeggiando ci mescoleremo sempre più tra i suoni, i colori e la vivacità di questa città sino ed arrivare nell’area presepiale di San Gregorio Armeno, dove tutto l’anno le botteghe artigiane creano i pastori per il presepe napoletano.

Cappella del Tesoro

Ma prima di finire la nostra passeggiata non dimenticheremo di visitare il Duomo di Napoli, custode, nella Cappella del Tesoro, dell’ampolla con il sangue di San Gennaro.
Cosa aspetti, visita Napoli con Naples and Italy, per qualsiasi curiosità, visita il nostro sito e contattaci.
Naples and Italy visite guidate ed eventi
https://www.guideturistichenapoli.it/visite-guidate-napoli/
Telefono 0815499953 – 3357851710
Via Port’Alba 30 – Napoli Italia
visitenapoli@gmail.com

Napoli. Quando gli Etruschi erano cowboy: fino al 31 maggio 2021 al MANN

Riceviamo e pubblichiamo
È stata inaugurata ieri, venerdì 12 giugno, a Napoli la mostra "Gli Etruschi e il MANN", 600 opere che raccontano una storia inedita dell'Italia delle origini. L’esposizione è in programma sino al 31 maggio 2021.
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Il MANN riparte dagli Etruschi. E di questo antico popolo, che svolse un ruolo di primo piano nell’evoluzione della civiltà in Italia e nel Mediterraneo, rivela un volto inedito, sorprendente, oggi al centro di un avvincente capitolo della ricerca archeologica.
Ieri, venerdì 12 giugno, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, ha aperto al pubblico “Gli Etruschi e il MANN”. Curata da Paolo Giulierini e Valentino Nizzo, con il progetto scientifico di Valentino Nizzo, il coordinamento di Emanuela Santaniello e l’organizzazione di Electa, la mostra presenterà 600 reperti, di cui 200 mai visti prima dal pubblico: un viaggio lungo un anno (l’esposizione sarà aperta fino al 31 maggio 2021), dedicato alle tracce lasciate dagli Etruschi nell’area campana.

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Gli Etruschi sono abitualmente associati ad altri territori, come la Toscana, il Lazio e l’Emilia Romagna. Solo dalla seconda metà dell’Ottocento, più o meno con l’Unità d’Italia, è stata accettata ufficialmente l’idea di una loro presenza in Campania. Ma nessuno aveva mai dedicato a questo tema una mostra di simili dimensioni – dice Paolo Giulierini, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Napoli – Attraverso reperti provenienti dai depositi del Museo, insieme a prestiti di altre istituzioni e collezioni, ricostruiremo una storia di frontiera, nella quale gli Etruschi possono essere considerati quasi come dei cowboy. Partendo probabilmente dall’Umbria, raggiunsero le pianure campane e le dominarono per diversi secoli, intrecciando legami culturali, commerciali e artistici molto stretti con gli altri abitanti di quei luoghi, gli altri popoli italici e i Greci”.
La mostra si articola in due sezioni tematiche.

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La prima, di carattere prevalentemente archeologico, è intitolata “Gli Etruschi in Campania” ed approfondisce la documentazione relativa alla presenza della popolazione nella regione. I reperti esposti provengono soprattutto dalle necropoli localizzate nelle aree di passaggio tra l’entroterra appenninico e il Tirreno (Carinaro, Gricignano d’Aversa, Capua, Sala Consilina, Pontecagnano), gli stessi territori dove tracce etrusche sono ancora evidenti nella toponomastica (da Cava de’ Tirreni, dove si omaggiano i più antichi abitanti della città, al fiume Volturno, che prende il nome dalla principale divinità etrusca). Questi materiali riflettono la grande permeabilità delle genti che popolarono la regione e la tendenza a lasciarsi contaminare dalle culture limitrofe: caratteristiche che emergono anche quando i reperti vengono messi in rapporto con altri nuclei che sono in mostra, come la Tomba Bernardini di Palestrina, sepoltura tra le più ricche che il mondo antico ci abbia restituito (inizio del secondo quarto del VII sec. a.C.), in prestito dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.

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La seconda sezione, “Gli Etruschi al MANN”, valorizza i materiali etrusco-italici del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, acquisiti sul mercato collezionistico in varie fasi della sua storia e spesso provenienti da aree esterne alla Campania.
Scavare negli sterminati depositi del MANN è sempre un privilegio unico – spiega Valentino Nizzo, Direttore del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia – Farlo per andare a caccia di Etruschi lo ha reso ancora più avvincente. Da un lato perché si è così potuto delineare un rigoroso percorso storico-archeologico volto a ricostituire la trama di relazioni che caratterizzò la plurisecolare presenza degli Etruschi in Campania. Dall’altro perché l’approfondimento delle vicende antiquarie e collezionistiche legate alla riscoperta dell’importanza del loro dominio nella regione ha offerto una prospettiva per molti versi inedita sull’evoluzione della disciplina archeologica”.

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A questo segmento dell’esposizione appartengono alcuni reperti molto preziosi, come il Bronzetto dell’offerente dell’Elba (fine VI- inizi V sec. a.C., il manufatto più antico ritrovato sull’isola toscana ed il “primo etrusco” acquisito nelle collezioni del Museo  napoletano) e le lastre di terracotta di rivestimento del Tempio delle Stimmate di Velletri (terzo quarto del VI sec. a.C.).
Le 600 opere, presentate nelle due sezioni della mostra, coprono un arco temporale molto ampio, che va dal X al IV secolo a.C., offrendo al pubblico un’esperienza che si sviluppa su più livelli, linguaggi e chiavi di lettura.
Uno degli obiettivi del MANN è andare oltre all’identificazione esclusiva della Campania con le città vesuviane, Pompei ed Ercolano” dice Paolo Giulierini.

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In questa mostra, i visitatori napoletani e campani scopriranno manufatti, oggetti e altre tracce lasciate da antenati che fino a oggi forse non sapevano nemmeno di avere. Il pubblico proveniente dalle altre regioni d’Italia avrà invece ulteriore conferma dello straordinario laboratorio di culture e civiltà che è da sempre il nostro Paese, nonché del ruolo fondamentale giocato dagli Etruschi, un popolo che – come ricorda Valentino Nizzofu l’effettivo dominatore della penisola prima dell’avvento dei Romani. C’è poi un ulteriore aspetto che emerge con evidenza dalla mostra: la forte connotazione multiculturale del territorio. La Campania etrusca era un vivace crogiuolo di popoli, il suo approccio aperto nei confronti delle diversità e della contaminazione la rendeva già estremamente contemporanea”.

Come molti altri istituti della cultura italiani, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ha riaperto al pubblico lo scorso 2 giugno.
Gli Etruschi e il MANN” è la prima mostra inaugurata dopo il lockdown e sarà visitabile a prezzi molto vantaggiosi: fino al 31 dicembre 2020, il biglietto, che includerà anche il percorso classico all’interno delle collezioni museali, avrà un costo di 8 euro per adulti, 12 euro per due adulti over 25 anni e 2 euro per giovani (18-25 anni non compiuti).  
L’esposizione rimarrà aperta fino al 31 maggio 2021 e, successivamente, i reperti del MANN andranno a costituire una sezione permanente dell’Istituto: riscoperti dopo secoli di oblio, gli Etruschi “di frontiera” della Campania troveranno uno spazio dedicato tra i protagonisti del Museo.
L’esposizione “Gli Etruschi e il MANN” è accompagnata dal catalogo a cura di Valentino Nizzo (edito da Electa) e dal volume Gli Etruschi in Campania. Storia di una (ri)scoperta dal XVI al XIX secolo, parte del ciclo di pubblicazioni scientifiche “Quaderni del MANN”, sempre a cura di Valentino Nizzo e pubblicato da Electa.
La mostra è stata realizzata con il contributo della Regione Campania.

Didascalia foto
foto 1 - Gruppo plastico (carpentum con figura antropomorfa) - Terracotta - Ultimi decenni del IX - primi decenni dell’VIII sec. a.C. Da Gricignano di Aversa, Tomba LXII Succivo (CE), Museo Archeologico dell’Agro Atellano
© Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo Polo Museale della Campania, Museo Archeologico dell’Agro Atellano
foto 2 - Tre figure maschili nude con mani a serrare bocca e ano - Bronzo, fusione a forma piena- Napoli, Museo Archeologico Nazionale © Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo Museo Archeologico Nazionale, Napoli
foto 3 - Affibbiaglio a spranghe - Oro e argento - Ultimo quarto dell’VIII sec. a.C.  Da Cuma, Tomba Artiaco 104 - Napoli, Museo Archeologico Nazionale © Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo Museo Archeologico Nazionale, Napoli
foto 4 - Bronzetto di offerente - Bronzo, fusione piena, bulino - Fine del VI - inizi del V sec. a.C. Dall’Isola d’Elba - Napoli, Museo Archeologico Nazionale © Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo Museo Archeologico Nazionale, Napoli
foto 5 - Lastra di rivestimento - Terracotta, lavorazione a matrice - Terzo quarto del VI sec. a.C. Da Velletri, “Tempio delle Stimmate” - Napoli, Museo Archeologico Nazionale © Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo Museo Archeologico Nazionale, Napoli
foto 6 - Affibbiaglio - Oro - Inizio del secondo quarto del VII sec. a.C. Da Palestrina, Tomba Bernardini - Roma, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia © Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Archivio fotografico