di Jacopo Scafaro
Il nostro redattore ci racconta la puntata di oggi di “The Tatler” andata in onda su Radio Vertigo One. Tema i cartoni animati…

Ci sono film d’animazione che ti hanno toccato le corde dell’anima. Che ti hanno fatto ridere, piangere, sognare molto più di altri. Che riguarderesti mille volte senza mai stancarti e di cui sai le battute a memoria. Be’, se ti piacciono così tanto forse è perché mettono in scena sentimenti, relazioni, situazioni che ti appartengono, o ti riguardano molto da vicini.
Bentornati amici e amiche di The Tatler.
Oggi è andata in onda una puntata nostalgia: i cartoni animati, quelli di una volta e le storie dei film d’animazione di adesso.
Alzi la mano chi non ripensa con nostalgia a quei pomeriggi, insieme all’amico del cuore o con il proprio fratello o sorella, passati davanti alla televisione per guardare i cartoni animati preferiti;da Dragon Ball a Rossana, da Lady Oscar a Piccoli Problemi di Cuore, da Mila e Shiro a Heidi o Lupen III.

Meravigliosi ricordi d’infanzia che fanno parte della vita di tutti noi e ai quali ogni tanto si pensa con quella sana “nostalgia canaglia”.
Perché diciamocelo, i cartoni animati, così come anche le fiabe, hanno il potere di collegare l’infanzia al mondo degli adulti, rendendolo un “pochino” più comprensibile.
È da tanto che io e Picci volevamo realizzare delle puntate (si al plurale perché racchiudere tutto questo in una sola sarebbe impossibile ed anche oltraggioso) su questo argomento, in quanto, riguardano tutti noi.
Ma i cartoni animati, senza le loro sigle, canzoni non esisterebbero.
Anni fa ho avuto un battibecco in cui mi dicevano se “era normale alla mia età“ ascoltare ancora le canzoni dei cartoni animati; io ho risposto che forse l’anormale è chi smette d’essere, qualche volta, ancora un bambino. Perché se smettiamo d’esserlo, la persona adulta che siamo è solo una versione molto triste.
Si chiamavano Anime, ed erano tutti giapponesi i cartoni animati che si impadronirono della TV italiana dalla fine degli anni ’70. I bambini ne andavano pazzi.

La prima a muoversi fu la Rai, poi seguì Mediaset, perché costavano poco e rendevano molto in termini di gradimento. La cosa singolare fu anche l’incredibile successo discografico delle sigle che aprivano e chiudevano questi cartoni animati. Successi da centinaia di migliaia di copie, e tutto di copyright italiano, poiché sia la Rai che Mediaset non erano interessate a questo business, e aprirono le porte alle etichette che proponevano, appunto, sigle in italiano “personalizzate”.
L’interprete regina fu e rimane Cristina D’Avena. Non pensiate che fosse facile scrivere questo genere di canzoni, bisognava avere un talento speciale, bisognava sapere quali elementi usare, sia per la musica che per le parole. Due maestri del genere sono Ninni Carucci e Luigi Albertelli.
Appunto le sigle, abbiamo cercato a modo nostro di far ascoltare (e potete riascoltare la puntata scaricando il podcast sull’app di Radio Vertigo One, la prima web radio italiana) le migliori: missione fallita. Sono così tante che alcune mancano e prossimamente le rimetteremo.
Arale, Rossana, Dragon Ball, Conan, i Puffi ma anche l’Uomo Tigre, Ufo Robot, sono sigle memorabili che resteranno per sempre impresse nella memoria di tante persone e speriamo anche in quella di futuri bambini.
Ma i cartoni, se fatti bene possono diventare tranquillamente dei veri e propri film, per i messaggi che riescono a trasmettere.

Una caratteristica unica dei film Pixar è quella di essere un genere a parte, film che si possono confrontare prima di tutto e spesso soltanto tra di loro. E il carattere distintivo di questo genere non è tanto la tecnica, che pochi percepiscono a livello conscio e valorizzano nel confronto con altri titoli d’animazione, quanto la capacità delle storie di essere uniche, originali, fuori dall’ordinario se non straordinarie, pur richiamando valori e sentimenti comuni. La tecnica è al servizio di queste storie e dei sentimenti che raccontano.
Amiamo i film Pixar perché ci fanno prendere il volo, come ad nel caso di Up, poi questo è vero in senso letterale, verso un mondo migliore, che eredita alcuni dei tratti migliori proprio di quella tradizione Disney oggi tanto e troppo criticata per un buonismo che molti vogliono rinnegare, credo per motivi che in realtà non hanno nulla a che vedere col fatto che, in un mondo migliore, staremmo tutti meglio.
In conclusione perché amiamo i cartoni animati o film d’animazione? Prendiamo come esempio Toy Story.
Non è solo una divertente storia a cartoni animati: non è solo le buffe espressioni di Woody, il cinismo di Mr. Potato, l’esaltazione di Buzz o la nevrosi di Rex; non è soltanto i mille, divertentissimi sketch o le splendide scenografie.

È, soprattutto, una storia di amicizia, di legami, di paura dell’abbandono e del modo in cui vi si può reagire. Si tratta, come detto, di sentimenti e caratteristiche maledettamente umane, che tutti noi possiamo facilmente ritrovare in questi datati pupazzi nati quando eravamo piccoli.
Toy Story, in fondo, racconta di noi. Ed è per questo che lo amiamo così tanto, lui come tanti altri cartoni.
Prima di salutarci vi consiglio di guardare il video postato sotto, perché i cartoni animati hanno un pregio: dare speranza ed è anche un modo per ricordare il grande Fabrizio Frizzi, voce di Woody in Toy Story.
A presto e mi raccomando: Tenete botta, sempre.