Calabria: quando i soliti luoghi diventano magici

di Alessia Panati
Alessia ci racconta la sua esperienza estiva in Calabria, sulla Costa Jonica. Davoli superiore, Davoli Marina e San Sostene Marina…

IMG_3331-14-08-19-12-48Carta e penna tra le mani, vento tra i capelli e salsedine sulla pelle.
Inizio a scrivere così il mio articolo di questa estate 2019, arrivata dopo un anno di lavoro, sacrifici e prove in un campo nuovo con la quale mi sono voluta misurare che, pubblicamente, non ha portato i risultati sperati, ma personalmente mi ha dato modo di capire tanto.
Di solito quando si arriva al periodo delle vacanze è come se si tirassero le somme del tempo trascorso per arrivarci, per poi ripartire a settembre con una carica diversa.
IMG_3332-14-08-19-12-48E qui tra Davoli Superiore, Davoli Marina e San Sostene Marina dove trascorro le vacanze ormai da dodici anni, non è per niente difficile staccare la spina dalla frenesia della città dove viviamo e lavoriamo.
Mio marito è originario di qui, quando veniamo in vacanza è un secondo ritorno a casa.
Le vie delle mura antiche di Davoli superiore hanno un fascino senza tempo…
Mi avevano talmente colpito che chiesi ai miei genitori il permesso di potermi sposare qui nel 2010 e i miei, per diversi motivi, senza aver mai visto il posto, acconsentirono.
Sono sicura che in pochissimi lo avrebbero fatto.
La strada che porta al mare è un susseguirsi di ulivi e vegetazione di un verde brillante con un profumo fresco che solo qui puoi sentire.
IMG_3333-14-08-19-12-48Il lungomare di San Sostene Marina è una distesa di sabbia bianca e mare cristallino con  la possibilità di stabilimenti balneari organizzati per pranzi, aperitivi e cene per passare delle belle serate in compagnia di amici di nuova e vecchia data.
L’importanza più grande però bisogna sempre darla alla serenità dentro se stessi ed alle persone con cui si parte per un viaggio.
È solo così che anche i soliti luoghi diventano magici.

Donnici: un signor vino calabrese. Ti ritroverò prima o poi!

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)
Per la rubrica Il ritorno de La Capra Enoica ci spostiamo in Calabria per ricordare un vino assaggiato una volta e che è rimasto impresso nella memoria: il Donnici.

vino-donniciQuando la storia si perde nella notte dei tempi quest’angolo di terra italica veniva chiamata Enotria, dove vivevano gli Enotri, antica popolazione preromana che li era stanziata dal XV secolo a.C.
Il greco Dionigi di Alicarnasso, storico e insegnante di retorica, nato naturalmente ad Alicarnasso, affermò che gli Enotri furono i primi colonizzatori provenienti dalle terre elleniche.
Altresì Dionigi descrisse questa terra come ottima per l’agricoltura e la pastorizia, scarsamente popolata, comunque amplissima.
220px-Dionigi_di_AlicarnassoPerò gli antichi greci appellavano Enotria alcune aree dell’attuale sud Italia per evidenziarne la vocazione vitivinicola.
Quell’area era soprattutto individuata con Cilento, Basilicata e Calabria.
Oggi mi fermo in Calabria, una terra che non ho mai visitato ma che mi pare di conoscere dal tanto fervore con cui gli amici calabresi me ne parlano.
Mesi addietro vi ho raccontato del Cirò, quello che parrebbe essere il più antico vino italiano e forse  il vino calabrese più conosciuto, ora vorrei soffermarmi su un altro vino.
La Calabria ha ottimi vini, però prodotti non in grandi quantità, anche se ultimamente passi avanti ne sono stati fatti.
Ho avuto la fortuna alcuni anni fa di poter degustare qualche vino alla Borsa Internazionale del Turismo che offre ampio spazio al turismo del vino e dell’agroalimentare.
donnici_N3Uno di questi vini era un “calabrese” e per la precisione un “Donnici”, che insieme al Cirò fu tra i primi vini a fregiarsi della Doc.
E come tutti i vini che non raggiungono dimensioni di massa i cinque sensi ti portano a immaginare i luoghi dove la vite viene coltivata, dove si raccolgono i frutti da trasformare in questo vero nettare.
Un piacere indescrivibile poter assaggiare qualcosa di particolare e, soprattutto, di poter rivivere quello che gli amici hanno raccontato.
vitigni-spadaforaE se mai vi capitasse non perdete l’occasione per assaggiare questo splendido vino  della provincia di Cosenza che racchiude in se l’immagine delle terre che si localizzano tra le pendici occidentali della Sila e il versante orientale della Catena Costiera, la dove le alture oscillano tra i 400 e gli 800 metri sul livello del mare.
A ripensarci chiudo ancora una volta gli occhi e come in un volo pindarico mi catapulto in quel mondo che per me è tanto irreale quanto sconosciuto ma che si proietta dentro di me, nel mio animo più profondo.
Donnici sei avvisato, ti ritroverò prima o poi!

FAI – Luoghi del Cuore: Marina di Curinga e Castello Aragonese… in Calabria

a cura della Redazione

La Calabria è protagonista della rubrica “FAI – I luoghi del cuore 2018”: iniziamo con le provincie di Catanzaro e Cosenza.

Marina di Curinga, Curinga (Catanzaro) – 102° posto con 4192 voti
marina di curinga - catanzaroLa Marina di Curinga, è stata inglobata, per quasi tutta la sua estensione nei Siti di Interesse Comunitario (SIC) “Dune dell’Angitola” con il codice identificativo IT93330089. Il SIC “Dune dell’Angitola” è caratterizzato da un lungo tratto di costa sabbiosa compreso tra il Torrente Turrina a nord e la Foce del Fiume Angitola a sud, sul litorale tirrenico calabrese. Il territorio ricade in minima parte nella provincia di Vibo Valentia (comune di Pizzo Calabro) e in gran parte nella provincia di Catanzaro (comuni di Curinga e Lamezia Terme). L’ampia spiaggia sabbiosa è in contatto nella porzione interna con ambienti palustri ricadenti nel SIC contiguo “Palude di Imbutillo”. Il SIC è costituito da un’ampia spiaggia sabbiosa con lunghi allineamenti di dune costiere con ambienti palustri e lacustri nella parte interna. Per un ampio tratto le dune sono ricoperte da vegetazione psammofila ed in alcuni tratti è tuttora presente la fascia di vegetazione retrodunale a ginepri, cisti e ginestre. Dal punto di vista faunistico nella Marina di Curinga si segnala la presenza di tartarughe Caretta.

Castello Aragonese, Castrovillari (Cosenza) – 262° posto con 1110 voti

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ph F. Caruso

Castello Aragonese di Castrovillari tra arte e natura. Imponente complesso di età tardo-medievale, il castello di Castrovillari venne fortemente ristrutturato nel 1490 per volontà del re Ferdinando d’Aragona. Giunto in Calabria per sedare l’infausta congiura dei Baroni, Ferdinando fece rinforzare alcuni castelli ritenuti strategici per il controllo dei suoi possedimenti, tra i manieri sottoposti a revisione figurarono quelli di Corigliano, Pizzo, Belvedere Marittimo e Castrovillari. Edificato quasi certamente sul sostrato di un fortilizio più antico di età sveva, il castello si erge sopra un istmo pianeggiante del borgo antico di Castrovillari, a strapiombo sulle valli del Coscile e del Fiumicello. Il castello, adibito a carcere dal 1495 al 1995, si presenta come un unico blocco murario trapezoidale all’esterno e rettangolare all’interno, interrotto soltanto da quattro torri angolari cilindriche: quella meridionale ha una copertura conica ed è la più massiccia; diametralmente opposta è la torre più grande con copertura a terrazza resa invisibile all’esterno da un alto parapetto sollevato per permettere ai prigionieri di godere di passeggiate all’aperto. La torre a oriente è l’unica che può essere chiusa all’interno, fin dalla base, ed è ornata da una corona di mensole e archetti in tipico stile aragonese. L’ultima torre, la più piccola, è una piramide tronca a dodici lati con copertura a cono ed è provvista di feritoie. La cortina muraria del castello di Castrovillari ha un solo ingresso, un tempo munito di ponte levatoio, e nel lato di nord-est sono state recentemente praticate delle aperture per dare luce ai vani interni del castello. L’interno attualmente presenta un ampio arioso cortile in cui si aprono gli ingressi alle varie abitazioniSul portale una lapide in pietra particolare recante l’iscrizione: “Ad continendos in fides cives” del XV secolo, la stessa è stata riscontrata negli altri castelli calabresi costruiti o rinforzati da Ferdinando d’Aragona dopo la congiura dei Baroni. Tutte le iscrizioni terminano infatti con la data del 1490. Singolare anche la ripetitività dei fregi di queste lapidi con al centro lo stemma aragonese sostenuto da due putti realizzati in stile fiorentino del Quattrocento. Vero e proprio fortilizio medievale, tozzo e massiccio, il castello aragonese di Castrovillari, adibito a carcere fino al 1995, per quanto sia stato di recente rimaneggiato, resta comunque uno dei castelli aragonesi meglio conservati in Calabria.

FAI – Luoghi del Cuore: Torre Vecchia, Isola di Capo Rizzuto (Crotone)

a cura della Redazione

Torre Vecchia, Isola di Capo Rizzuto (Crotone) – 405° posto con 338 voti
torre-vecchiaLa torre sorge in zona panoramica, ad Isola Capo Rizzuto, sul litorale jonico, a picco sul mare su di una piattaforma rocciosa ed è una delle tante torri di avvistamento del Marchesato di Crotone.
La sua costruzione si deve agli svevi: fatta edificare da Carlo III nel 1380, fu detta “Vecchia” per distinguerla dall’altra “Nuova”, costruita in epoca vicereale.
Si innestò pienamente nel sistema difensivo approntato dai vicerè spagnoli nel corso del XVI secolo.
Durante l’occupazione dei francesi la torre fu usata per scopi doganali.
La torre ha pianta circolare su basamento in pietra informe (che lascia presupporre l’esistenza di una diversa costruzione) e si sviluppa a forma troncoconica con massiccia cordonatura a conci lapidei.
torre vecchia dall'altoSul coronamento sono visibili le feritoie e una caditoia, quest’ultima, come il toro, è realizzata in tufo, pietre di arenaria che oggi sono in vista, ma un tempo dovevano essere ricoperte da un intonaco chiaro.
L’arenaria in vista le conferisce il tipico colore rossiccio che spicca col contrasto dell’azzurro che la circonda, quello del cielo che si fonde a quello del mare.
L’accesso all’interno della Torre Vecchia di Capo Rizzuto avveniva mediante un rustico ponte levatoio in legno.
All’interno si accede dal primo piano attraverso un’apertura sbrecciata. La copertura è a cupola ed il resto del manufatto ha struttura in “bozze” di arenaria con inzeppatura frequente.
torre vecchia capo rizzutoCostruita con la funzione di controllare la costa ed avvistare eventuali imbarcazioni nemiche, la torre fu abitata nel tempo anche da personale militare, un caporale e un milite, che controllava costantemente il litorale e nell’ipotesi avvistasse imbarcazioni sospette comunicava con le fortificazioni vicine attraverso il fuoco di notte ed il fumo di giorno.
La torre oltre ad essere un bene archeologico di importanza storica, è indubbiamente un elemento, che per la sua bellezza e la sua posizione, contraddistingue il paesaggio di una località così affascinante, da un lato per la bellezza delle tante spiagge e dall’altra per le tante testimonianze di antiche civiltà che ci sono state tramandate attraverso i tanti beni culturali di cui è ricca la zona.

 

FAI – Luoghi del Cuore: Il Monte… Terrazza sullo Stretto, Bagnara Calabra (Rc)

a cura della Redazione

Oggi con i Luoghi del Cuore 2018 FAI andiamo in Calabria con il “luogo” che è risultato il più votato.

Il Monte… Terrazza sullo Stretto, Bagnara Calabra (Rc) – 48° posto con 8054 voti
2 il monte terrazza sullo strettoIl belvedere di località Monte è posto lungo la Strada Statale 18 Tirrena Inferiore, all’ingresso nord della frazione di Ceramida, del comune di Bagnara Calabra.
Ha un fronte di circa 150 metri dal quale si apre una vista panoramica spettacolare che va dai contrafforti dell’Aspromonte, alla costa calabra con al centro l’imbocco dello Stretto di Messina fra Scilla e Capo Peloro e prosegue rivelando il profilo della costa siciliana fino a Capo Rasocolmo, con una vista delle Isole Eolie.
40450_il-monte-terrazza-sullo-strettoÈ quindi un luogo di grande suggestione dove i viaggiatori in transito spesso si fermano per ammirare il panorama oltre a essere frequentato dagli abitanti di Ceramida che qui godono, durante l’ora del tramonto, di uno spettacolo di rara bellezza.
Il belvedere oggi è a rischio frana, necessita di interventi strutturali, come segnalato dagli abitanti del luogo, affinché si possa realizzare un intervento di ripristino della terrazza affaccio e di abbellimento del luogo.

Natale a Davoli: quando il Natale è ancora tradizione

di Alessia Panati

20190101_135732Su di una collina della costa Ionica calabrese, sorge Davoli, un piccolo borgo antico ricco di Chiese e piccole vie percorribili solo a piedi.
La prima cosa che colpisce appena passi l’arco per entrare nel paese, sono le innumerevoli case che ti danno la sensazione di essere in un presepe.
Davoli l’ho sempre vissuta in estate dove con solo dieci minuti di auto raggiungi il mare e la spiaggia bianca chilometrica.
20181227_170245Però il sud non è solo mare, è anche tradizioni e qui a Davoli sono ancora molto sentite.
Nel periodo natalizio viene allestito nella Chiesa di Santa Barbara, Chiesa matrice del paese, un bellissimo presepe.
Si preparano anche dolci tipici natalizi tipo la pignolata, il torrone di sesamo e le zeppole.
È bellissimo vedere anche la preparazione del pane e biscotti, una festa nella preparazione anche per i più piccoli.
20181227_112406Altra tradizione è il passaggio nelle case del bambino Gesù, un attimo di raccoglimento ed emozione davvero forte.
Sarebbe bello se certi paesini con ancora queste tradizioni venissero pubblicizzate di più. Forse il bello di questo posto è proprio che quando arrivi li ti dimentichi della tv e del telefono ed hai tempo di riscoprire tradizioni di una volta, stare con gli amici davanti ad un camino a scambiare due chiacchiere e con la famiglia.

Cirò: il vino ufficiale delle olimpiadi… antiche

La Capra Enoica (Fabrizio Capra)

ciro zona produzioneSono poche le regioni italiane dove non ho mai messo piede, nemmeno per una fugace apparizione (a pensarci bene nemmeno di passaggio, senza sosta o guardate solo dal finestrino di un’auto o del treno), e si contano sulle dita di una mano, cinque in tutto.
Una di queste regioni è la Calabria: non ci sono mai stato non per avversione verso questa regione o nei confronti dei suoi abitanti ma esclusivamente perché non ne ho mai avuto occasione, ne a livello personale ne per motivi di lavoro.
Anzi ho molti amici calabresi che mi hanno più volte decantato la loro terra facendo più volte sorgere in me la voglia di visitarla e “assaggiarla”.
Come affermo sempre, sognare non costa nulla e per ora mi limito a sognare quanto i miei amici mi hanno fatto apprezzare e quanto le immagini che la tecnologia informatica mi ha donato visivamente.
Così l’amico Mario, cultore del peperoncino e referente in provincia di Alessandria dell’Accademia del Peperoncino, mi ha stuzzicato con questo prodotto (che tanto apprezzo) componente essenziale della cultura calabrese.
L’adorato peperoncino che ho gustato (e gusto tuttora) in vari modi (ha proprietà fantastiche, devo dire a chi si occupa della rubrica del Benessere Naturale di parlarne) però il mio ricordo corre a tanti anni fa in Fiera a Milano, in un evento dedicato al settore eno-gastronomico, di aver assaggiato un delizioso liquore prodotto artigianalmente in Calabria a base di cioccolato e peperoncino, qualcosa di veramente spettacolare tanto è vero che mi pare ancora oggi di conservare nel palato quel gusto dolce-piccante.
ciro panorama dalle collineE citando il peperoncino come si fa a non ricordare la mitica “n’duia”, sia da fare a fette sia in pasta, ottima e versatile.
Poi c’è il suo olio d’oliva, così deciso e schietto, proprio come la gente calabrese, così com’è la Calabria: dolce a livello del mare, dura e aspra nel suo entroterra.
E come la locomotiva gucciniana “corre corre” il mio ricordo, corre in questi luoghi visitati con la mia mente ma non con i miei occhi.
Del resto ci sono romanzieri famosissimi che hanno raccontato il mondo senza mai muoversi dal proprio salotto di casa, allora me lo posso permettere anch’io di vivere una regione senza mai averla visitata? Una sorta di Salgari enoico.
E come viverla al meglio se non attraverso i riflessi, i colori, il sapore, il profumo di uno dei suoi vini più significativi e rappresentativi: il Cirò, un vino conosciuto già da inizio VIII secolo a.C. quando dei coloni greci approdarono sul litorale calabrese fondando Krimisa, il cui nome deriva da una colonia greca – Cremissa – dove sorgeva un importante tempio dedicato a Bacco, dio del vino.
E che il vino abbia proprietà terapeutiche lo sostengo da tempo (di fatti quando a inizi anni ottanta del secolo scorso frequentavo le montagne valdostane con gli amici chiamavamo il vino la “medicina”, mentre la grappa era stata battezzata come “antigelo”) e il Cirò veniva utilizzato come un “sicuro cordiale per chi vuole recuperare le forze dopo una lunga malattia” e inoltre è “tonico opulento e maestoso per la vecchiaia umana che vuole coronarsi di verde ancora per anni”.
E quando, tempo fa, “rovistando” tra le bottiglie in un supermercato mi sono ritrovato tra le mani proprio una di Cirò rosso e non ho potuto fare a meno di portarla a casa (previo pagamento alla cassa) insieme alla sua storia e alla sua cultura e ne sono rimasto stregato.
ciro uvaHo letto anche qualcosa su questo vino e alcuni aspetti storici mi hanno particolarmente entusiasmato.
Come ho già detto furono i coloni greci che diedero origini al “Krimisa”, antenato del Cirò, che divenne il vino ufficiale delle Olimpiadi antiche e Milone di Crotone, vincitore di ben sei olimpiadi, di questo vino ne era un grande estimatore (che fosse stato il doping di allora?) offerto agli atleti che tornavano vincitori. Secoli dopo, nel 1968, a Città del Messico, il Cirò tornò vino ufficiale delle gare olimpiche moderne (non lo stesso vino dell’epoca di Milone, quello delle ultime vendemmie… almeno spero).
Mi ha colpito anche il fatto che per trasportare questo vino dalle colline di Sibari fino al porto, dove veniva imbarcato, sembra che furono costruiti “enodotti” con tubi in terracotta: geniale! e pensare che nello scritto di economia agraria all’esame di maturità analizzando un allevamento proponevo, per le aree montane, la costruzione di lattodotti e non sapevo che i greci ci erano già arrivati per il vino (ma questi greci sono proprio gli antenati di quelli di oggi?).
ciro citta vinoRipensando a questo vino splendido insieme alla gustosa cultura gastronomica della terra dei Bruzi  (o Bruttii che dir si voglia), mi rimembrano nella mente le parole di Joseph Victor Widmann, critico letterario e romanziere svizzero, che nella seconda metà dell’Ottocento scrisse: “In genere in Calabria non si può tener conto della propria dieta. I cibi vengono preparati per bene. Però il vino! Mai durante i miei viaggi ne ho bevuto di migliore. E solo il pensiero della poca garanzia che avevo di farlo arrivare in Svizzera mi distolse dal comprarne un’intera botte. Era un vino rosso che mentre veniva versato brillava di un colore brunastro e che ricordava come gusto un eccellente Bordeaux”.
Concludendo non potevo che citare Giacomo Tachis, l’enologo di fama internazionale scomparso qualche anno fa, riportando un suo commento sulla viticoltura meridionale e pertanto anche quella calabrese: “Sulle vigne del Sud splende il sole, il cielo è quasi sempre azzurro, e le uve maturano. In contrapposizione con le brume ed i grigi mattini del Nord. Bor­deaux compreso”.