di Jacopo Scafaro
Oggi per la rubrica dedicata al calcio amatoriale ci scrive ancora degli arbitri raccogliendo la testimonianza di uno degli esponenti di questa categoria, Valerio Valenti.

Bentornati alla rubrica dedicata al calcio amatoriale alessandrino.
Ci avviamo alla sua conclusione; è stata una cavalcata molto entusiasmante perché ci ha permesso, nel corso delle varie puntate di conoscere realtà, gruppi di amici, persone, che amano alla follia questo pazzo e fantastico mondo che è il calcio.

“Io non farò mai l’arbitro!” È la tipica frase che ogni giocatore, di qualsiasi disciplina, pronuncia almeno una volta nella sua vita sportiva, con toni simili all’invocazione di allontanare la peste bubbonica. Come se interpretare un ruolo, senza il quale nessuno dei suddetti giocatori potrebbe giocare, sia un virus contagioso da cui stare lontani.
Lo ammetto. Anche io da giocatore, condizionato dalla cultura sociale di un paese dove se succede qualcosa di sicuro è colpa dell’arbitro, ho pronunciato questa frase. Fino a quando un giorno per caso mi sono ritrovato ad intervistare questa categoria e mi si è aperto un mondo.

“Quasi tutti quelli che parlano di calcio hanno giocato a calcio almeno una volta nella vita. Quasi tutti quelli che parlano di arbitri non hanno mai arbitrato una partita nella loro vita.” con questa frase dell’ex arbitro Nicola Rizzoli, andiamo a scambiare due parole con l’arbitro Valerio Valenti.
Racconta per te cos’è fare l’arbitro e di questo mondo, per molti sconosciuto.
“Ho sempre amato il calcio sin da bambino giocandoci, cosa che continuo ancora a fare. La passione per l’arbitraggio è iniziata un po’ per gioco, ma col tempo mi sono appassionato sempre più. Facendo sempre più partite nel corso degli anni è anche aumentato il livello di difficoltà e quindi, di conseguenza le responsabilità. In campo si è soli contro tutti sempre e comunque: le due squadre rivali, le panchina i mister ed i tifosi che ad ogni decisione te la contestano. Fare l’arbitro non é affatto facile, ma qualcuno deve pur farlo sto gran bel mestiere e io cerco di farlo al meglio delle mie possibilità. Comprensione, dialogo ma anche rispetto reciproco sono le basi di questo mestiere, perché sennò altrimenti non é calcio e quindi non meriti di stare in campo, a disputare una partita di calcio… Detto ciò spero vivamente si possa ripartire al più presto con tutte le sicurezze necessarie, perché senza questo sport non sappiamo stare”.

Fare l’arbitro vuol dire innamorarsi letteralmente di una funzione complessa da svolgere e per questo sfidante. Può dare l’opportunità di vedere il gioco da un’altra prospettiva. Di rendersi conto, quanto i giocatori e gli allenatori abbiamo la presunzione di conoscere il regolamento. In realtà ne sanno una minima parte basata solo sull’esperienza senza mai averla approfondita realmente. Restiamo ad un livello così superficiale da perderci quelle sfumature che fanno la differenza anche nella performance.
Tutti gli attori di una disciplina hanno obiettivi e compiti differenti. Ma è la stessa disciplina l’oggetto in comune della passione condivisa.
A venerdì.