a cura della Redazione
Chiesa di San Francesco del Prato, Parma – 218° posto con 1789 voti
Gioiello dell’arte gotica italiana, venne edificata nel XIII sec. e fu la prima sede dei francescani a Parma.
Divenne ben presto una delle chiese più importanti della città, tanto che le più prestigiose famiglie nobili la scelsero come proprio luogo di sepoltura: Arcimboldi, Terzi, Rossi, Sanvitale, i marchesi Meli Lupi, Aldighieri.
In questo convento sono stati avviati alla vita religiosa francescana personaggi come fra’ Salimbene de Adam, uno dei maggiori cronisti del Medioevo e il beato Giovanni Buralli, Ministro generale dell’Ordine (1247-1257).
Divenne anche sede di uno Studium Generale dell’Ordine minoritico e continuò ad esserlo anche quando rimase ai Frati Minori di tradizione a seguito della divisione dell’Ordine.
Vi insegnò il teologo scotista Bartolomeo Mastri da Meldola dell’Ordine dei frati minori conventuali. Anche se faceva parte del Convento osservante dell’Annunziata, il venerabile padre Lino Maupas visse a San Francesco e vi operò nel periodo che il convento fu trasformato in carcere.
In fase di costruzione notevole attenzione venne data alla numerologia simbolica e alla posizione della chiesa rispetto alla città: se si vanno a congiungere i principali monasteri costruiti alla metà del XIII secolo si può notare come si viene a formare un perfetto rettangolo aureo. Inoltre se si traccia una linea teorica dall’affresco raffigurante San Francesco situato all’interno del Battistero di Parma verso il centro del battistero stesso e poi andiamo a prolungare questa linea all’esterno, la stessa giunge esattamente davanti all’entrata di San Francesco del Prato.
Il rosone, opera del maestro Alberto da Verona, venne realizzato nel 1461 e il suo diametro, al netto della cornice in cotto è pari ad una pertica parmigiana, cioè 3,27 metri. È composto da 16 raggi, numero che per gli occultisti medievali rappresentava la casa di Dio.
In seguito alle soppressioni napoleoniche la chiesa venne spogliata, deturpata e trasformata in carcere cittadino fino al 1993.
Questo ne snaturò il carattere storico-monumentale: vennero aperte nuove finestre rettangolari, distruggendo l’antico pronao e ricoperti gli affreschi gotici con vernice grigia, che in parte li ha conservati. Al centro dell’abside è stato ad esempio ritrovato un affresco raffigurante Cristo Pantocratore attribuito a Bernardino Grossi (al quale vengono anche attribuite le cappelle Valeri e Ravacaldi all’interno del duomo) e al suo allievo e genero Jacopo Loschi. La chiesa, la cui lunghezza supera quella del duomo, venne divisa in settori e vari piani, in modo tale da ospitare le celle carcerarie e una falegnameria nella navata centrale. Il campanile venne trasformato in modo da ospitare celle di rigore. In una di queste si trova la cella che ospitò Gaetano Bresci, il regicida di Re Umberto I di Savoia. La cella del parmigiano Giovanni Guareschi, si trovava invece all’interno dell’ex convento. è molto particolare l’orientamento della costruzione, la cui abside è orientata verso il sole nascente del 22 dicembre, solstizio di inverno, mentre il rosone è orientato in modo da fare entrare i raggi solari del tramonto del solstizio d’estate. Lo stesso rosone si presta a varie interpretazioni mistiche ed esoteriche e contribuisce alla creazione della luce del tutto particolare all’interno del monumento. Oggi, grazie ad un recente intervento di ristrutturazione, si cerca di riportare il manufatto al suo giusto valore storico ed estetico nonché di riaprirlo al culto.
Il portale centrale era arricchito da un vestibolo di marmo bianco, costituito da due piccole colonne sostenenti un arco che a sua volta sosteneva una guglia a cuspide esagonale. Il sovralzo era riccamente decorato, e al centro si trovava un altorilievo rappresentante Cristo. Nel 1810 il vestibolo venne tolto e la porta venne murata, così come accadde agli altri due portali laterali. Allo stesso tempo, vennero aperte nella facciata 16 finestre quadrate per dare luce agli ambienti carcerari.
Nel 1478 venne devoluta in testamento da Filippo da Enzola la somma necessaria per la realizzazione di un coro ligneo per la chiesa. Doveva essere interamente intarsiato, e mostrare vedute prospettiche dell’antica Parma. Possiamo farcene una idea osservando gli stalli del coro della chiesa di Sant’Uldarico che furono successivamente costruiti prendendo come esempio quelli di San Francesco del Prato. Nel 1808 il coro venne smontanto dalle truppe napoleoniche e abbandonato all’esterno. Non se ne conosce il destino, ma si può ritenere che sia andato del tutto perduto.
Anche dell’organo non si sa più nulla, si può ipotizzare che possa essere stato trasferito in una chiesa della provincia. Sconosciuta anche la dislocazione del pulpito. Si trovava sulla terza colonna, in modo da potere essere visibile da tutti i fedeli. Alcuni dei quadri infine si salvarono, finendo nella chiesa della SS. Trinità vecchia o presso la Galleria nazionale di Parma. Molti altri sono dispersi o distrutti.
La più grande cappella della Chiesa di San Francesco del Prato, oggi conosciuta come Oratorio della Concezione, venne progettata da Bernardino Zaccagni e Gian Francesco Ferrari d’Agrate. Costruito nel XVI secolo, a forma di croce latina (e ridotto in seguito dal carcere in croce greca), presenta pregevoli affreschi di Michelangelo Anselmi e Francesco Maria Rondani, entrambi collaboratori del Correggio. All’inizio del 1800 fu trasformato in deposito di foraggi e successivamente venne riaperto al culto come cappella del carcere, trasformazione che lo salverà dai danni subiti dal resto della chiesa. Nel 1958 diventò una segheria e un deposito di mobili e nel 1970 venne riaperto al culto in modo definitivo, grazie al ritorno dei Frati Minori Conventuali.
La porta di collegamento tra l’oratorio e la chiesa di San Francesco del Prato è al momento murata. Qui si trova un affresco, staccato dalla chiesa maggiore, raffigurante la Madonna col Bambino assieme a San Giovanni e San Francesco, con l’aggiunta di una piccola figura che rappresenta il committente.
Sull’altare maggiore si trovava il capolavoro di Girolamo Mazzola Bedoli, raffigurante La Concezione. Nel 1803 venne portato in Francia dalle truppe napoleoniche e dal 1816 (data della sua restituzione) si trova nella Galleria Nazionale di Parma. All’interno dell’Oratorio della Concezione il quadro è stato sostituito da una copia.
Dalla porta d’ingresso al piccolo cortile dell’oratorio, oppure da quella ancora più angusta del campanile, passavano i condannati a morte. Le esecuzioni capitali venivano infatti eseguite sul poco distante bastione di San Francesco.
Aperta al pubblico dal FAI durante le Giornate FAI di Primavera 2018, è stato il bene più visitato in Italia, con oltre 12.000 ingressi.
(le fonti per la realizzazione di questo articolo sono tratte da Wikipedia)